Siamo stati invitati alla première mondiale del cine-documentario Karamea, regia di Marco Gianstefani in collaborazione con associazioni sostenibili come MovieDay, Avanzi e Lambda. Una pellicola di settanta minuti che racconta tramite video, foto e interviste dirette, la vita dei soli 575 abitanti di questo luogo. Con l’arrivo anticipato dell’Overshoot Day ogni anno, è diventato lecito chiedersi “può un altro stile di vita essere possibile?”.
Forse sì.
La vita
Per chi non la conoscesse, Karamea è una cittadina situata in mezzo all’isola più a sud della Nuova Zelanda; un luogo estremamente remoto, servito da un’unica strada e lontano centinaia di chilometri dal centro abitato più vicino. Lo speaker della radio locale, un ragazzo di San Francisco, lo definisce propriamente un cul-de-sac o “strada ad anello”, che termina e poi torna indietro nel senso opposto. In effetti, non c’è altro modo per definire questa comunità e usare il termine “villaggio” non sarebbe appropriato.
Ciò che colpisce maggiormente di Karamea, oltre ai suoi paesaggi da sogno tra cui una spiaggia, un bosco millenario, i campi e le montagne, sono sicuramente i suoi abitanti. Parliamo di un agglomerato umano minimo delle dimensioni di un quartiere e con pochissimi bisogni; una famiglia, nella quale il denaro quasi non ha rilevanza e tutto si basa sulla condivisione e sulla cosiddetta “permacultura“. Si tratta di una alternativa biologica all’agricoltura intensiva ammorbata da sostanze chimiche come quella che nutre buona parte della popolazione mondiale.
Il principio della permacultura è quello di ottimizzare il terreno in modo da coltivare numerosissime specie vegetali commestibili su un solo lotto; questo permette non solo una maggiore varietà alimentare a costi ridotti, ma anche una maggiore produttività delle piante. Vige inoltre la norma del compostaggio, ossia il riciclo di materiale organico umano, animale e vegetale per rendere produttivi i terreni senza ricorrere a nulla di artificiale. Un sistema totalmente ecologico e sano.
Gli abitanti
I nativi di Karamea non sanno spiegare cosa attiri le persone in quel luogo. “La gente arriva qui, magari per un weekend, poi rimane per una settimana o per un mese” dice un ragazzo. Tra gli intervistati compaiono persone provenienti da numerosi paesi come Stati Uniti, Giappone e Australia, uomini e donne nati e cresciuti in città enormi, con vite al limite del sopportabile e lavori che lasciano poco tempo per pensare. Alcuni di loro hanno semplicemente mollato tutto per non impazzire e hanno trovato la pace dei sensi su questa piccola striscia di terra dove tecnologia e rete sono una cosa rara.
“Non so cosa mi trattenga qui” dice una donna di Londra “è semplicemente pazzesco“. La vita su Karamea è davvero minimale: ci si alza senza un orario, si lavora la terra, si raccolgono i frutti, si baratta e si può cenare tutti insieme la sera. Tra i nativi del luogo figura anche un vero Maori, un signore anziano che nel corso dei suoi interventi rilascia dichiarazioni estremamente sagge: “Perché la gente vive qui? perché gli fa bene”.
Forse è proprio questo ad aprire gli occhi agli stranieri: la vita caotica delle città, la mancanza di tempo, l’aria viziata e l’alimentazione abbondante e scorretta possono accecare. Su Karamea, c’è abbastanza silenzio da poter sentire i propri pensieri.
Una coppia di musicisti itineranti si è da pochi anni trasferita su Karamea, dove vive con il figlio all’interno di un van usato per i tour. Dopo anni trascorsi viaggiando e cantando cover di artisti famosi, hanno deciso di stanziarsi lì, imparando tutte le regole per coltivare i terreni e sfruttando le energie rinnovabili per mantenere gli stessi comfort di una vita cittadina. Il loro unico figlio, da sempre appassionato di aerei, è già in grado di far decollare da solo un piccolo aereo da turismo e sogna di diventare un pilota di linea un giorno. Lui stesso ammette di non vedersi su Karamea tra dieci anni.
Tanti volti, tante storie di un mondo remoto, lontano dai nostri occhi, che può apparirci affascinante, ma del tutto possibile. “Noi non stiamo cambiando il mondo, stiamo insegnando agli altri come farlo. La fine della strada? No…” dice lo speaker della radio locale, “semmai è l’inizio.“
FONTI
Visione spettacolo gentilmente concessa e promossa da Avanzi – sostenibilità per azioni
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