Non sempre l’amore ha il potere di salvare e riscattare. Non sempre, ma a volte sì. A volte si ha la fortuna di trovare qualcuno che sia altrettanto ferito, in maniera complementare e opposta, da permettere al dolore di confluire tra le due parti, distribuendosi, come tra due vasi comunicanti. È l’amore raccontato da Davide Mosca in Breve storia amorosa dei vasi comunicanti, pubblicato per Einaudi.
Protagonista è Remo che, a poco più di vent’anni, sembra essere un ragazzo perfetto “sulla carta”: al passo con gli esami universitari, due romanzi storici alle spalle, un lavoro come rappresentante di caffè e una compagna, Sara, con cui mettere su famiglia.
C’era di che montarsi la testa. Io feci di meglio, la persi.
La pressione imposta dalle aspettative degli altri, insieme al desiderio di non tradire se stesso, portano Remo a un cortocircuito. Inizia così il suo annus horribilis, un anno sabbatico autoimposto per scrivere un grande romanzo che non verrà scritto, che lo conduce attraverso una crisi così profonda da restituirlo al mondo distrutto nell’anima e trasformato nel corpo.
Interrotta la relazione con Sara, Remo si abbandona a se stesso, inseguendo giorni tutti uguali, colmando i vuoti con il cibo e precipitando sempre più in basso. L’incontro con Margherita dà un arresto alla sua caduta: da quel momento è possibile risalire. Lei frequenta l’ultimo anno di liceo e lavora nel ristorante di famiglia, ha un carattere apparentemente coriaceo e un’ossessione per il controllo del suo peso.
Diversissimi nell’aspetto – lui ormai ha raggiunto e superato i cento chili, lei gravemente sottopeso – condividono una battaglia silenziosa contro se stessi e, lentamente, si riconoscono l’uno nell’altra. Parlano, camminano, si inseguono lungo una riviera ligure viva e partecipe che diventa familiare al lettore tanto quanto i personaggi. All’inizio e per lungo tempo, Remo e Margherita non si toccano; la loro connessione soffre l’ingombro di due corpi troppo estranei a chi li abita per essere offerti, ma non per questo è meno profonda e appassionata. Sarà riappropriandosi ciascuno di se stesso che riusciranno ad abbandonarsi finalmente nelle mani dell’altro.
L’autore affronta un tema delicato come quello dei disturbi alimentari, da una parte la bulimia e dall’altra l’anoressia, con la serietà e l’ironia proprie di chi ha affrontato in prima persona una battaglia e ne è uscito vincitore, dando così voce a un personaggio vero e umanissimo; e la vittoria – questo è importante sottolinearlo – si ottiene chiedendo aiuto, cercando l’altro e condividendo la propria sofferenza per non lasciare che il suo peso ci schiacci.
Questo romanzo ci accompagna in un’immersione nel dolore, tanto faticosa quanto è elettrizzante la sensazione di rinascita quando si ritorna a galla, e lo fa parlando al lettore in prima persona, con un tono tanto umano e coinvolgente da farci ridere, imbarazzare, arrabbiare con i suoi protagonisti e trovare in loro un po’ di noi.
La convalescenza è un periodo unico, perché entri nella guarigione, ma hai ancora traccia materiale della malattia addosso. La linfa vitale scorre lungo i rami secchi trasmutandoli e il miracolo accade sotto i tuoi occhi. Accade, ogni benedetto giorno. Sei sospeso tra la morte e la vita, tra l’inverno e la primavera, e di entrambi hai piena e singolare consapevolezza, una consapevolezza che non puoi raggiungere in nessun altro momento. Solo durante la convalescenza puoi credere alla resurrezione.
Le tracce della formazione storica di Davide Mosca permangono anche in quest’ultimo romanzo: infatti appaiono disseminati qua e là nel testo aneddoti sull’antichità romana e curiosità etimologiche, senza cadere nel gusto sterile per la citazione colta ma offrendo con ironia al lettore qualche boccone di eterna saggezza. Nonostante le numerose pubblicazioni alle spalle – perlopiù romanzi storici e gialli, tra cui i best seller La cripta dei libri profetici e Il profanatore di biblioteche proibite – questo, distinguendosi profondamente dai precedenti, potrebbe essere definito per certi versi il suo romanzo d’esordio.
Questa volta l’autore ha scelto di portare in libreria una storia differente, più personale e sentita: il risultato è un antidoto alla solitudine, una storia d’amore e di salvezza che forse, in fondo, sono la stessa cosa.
D. Mosca, Breve storia amorosa dei vasi comunicanti, Einaudi, 2019