Quest’anno la 32° edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, che si è tenuto dal 9 al 13 maggio, ha cavalcato l’onda della polemica apertasi dalla presenza della casa editrice Altaforte fondata dal militante di CasaPound Francesco Polacchi. Il caso è esploso a due giorni dall’inaugurazione dell’evento letterario e librario più importante d’Italia, mettendo seriamente a rischio la credibilità e l’autorevolezza della fiera culturale, così come quella del suo presidente, Nicola Lagioia, il quale, come riportano vari giornali tra cui “Il Fatto Quotidiano” e “Open”, è stato addirittura accusato dalla Lega di Matteo Salvini di aver boicottato a livello internazionale l’attendibilità del Salone del Libro. Per questa ragione la Lega chiede le dimissioni di Lagioia che, secondo la prima cittadina di Torino, Chiara Appendino, ha invece ridato adito alla fiera, riportandola in auge con nuove potenzialità.
L’intera vicenda si barcamena tra un filo sottilissimo che divide democrazia e censura, legalità e illegalità, dunque un confine labile, a cui soltanto la Magistratura può dare una risposta. Francesco Polacchi ha scatenato la polemica durante la trasmissione radiofonica “La Zanzara” su Radio 24, nella quale ha dichiarato di essere apertamente fascista e di considerare Mussolini il più grande statista italiano. La sua posizione politica ha aperto così ad una discussione più generale, riguardante la presenza della sua casa editrice Altaforte al Salone del Libro. Diversi personaggi del mondo librario, come Christian Reimo, Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech), Wu Ming (collettivo di scrittori del Luther Blissett Project), Carlo Ginzburg (figlio di Leone e Natalia Ginzburg), l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), People (casa editrice), Halina Birembaun (deportata in un lager nazista), Salvatore Settis e Tommaso Montanari (storici dell’arte), si sono sentiti attaccati ed offesi da una personalità spiccatamente fascista, al punto che hanno deciso di ritirare la loro partecipazione all’evento in quanto l’idea, il valore e la finalità del Salone del Libro cozzavano con la presenza di una casa editrice di estrema destra, quale è Altaforte.
A seguito di ciò, è stato deciso dal consiglio del Salone del Libro di revocare il permesso a Polacchi di presenziare al salone con la sua casa editrice, nonostante avesse regolarmente acquistato lo stand per esporre i libri da lui editi. Ricordiamo che tra questi, ne spicca uno di particolare interesse, il libro-intervista a Matteo Salvini, redatto da Chiara Giannini, la quale si è sentita fortemente penalizzata dalla decisione dei vertici e addirittura censurata. In realtà l’intera polemica ha conferito grandissima pubblicità sia ad Altaforte sia al libro, tant’è che ancora prima del lancio sul mercato editoriale, gli ordini online hanno raggiunto cifre sorprendenti (forse impensabili prima della vicenda?).
È difficile giudicare in che modo avrebbero dovuto agire i vertici del Salone del Libro poiché appunto il confine con la censura è assai labile e i tempi del gerente o dell’autorizzazione preventiva ormai sono scaduti. In realtà, visionando il sito di Altaforte si percepisce dalla Homepage di che cosa si stia parlando: l’interfaccia grafica presenta una bandiera italiana in cima alla pagina, scorrendo poi nella sezione di “attualità e globalizzazione” balzano subito all’occhio dei titoli ambigui e poco fraintendibili, nonostante lo stesso Polacchi abbia dichiarato in diverse interviste che Altaforte pubblica normalissimi testi di attualità come molte altre case editrici. Ma allora una domanda sorge spontanea: perché non ci hanno pensato prima? Prendendo atto di trovarsi di fronte a contenuti forse ambigui e inadatti, prima ancora di accettare la loro presenza, avrebbero dovuto verificare, discutere e prendere una decisione nel rispetto della democrazia, della legalità e della libertà di espressione.
Diciamo dunque che quest’anno, tra una polemica e l’altra, il Salone del Libro e soprattutto la casa editrice in questione hanno beneficiato di una consistente visibilità. Pubblicità gratuita, dunque, che ha permesso a Francesco Polacchi di registrare un’impennata delle vendite per il libro-intervista del Ministro degli Interni e che forse da questo punto di vista ha rafforzato e rinvigorito la lotta di CasaPound.