Cos’hanno in comune Banksy, Basquiat, Dalí, Duchamp, Picasso, Botero, Malevich, Warhol e Bataille, oltre al fatto di essere artisti conosciuti a livello mondiale? Semplice, hanno riprodotto nel proprio stile un quadro iconico e senza tempo, uno dei volti più discussi e criptici della storia dell’arte: la Gioconda.
Il ritratto di Monna Lisa è un dipinto a olio su tavola di legno di pioppo, realizzato dal maestro Leonardo da Vinci tra il 1503 e il 1504 circa, esposto nel Museo del Louvre di Parigi. Il sorriso enigmatico della donna ritratta è stato spesso motivo di discussioni e ha ispirato opere letterarie e cinematografiche, scatenando le fantasie di chi ha dichiarato che quel volto appartenesse a una donna misteriosa, amante segreta, figlia illegittima o, semplicemente, amica intima del grande pittore. In realtà, la letteratura degli ultimi anni che riguarda la figura di Leonardo tende all’esagerazione e vede ovunque immaginari segreti nascosti, fomentando il mistero che aleggia attorno alla vita del maestro toscano.
Da una testimonianza di Giorgio Vasari, sappiamo che la donna ritratta è Lisa Gherardini, la moglie di un ricco mercante, Francesco del Giocondo, da cui nasce il “secondo nome” del quadro, per l’appunto, la Gioconda.
Questo esercizio di stile leonardesco, misterioso quanto affascinante, non ha appassionato solo i letterati, ma anche i pittori e gli artisti di tutto il mondo, che continuano ad andare a visitarla come in un pellegrinaggio continuo, in cui ci si riempie gli occhi dei doviziosi dettagli che formano il quadro della Gioconda, in cui si studiano i suoi tratti e il suo sguardo profondo, lo sfondo in cui l’anatomia della donna si staglia e si fonde perfettamente con il paesaggio circostante, dipinto, ma apparentemente vivo.
Anche Monna Lisa sembra non essere del tutto immobile, la prospettiva aerea, lo sfumato, la torsione del corpo e il volto raffigurato a tre quarti, tutto suggerisce un’idea di movimento che pare quasi impossibile da replicare. Per questo, gli artisti sopracitati sono stati colti dall’idea di riprodurre a modo proprio la Gioconda, in un gioco di stili e forme, colori ed emozioni, che rende ogni quadro diverso, unico, ma in fondo uguale. Non per nulla, il capolavoro di Leonardo è una delle opere più rielaborate della storia dell’arte.
L.H.O.O.Q. e l’irriverenza di Duchamp
Una delle repliche più dissacranti è sicuramente quella del dadaista Marcel Duchamp, che disegna un paio di baffi a manubrio e una barba sbarazzina sul volto della Gioconda, confermando la natura provocatoria della controcultura della corrente dadaista.
Esposto al Centre Georges Pompidou di Parigi, nella stessa città della versione originale, l’opera del 1919 è stata chiamata da Duchamp L.H.O.O.Q. Le lettere e la loro sequenza non sono un caso, difatti, se pronunciate velocemente in lingua francese, danno origine alla frase “Elle a chaud au cul”, letteralmente “Lei ha caldo al culo”, un modo volgare per descrivere una persona in stato di eccitazione. Se si pensa alla purezza e all’aura di santità mistica che circonda la Gioconda nel quadro originale, si rimane tra lo spiazzato e il divertito.
Il simbolo del Dadaismo
L’opera divenne il simbolo del movimento dadaista, che nasce a Zurigo nel 1906 al Cabaret Voltaire, il locale che ospitava anarchici e antimilitaristi fuggiti dai territori europei allo scoppiare della Prima grande guerra. Il gruppo è inizialmente formato dallo scrittore tedesco Hugo Ball, dal pittore e scultore Hans Arp e dal poeta rumeno Tristan Tzara, i quali organizzano nel circolo culturale manifestazioni originali quanto sconcertanti, con lo scopo di distruggere le tradizioni culturali del loro tempo.
Il nome Dada non ha un vero significato, pare sia stato scelto aprendo a caso un vocabolario, per richiamare la fanciullezza e le prime parole di un bambino, ignaro di cosa siano tradizione, passato e presente. Dada è ribellione, è trasgressione, è novità, è un movimento ideologico e artistico che nega l’arte, pur mettendola in pratica, distrugge per creare, rifiutando la razionalità e gli schemi borghesi, come fosse una rinascita del mondo artistico.
Duchamp voleva lanciare un messaggio di distacco da quanto stava accadendo in Europa, dalla società occidentale ufficiale, per questo decise di riprodurre la Gioconda attraverso il medium fotografico e di reinterpretarla dissacrandone l’immagine in maniera quasi infantile, irrisoria, per denigrare i valori delle istituzioni, per attaccare la politica e l’amministrazione dei paesi in guerra.
Una guerra pacifica, concettuale e dissacrante viene perseguita dai dadaisti, che si rifiutano di produrre arte in maniera tradizionale, ovvero creando immagini, cercando una rappresentazione astratta, un distacco netto con il passato e con le attività tradizionali degli artisti, nella ricerca della totale libertà creativa. Viene utilizzata una nuova tecnica da Marcel Duchamp, chiamata “Ready Made”, ovvero, l’individuazione di opere d’arte e oggetti di uso quotidiano che vengono ricontestualizzati e rielaborati a seconda della fantasia dell’artista.
Le versioni dell’opera e il suo scopo
L.H.O.O.Q. non ha una sola versione, anche se la prima è sicuramente la più famosa. Duchamp ne ha realizzate diverse varianti, come nel caso di altri ready-made, tra le quali troviamo anche L.H.O.O.Q. Shaved del 1965 nella quale appare la Gioconda senza baffi e la scritta in francese “Rasée L.H.O.O.Q.”
Lo scopo di quest’opera, in particolare della prima versione, vuole essere un sigillo dissacratorio del Dada, un manifesto della corrente, ma, col tempo, finisce anch’esso per diventare un’opera di riferimento per la comprensione dell’arte moderna, perdendo il suo significato provocatorio. Rimane comunque un punto di svolta e di riferimento per tutti gli artisti che hanno deciso di seguire Duchamp nel dissacratorio atto di trasformare la Gioconda a proprio piacimento, nel proprio stile, guardandola con occhi nuovi e con la propria fantasia.
FONTI
- Finestre sull’arte
- Il Dada(ismo) ovvero dada non significa nulla, Mirella Giuggioli, Feltrinelli, 2018
- Manifesti del Dadaismo, Tristan Tzara, Ghibli, 2014
- La trasparenza dei baffi: Marcel Duchamp e la Gioconda, Roberto Cresti, Le Ossa, 2011