La trentaduesima edizione del Salone del Libro di Torino ha ospitato anche l’incontro con Andrea Pomella, autore de L’uomo che trema, pubblicato da Einaudi nel 2018. Il fulcro del dibattito è stata la scrittura di sé; L’uomo che trema è, essenzialmente, un libro autobiografico. Ma cosa vuol dire realmente raccontare il proprio vissuto? Se per molti scrivere del passato è un modo per ritrovarlo, per Pomella è l’opposto.
Io piuttosto cerco di perderlo, il passato, scrivendone.
È come quando guardiamo una vecchia foto. Per una frazione di secondo ritroviamo quel momento immortalato per sempre, ma subito subentra un dolore straziante; quel momento l’abbiamo già perduto.
La nostra memoria lavora in maniera deduttiva: costruiamo sopra ai ricordi in maniera posticcia.
Scrivere di noi è guardare il passato con la lente del presente. Per Pomella è una scrittura in presa diretta, non è rivolta nostalgicamente al passato, è un modo per trovare il senso di ciò che accade nella vita, anche alle cose più banali.
Pomella si porta dietro un bagaglio culturale importante: da giovanissimo inizia a leggere Proust, Kafka, Dostoevskij. Ha studiato a fondo cosa voglia dire scrivere di sé, del proprio vissuto.
Tutti abbiamo una storia da raccontare, perché tutti abbiamo una storia, dice Pomella.
Tendiamo a cercare il particolare nell’interstizio, pensiamo che sia quello ciò di cui dobbiamo scrivere. In realtà il materiale è proprio sotto ai nostri occhi, non c’è bisogno di cercare molto distante.
C’è un dubbio, però, un’esitazione che nasce spontaneamente: come fare a raccontare di sé, e allo stesso tempo proteggere, in qualche modo, il materiale raccontato e le persone coinvolte? Qui occorrono delle precauzioni, ovviamente, dei piccoli raggiri, delle svolte e degli allontanamenti che sono inevitabili proprio per proteggere gli Altri; di noi possiamo dire quello che vogliamo, in qualsiasi modo vogliamo, ma per gli altri è necessario un filtro minimo di pudore.
Pomella lo dice apertamente: ha sofferto di una crisi depressiva, è entrato in terapia. Cercare del materiale su cui scrivere è stata la molla che per molto tempo lo ha spinto a uscire di casa.
Io pur di scrivere mi sono ridotto a vivere, Pomella cita Busi con un mezzo sorriso.
E allora scrivere di sé diventa terapeutico, salutare, un’ancora di salvezza, un modo per trovare la radice infetta del male che c’è dentro.
L’uomo che trema è questo: un libro che parla del passato al presente, che non prova nostalgia ma che indaga, con occhio attento, ai fatti della vita, e che cerca di carpirne il senso per lasciarsi alle spalle quello che è accaduto e guarire. L’uomo che trema è la storia di Andrea Pomella, ma tutti ne abbiamo una da raccontare.
FONTI
Incontro con Andrea Pomella al Salone del libro di Torino 2019
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