In Di chi è questo cuore, candidato al Premio Strega 2019, Mauro Covacich accompagna il lettore attraverso una Roma diversa, una Roma fatta di tante piccole storie, di vite intrecciate. Al ritmo del battito di un cuore malato, Covacich mette a nudo la sua storia, la relazione con la sua compagna Susanna, con gli amici di sempre e con la madre.
La sonda spara ultrasuoni nel petto. Al primo contatto con la pelle la sua testa scivolosa mette i brividi, poi prevalgono le immagini. Sullo schermo una sagoma medusoide pulsa nell’oscurità. Si dilata e si contrae in mezzo a quel nero dove all’improvviso potrebbero comparire palombari. Oppure astronauti. Ma non c’è nessuno nel petto, ci sono solo le cose contenute in ogni essere umano.
Dopo che il medico gli consiglia di abbandonare la corsa a livello agonistico, il protagonista del romanzo – che, di fatto, è lo stesso autore – inizia a esplorare il suo quartiere attraverso delle piccole corse quotidiane. Durante questi momenti di solitudine, si abbandona a riflessioni sulla sua vita, fa il punto della situazione, osserva le persone che incontra e che popolano le vie dell’EUR, dove vive.
Cani legati alla catena, zingare fuori dai supermercati, senzatetto che annebbiano la propria mente nel vino da quattro soldi per non dover affrontare la realtà di tutti i giorni; questi gli strani personaggi che fanno da sfondo alla sua vita. Una vita fatta di dolorosi istanti di solitudine persino quando è in compagnia, piccoli malintesi con le persone che ama che lasciano sempre una sensazione di amaro in bocca. E poi una strana figura, una sorta di alter ego quasi minaccioso, popola i suoi sogni e le sue notti; un uomo che gira per casa sua, discute con lui e lo spinge a scrivere delle piccole cose che gli succedono ogni giorno.
Piccole cose che diventano così oggetto di riflessione dei suoi articoli che spesso trattano di fatti di cronaca che lo han turbato in maniera particolare, come quello del ragazzo morto durante una gita scolastica a Roma, che sembra perseguitarlo come una fantasma con la sua storia irrisolta. Ed è proprio Roma, insieme alle idiosincrasie grandi e piccole dell’autore, una dei veri protagonisti del romanzo; la Roma difficile della stazione Termini:
La scala mobile della linea A, il regno delle zingare. Scacciate dai nuovi scherani del servizio armato il più possibile lontano dalle banchine dei treni dove seminavano il panico, sono costrette ora a lavorare all’esterno dei tornelli, vicino alle macchinette dei biglietti, aree in vero ancora più pescose, colme di turisti coi portafogli in mano, lo sguardo intento a decifrare le tariffe, i trolley dimenticati alle spalle come cuccioli di foche distratti in un mare di orche assassine
e quella deserta, la Roma degli appassionati di jogging del mattino presto, a Villa Borghese:
Le acacie, gli olmi, gli eucalipti, anche solo riconoscendoli nell’universo alieno dei vegetali, cerco di tenere lo sguardo lontano dall’orologio, che segna la distanza, l’andatura, le calorie, la frequenza con cui insiste a battere questo mio grosso cuore difettoso.
Una città che malgrado tutti i suoi difetti riesce sempre a lenire la malinconia di fondo del protagonista, la nostalgia della sua “vera” casa – Trieste – e la preoccupazione per un cuore che ha perso un battito, lo ha tradito e potrebbe abbandonarlo in qualsiasi momento.
Riflesso di Roma sono anche i rapporti con gli altri, che spesso lo deludono più di quanto non ne leniscano la solitudine, un senso di abbandono profondo che lo accompagna sempre e che cerca di lenire con gli ansiolitici come Lexotan, Lendormin, Valpinax, ma anche con la letteratura, la storia, la filosofia.
In Di chi è questo cuore, Covacich regala delle pagine intime, si mette a nudo quasi con timidezza ma anche con una profonda fiducia nei confronti dei lettori. L’autore gioca con grande consapevolezza con stili e registri diversi, carrellate quasi cinematografiche sul lungotevere si alternano a chiacchiere a cuore aperto con il senzatetto che staziona sotto casa. Pagine del diario di Anne Frank sono accostate agli articoli che scrive per i quotidiani, in un intreccio di passato e presente che risulta naturale e spontaneo.
Per usare le parole della giornalista Loredana Lipperini, che lo ha proposto al Premio Strega 2019,
Di chi è questo cuore forza e supera i confini di quella che oggi chiamiamo autofiction iscrivendosi in un progetto artistico che Covacich persegue da anni, e si pone anzi come culmine della sua intera opera. La scoperta da parte dell’io narrante di una lieve anomalia cardiaca è il punto di partenza per un’esplorazione lucida e inquieta, che può soffermarsi a scrutare il mondo degli affetti e sollevarsi a guardare lontano, verso le piccole e grandi indifferenze del nostro presente.
M. Covacich, Di chi è questo cuore, La Nave di Teseo, 2018