Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, è un nume tutelare del panorama musicale italiano odierno. Questo perché, ma non solo, è un maestro di parole. Nel corso della sua carriera, infatti, sono numerosi i testi pregnanti di significato che ha portato alla luce (inclusi vari pezzi del suo quattordicesimo e ultimo album in studio, Oh, vita). La prima traccia di Lorenzo 2015 CC., tredicesimo album in studio del cantante, si chiama L’alba e porta con sé una filosofia di vita immensa.
Sguardo al passato?
Come è facilmente intuibile dal titolo, questa è una canzone che parla di rinascita. Rinascita in un senso abbastanza ampio del termine, anche se nel testo si fa chiaramente riferimento al contesto storico in cui attualmente ci si trova (oltre che a una storia d’amore finita).
La prima grande verità ad apertura del pezzo e ad apertura del disco è che:
Non si può tornare indietro
non si può tornare indietro
nemmeno di un minuto,
è la regola di questo gioco.
Puoi tentare di salire di livello
o restare dove sei
come carne da macello
nelle mani del tecnocrate di turno
Quindi non bisogna mai guardare al passato, né idealizzare le “macerie di un passato che un giorno era stato un futuro entusiasmante”. Ciò che poteva essere non è stato e non potrà essere mai più: prima se ne prende consapevolezza, prima ci si può attivare per cambiare la propria condizione. Perché è altrettanto deludente rimanere impassibili, rimanere “carne da macello” senza tentare di fare qualcosa per salire almeno un gradino del proprio status.
Fortunatamente:
C’è ancora un margine
per cominciare a vivere […]
L’alba è già qua
per quanto sia normale vederla ritornare
mi illumina di novità,
mi dà una possibilità
Anche all’interno di un caos senza fine. Per quanto il momento possa essere confusionario – che se ne voglia parlare a livello storico, economico-sociale o in un senso più intimo e individuale – Jovanotti tenta di ricordare che c’è sempre uno spazio per ricominciare.
Ed ecco che arriva l’alba, come ogni giorno. Ma, per quanto quotidianamente si abbia la possibilità di cambiare e rigenerarsi, Jovanotti vuole sottolineare come essa non vada svalutata. Metaforicamente parlando (e non solo), può sembrare scontato che il sole sorga ogni giorno. Eppure quelle ventiquattro ore sono lo spazio dell’esistenza intera, con tutti i suoi cambiamenti di sorta, ed è una ricchezza di immenso valore.
Tra infrangimenti di sogni e auto-salvataggi
La scarpetta di cristallo
che hai perduto una notte nella corsa
puoi attendere qualcuno che ti cerchi
o proseguire scalza
Qui viene fatto chiaramente riferimento al lato più “amoroso” del testo: l’abbandono del passato diventa un rito necessario, imprescindibile per la buona riuscita del proprio presente e del futuro. Non è importante che alle spalle si abbia una storia andata male. Tutto ciò che conta è che si trovi la forza di rinascere dalle proprie macerie, senza l’aiuto di nessuno, auto-salvandosi.
Non c’è il rischio di spingersi troppo oltre. L’unica cosa importante è mettersi in gioco, sempre. Come afferma il cantante stesso in un’intervista a Rockit:
È sempre con noi stessi che ci giochiamo la vita. La vita va vissuta, è tutto qui. Non sono un buddhista, per me il desiderio è una forza positiva, e il desiderio mette in atto processi pericolosi, ma è nel pericolo che ci si diverte davvero.
Del resto, nel testo non viene dimenticata nemmeno l’importanza di essere se stessi fino in fondo, un sé unico e inimitabile, che non abbia niente a che vedere con la presunta “diversità”, ormai così mainstream:
Si sta come l’autunno
sugli alberi le foglie
e naufragar m’è dolce in questo mare
felice chi è diverso
essendo egli diverso,
ma guai a chi è diverso
essendo egli comune.
A dare ancora più rilevanza alla strofa, poi, vi è il gioco di rimandi letterari con due tra i componimenti più famosi tra il popolo italiano, rispettivamente di Ungaretti e di Leopardi. Entrambi i riferimenti, qui, assumono un significato totalmente diverso dal loro valore originario. Essi vogliono rendere all’ascoltatore un’immagine di una propria piccolezza individuale rispetto all’enorme vastità di tutto ciò che è altro: quindi, nel primo caso si è una foglia tra tutte le foglie sugli alberi, nel secondo un puntino nel mare. Da qui, prende ancora più forza la convinzione di dover essere “diversi“, facilmente distinguibili, a seguire il proprio percorso di vita, tracciato da se stessi e non da altri.
L’unica conclusione adeguata a questo discorso è cantata da Cherubini stesso in uno dei suoi ultimi singoli, Oh, vita:
Non ho radici, ma piedi per camminare.
Allora perché non usarli per camminare su un proprio percorso verso il futuro?