I sette vizi capitali nell’arte

I vizi capitali s’appalesano bene a tutti gli occhi se vestiti di stracci sbrindellati; le belle acconciature e le pellicce li nascondono all’occhio più indagante.
William Shakespeare

L’origine

Sette vizi o peccati capitali. Superbia, Lussuria, Avarizia, Accidia, Ira, Gola, Invidia. Secondo una concezione di matrice cristiana la superbia si colloca all’apice dell’elenco, poiché è colei che ha dato inizio a tutto, dall’istante fatale in cui Lucifero si è ribellato a Dio, scatenando la rovinosa caduta degli angeli disertori. Di quel momento simbolico, ci offre una delle più minuziose ed elaborate rappresentazioni il pittore settecentesco Giovanni Odazzi, con il suo affresco La Caduta degli Angeli Ribelli, conservato presso la Basilica dei Santi XII Apostoli, a Roma. Ma già tre secoli prima di Odazzi, in Olanda, il pittore allegorico Hieronymus Bosch offriva una visione epifanica dei sette peccati capitali, riuniti in un’unica tavola secondo una sequenza circolare. La forma rotonda scelta da Bosch voleva richiamare il profilo dell’occhio del creatore, al cui centro, al posto della pupilla, viene collocato Cristo accanto al sepolcro, con fare ammonitore e attorniato da un’aura luminosa. I vizi capitali sono quelli che Aristotele definisce come gli abiti del male. Così come vestono impudicamente le deboli carni umane, al tempo stesso attraversano diacronicamente la storia dell’arte, imprimendosi in simboli e icone rappresentativi dell’immaginario peccaminoso.

Superbia (Pride) 

Superbia, Gurt Swanenberg, 2008

Altezzosità, ostentazione di una superiorità manifesta che si esplica in una sovrastima del sé e in una volontà di conquista. La superbia è un affronto, naturalmente dettato da una sfrontatezza che Dante Alighieri riconosce in Aracne, colei che osò sfidare Atena nella tessitura e fu punita con la drammatica trasformazione in un ragno. Nell’illustrazione del canto XII del Purgatorio, Gustave Doré offre un’immagine mostruosamente drammatica di Aracne, riversa superiormente, nuda, sotto lo sguardo severo e ammonitore di Dante. Il volto della donna è contorto in un’espressione sofferente, agonizzante in un dolore eterno, enfatizzato ancor di più dal tratto cinereo e malinconico del disegno. Un’altra interpretazione originale è offerta da Gurt Swanenberg, che lavora sull’illustrazione contemporanea dei vizi capitali, letti in chiave consumistica. La superbia viene così rappresentata dallo scheletro di un pavone, ricoperto da un collage dipinto di brand del mondo della moda e della gioielleria di lusso.

Paolo e Francesca, Gustave Doré, 1868

Lussuria (Lust)

Piacere, desiderio sessuale e carnale, fine a se stesso e svincolato dall’amore verso il prossimo. La lussuria si esplicita con un abbandono totale a una pura realtà dionisiaca, affogata nei piaceri del corpo. La sua rappresentazione più ricorrente si personifica nella figura di una donna, spudorata, sfacciata, volgare. Tale descrizione si addice alla rappresentazione che ne offre Otto Dix, nella sua opera I sette peccati capitali (1933). La sua lussuria è una donna dalle fattezze da prostituta, introiettata nel panorama degradante del nazionalsocialismo. La femminilità votata all’isteria e alla sregolatezza sessuale sfrenata è invece la rappresentazione che offre l’illustratore russo Daniloff Alexander, nella sua raccolta I vizi capitali (2013). Tutt’altre sembianze sono quelle che contraddistinguono Lust, la donna misteriosa, crudele, ma anche fragile che occupa un ruolo dominante nell’anime Full Metal Alchemist di Hiromu Arakawa. Il suo personaggio valica la semplice sessualità manifesta a favore dell’interiorizzazione, la stessa che traspare nel raffinato abbraccio danzante e voluttuoso di Paolo e Francesca, illustrato da Doré come quell’ amor c’ha nullo amato amar perdona

Greed, Full Metal Alchemist

Avarizia (Greed)

Smania e attaccamento ai beni terreni, devozione idolatrata verso il denaro, che viene conservato maniacalmente. Il termine in inglese si traduce con bramosia, ingordigia, avidità. Tuttavia, l’avidità si fonda in realtà sulla volontà di accrescimento delle proprie ricchezze, non su una loro fossilizzazione. Spesso nell’immaginario iconografico l’avarizia si concretizza nella vecchiaia, nell’attaccamento sfrenato a ciò che si è accumulato nella vita per paura di perderlo in un gioco d’azzardo con il tempo. È così in Bosch, in Dix e in Alexander, dove la vecchiaia assume fattezze distorte, mostruose, animalesche. Nei bestiari medievali l’avarizia è affidata all’immagine del lupo, mentre Swanenberg sceglie gli scheletri di rane e rospi e li riveste con banconote americane e carte da gioco, a sancire i trucchi del possesso. Sicuramente, però, Greed è uno dei personaggi più affascinanti e controversi di Full Metal Alchemist. La sua peculiarità sta nella creazione di una corazza con il carbonio interno al suo corpo, tale da figurare un profilo maestoso e virile, rappresentazione della bramosia del possesso.

Accidia, Daniloff Alexander, 2013

Accidia (Sloth)

Inerzia, tristemente malinconica, legata a un senso profondo di noia e monotonia della vita. Si esprime in un’esistenza malsana, inappagante, come quella dell’asino, costretto a vivere quotidianamente una ritualità ripetitiva e insoddisfacente. La rappresentazione più comune dell’accidia illustra il sonno, a volte portato alle sue estreme conseguenze: la morte. Questa è intesa come deprivazione dell’anima e della carnalità sanguigna e viva del corpo. Dante punisce gli accidiosi con i morsi continui e velenosi dei serpenti, mentre Swanenberg immagina l’evoluzione catastrofica della pigrizia nella chiusura spaziale del videogioco. Daniloff Alexander offre però, come sempre, il versante più macabro della tavola di Bosch. Nel suo caso l’accidia è una figura anemica persa in una dimensione surreale e abbandonata a un sonno eterno.

Ira, Giotto, Cappella degli Scrovegni (Padova), 1306

Ira (Wrath)

Violenza ed esplosione irruenta di istinti animaleschi inconsci, rabbia incontrollabile scatenata da un evento particolare. L’ira si esprime attraverso l’urlo, la deformazione grottesca del volto, che devia verso una natura animale, taurina, come quella di Dix, oppure verso un volto stregonesco, esoterico come quello scelto da Alexander. L’ira, figlia dell’invidia e della melanconia, è colpevole di aver allontanato l’uomo da Dio, avvicinandolo alla sua natura animale. L’uomo iracondo è un orso, che non risponde ai propri istinti, è un’anima che cerca di sfuggire all’annegamento nella palude dantesca, è una vita che, in qualunque forma sia incarnata, sente ribollire una rabbia esacerbata sottocutanea. Perché l’ira non è solo manifestazione esteriore, ma anche tensione implosiva.

Gluttony, Full Metal Alchemist

Gola (Gluttony)

Ingordigia, fame atavica, totale abbandono senza inibizioni ai piaceri del cibo. La gola si personifica in un uomo grasso, calvo, imbavagliato nei suoi strati adiposi e contraddistinto da una bocca larga, ampia, smascellata, che inghiotte tutto ciò che la circonda. Una simile rappresentazione si associa alla figura dipinta da Otto Dix, una matrioska, che inghiotte la sua stessa immagine. Un maiale, come l’immagine associata nei bestiari medievali, che non distingue ciò che gli capita sotto i denti. In sintesi, Gluttony, di Full Metal Alchemist, un omuncolo ingenuo che divora carne umana con un’esaltazione infantile. Le sue sono fauci cannibali, animalesche, celate dietro un volto pateticamente gioviale. Nella contemporaneità tale vizio è associato all’ingordigia compulsiva di cibo spazzatura, declinato nelle merendine da distributore.

Giotto, Invidia, 1306

Indvidia (Envy)

Sentimento spiacevole nei confronti del successo e della felicità altrui dettato dall’incapacità di rinunciare al proprio orgoglio. L’invidia è associata allo sguardo, velenoso come le tossine emesse dalle ghiandole velenifere dei serpenti. Per questo Giotto ritrae una donna dalla cui bocca fuoriesce un serpente e le si rivolta contro, come una maledizione che ritorna al mittente. L’invidioso è avvolto dalle fiamme corrosive che lo scarnificano nel suo peccato, ha gli occhi rivolti verso l’alto, vitrei. Come il nano dipinto da Otto Dix e macabramente associato alla figura di Hitler. La personificazione di Alexander è invece stranamente gioviale, associata a un cavaliere/menestrello che imbraccia un bastone azzannato da un cane in una forte rievocazione simbolica medievale.

 

 


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