Il Fregio della vita di Munch: un’opera universale

Io sostengo che un fregio possa presentare le stesse qualità di una sinfonia, e che abbia la capacità di librarsi nella luce e di inabissarsi nelle profondità. La sua potenza può essere modulata.

Il nome di Edvard Munch è uno dei più famosi al mondo, immediatamente collegabile dai più a L’urlo, opera di grande impatto visivo ed emotivo. Quello che molti non sanno, però, è che quest’opera di fama mondiale è parte di un complesso di lavori molto più vasto chiamato Il Fregio della vita, su cui l’artista ha continuato a lavorare per tutta la vita.

Edvard Munch è stato un pittore norvegese, nato a Løten, vicino a Oslo, l’allora Christiania, nel 1863. Il padre era un medico dell’esercito e la madre era figlia di ricchi contadini: la famiglia era infatti in una buona situazione economica. L’infanzia dell’artista è però disturbata fin da subito da varie difficoltà: prima di tutto la sua salute cagionevole, che lo farà vivere per tutta la vita in uno stato di ansia e fragilità perpetui, con la paura di morire di tubercolosi come successe alla madre e a una delle sorelle. Munch era infatti fortemente convinto di essere predestinato a una morte in giovane età. Inoltre, il padre inizia ben presto ad avere un disturbo maniaco-depressivo, costellato da forti ossessioni religiose, che soffocano il giovane Edvard e tutta la famiglia.

Iniziano poi i lutti, già accennati, che sfregiano l’emotività di Munch, lasciandolo profondamente traumatizzato: prima la madre muore di tubercolosi nel 1868; nel 1877 viene a mancare anche Sophie, la sorella maggiore alla quale Munch era molto legato. Morta anche lei di tubercolosi, Munch ricorderà per tutta la vita il trauma che gli causò la vista di Sophie confinata a letto, malata. Il ricordo assilla l’artista per anni, e lo rappresenta in La bambina malata Morte nella stanza della malata, riprodotte in moltissime versioni a partire dal 1885.

Munch si avvicina ben presto al disegno e alla pittura, iscrivendosi nel 1880 alla Scuola Reale di Disegno. Nel 1882 trova il suo primo maestro in Christian Krohg, famoso esponente dell’arte nazionale del periodo. Nel 1889, a venticinque anni, allestisce la prima mostra personale, a Oslo, dove espone centodieci opere. Viaggia molto durante tutta la vita, spostandosi soprattutto tra Parigi, Berlino e il Paese natale. Prima di compiere il suo primo viaggio a Parigi (nel 1885), Munch inizia a tenere un diario autobiografico illustrato, fitto di appunti e note: in queste pagine vengono espressi per la prima volta quelli che saranno i grandi temi esposti nel Fregio della vita: la morte, l’amore, l’angoscia, l’ansia, la paura, analizzati dall’artista in parole, colori e disegni.

È negli anni Novanta che Munch dipinge la maggior parte delle tele che entreranno a far parte del Fregio. Ha ormai raggiunto fama internazionale, grazie alle varie mostre a cui ha preso parte e alla grande forza visiva delle sue opere. Il suo stile risulta avanti anni luce rispetto al naturalismo che vigeva in Norvegia, e più tematicamente ricco delle ultime scie impressioniste. La sua linea si avvicina a quella dei nabis, con la differenza che Munch la utilizza per esprimere l’angoscia febbrile che lo attanaglia. Il suo stile risente anche della visione delle opere di Gauguin, con i loro colori contrastanti e i rossi e gli arancioni sporchi, che Munch utilizza aggiungendovi un significato visivo più profondo, recuperato dalle profondità dei suoi ricordi e rielaborato tramite colori che possano riprodurne le sensazioni visivamente.

Con questo stile auto-indagatorio, Munch realizza il Fregio della vita. La raccolta di opere che lo compongono non giunge mai a una versione definitiva, perché Munch continua a rielaborarla, aggiungendovi nuovi lavori, o presentandola strutturata in diversi modi. Quello che è certo, è che l’idea di creare un fregio, dunque una raccolta visiva di immagini, era molto cara all’artista, che scrive:

Mi sono reso conto delle loro (dei quadri, N.d.A) vicendevoli risonanze, hanno assunto un significato diverso rispetto a quello che possedevano separatamente, sono diventati una sinfonia. Questo è il motivo per cui decisi di dipingere fregi.

Il Fregio della vita non è infatti l’unico realizzato da Munch, ma rimane quello che meglio esprime la sua visione artistica. Con queste opere si propone di indagare l’intera esperienza umana attraverso l’esperienza personale. Le tematiche trattate sono quelle esistenziali dell’amore, dell’angoscia, l’ansia e la morte. Munch intendeva infatti la pittura come una sorta di autoanalisi:

La mia arte è un’autoconfessione. Per suo tramite io cerco di far luce sul mio rapporto con il mondo.

Dunque il Fregio è un’indagine della propria esistenza, operata con lo sguardo consapevole di chi ha già vissuto quelle situazioni e le rielabora per ritrovarne i sentimenti, dipingerli e comprenderli. Nei suoi appunti si sofferma spesso a parlare del Fregio, e alcuni passaggi mostrano quanto Munch avesse le idee chiare riguardo questo progetto:

La concezione del Fregio consiste in una sequenza di immagini decorative che nella loro totalità dovrebbero raffigurare il corso della vita. Le linee sinuose della spiaggia percorrono i dipinti; in lontananza il mare, in movimento incessante; e al di sotto delle fronde degli alberi la vita multiforme con gioie e dolori. La concezione del fregio consiste nell’immaginare poeticamente la vita, l’amore e la morte. (…)

Il fregio, per come lo concepisco, dovrebbe essere disposto in una sala la cui architettura sia strutturata come una cornice adatta, così da valorizzare ogni singola parte, per far sì che non venga meno l’efficacia di una totalità coerente.

Aveva quindi ideato un allestimento ben preciso per il lavoro, che sarebbe stato diviso tematicamente per stanze. Dagli appunti si nota quanto Munch lavorasse e riflettesse sull’opera tutta, sia sui singoli quadri e stampe, sia sulla visione d’insieme.

Durante gli anni il Fregio è stato presentato con titoli diversi. È stato esposto per la prima volta nel 1893 a Berlino, con il titolo Studio per una serie evocativa: Amore, presentando 6 opere. Munch si concentrò chiaramente sulla tematica dell’amore, interpretandolo in chiave decadente, legato alla morte. Le opere esposte sono La voce (1893), Il bacio (1893), Vampiro (1893-94), Madonna (1893-94), Malinconia (1891-93) e L’urlo (1893).

Edvard Munch, La voce, 1893
Edvard Munch, Il bacio, 1893

Per la maggior parte di questi titoli esistevano più rielaborazioni realizzate tra il 1892 e il 1893, quindi non è possibile affermare con certezza quale versione fosse presentata in mostra. Resta il fatto che queste opere lette insieme propongono un’interpretazione del sentimento amoroso estremamente sofferta, che parte da una visione malinconica, ma ancora speranzosa, e decade dalla terza opera in avanti.

Edvard Munch, Vampiro, 1983-94

Inoltre si nota come Munch percepisse la figura della donna, soprattutto in quanto partner: è un essere pericoloso e meschino, superiore all’uomo. La donna è il vampiro che succhia il sangue del proprio amato, ma è anche la meravigliosa Madonna, che l’uomo adora con devozione religiosa.

Edvard Munch, Madonna, 1893-94

Successivamente il Fregio viene esposto nuovamente a Berlino, nel marzo 1895, e conta 14 dipinti e una vignetta. Alle 6 opere del 1893 si sono aggiunte Notte di stelle (1893), Gli occhi negli occhi (1894), La ragazza e la morte (1894), La donna in tre fasi (la Sfinge) (1893-95), Separazione (1894), Le mani (1893-94), Serata su viale Karl Johan (1894) e L’ansia (1893-94).

In questo secondo allestimento, Munch si concentra nuovamente sull’amore, dichiarando che i dipinti rappresentano degli stati d’animo, più precisamente i vari aspetti di quella battaglia che è l’amore tra un uomo e una donna. Si indaga quindi l’inizio, il momento in cui l’amore viene quasi rifiutato, attraverso i primi tre quadri:

Edvard Munch, Notte di stelle, 1893
Edvard Munch, Gli occhi negli occhi, 1894
Edvard Munch, La ragazza e la morte, 1894

Successivamente inizia la battaglia con Il bacio e la donna acquista le sembianze di un’irresistibile Madonna agli occhi dell’uomo che le è sempre più debole. Per concludere la spiegazione Munch scrive:

La donna è al contempo una santa, una prostituta, e una persona infelice che è stata abbandonata.

Ciò esprime bene il rapporto difficile che lo legava alla sfera femminile. L’artista era convinto di non essere fatto per stare con una donna, sensazione che si era rafforzata una volta iniziata la relazione con Mathilde “Tulla” Larsen (1869-1942), nel 1898. I due si fidanzarono, ma ruppero nel 1902 dopo una lite violenta nella quale Munch rimase ferito da un colpo di pistola. L’artista si era opposto alle continue insistenze di lei nel procedere con il fidanzamento, perché temeva che il matrimonio l’avrebbe sottratto alla pittura. La rottura con Tulla colpisce profondamente Munch, che tenta di rielaborare la perdita in numerosi quadri esterni al Fregio.

Dunque il primo grande capitolo del Fregio della vita è quello dedicato all’Amore. Quest’impostazione si riconferma nel 1902, quando viene esposto integralmente per la prima volta. La mostra si tiene nuovamente a Berlino, dove è presentato con il titolo Fregio: ciclo di momenti dalla vita, e sono esposte 22 pitture divise in 4 sezioni tematiche legate: I semi dell’amore, Sbocciare e appassire dell’amore, Angoscia e l’ultima sezione, Morte.

Edvard Munch, Gelosia, 1895, seconda sezione
Edvard Munch, Golgotha, 1900, terza sezione
Edvard Munch, Morte nella stanza della malata, 1893, quarta sezione

Quasi tutti i dipinti presenti sono stati realizzati prima del 1895. La differenza più rilevante che si può notare confrontando questa disposizione del Fregio con quella del 1893, è che in questo caso la morte viene presentata come conclusione pessimistica e inevitabile, piuttosto che come un inizio inquietante, ma dal quale si può sfuggire.

Il Fregio è stato esposto con questo stesso allestimento anche a Lipsia nel 1903, a Oslo nel 1904 e a Praga nel 1905. Dopodiché, Munch comprende che il progetto non può essere venduto in una volta sola; decide quindi di vendere i quadri singolarmente, smembrando l’insieme. Ciò non lo disturba, anche perché continua a produrre nuove tele –sempre rispettando i soggetti e i temi precedentemente individuati – da inserire all’interno del Fregio, per sostituire quelle vendute. L’aspetto d’insieme si modifica, ma il senso rimane quello iniziale di auto-indagine.

Lo sviluppo dell’opera tuttavia non si ferma qui. Nel 1918 viene esposta a Oslo, alla Galleria Blomquist, arricchita di nuove aggiunte. Viene poi esposta per l’ultima volta nel 1927 in una mostra tenutasi in due sedi, contemporaneamente alla National Gallery di Oslo e a quella di Berlino. I quadri esposti a Oslo sono 289, quelli di Berlino 244. Il Fregio è cresciuto esponenzialmente rispetto al primo allestimento dove contava solamente 6 quadri, arrivando a diventare una vera e propria narrazione di vita.

Anche nel suo ultimo decennio di attività, Munch non smette di lavorarci. Tra il 1932 e il 1935 realizza delle copie dei vecchi temi, riaprendo la riflessione sui suoi vecchi lavori. Nonostante le sue angosce riguardo la propria salute precaria e la morte da cui si è sempre sentito perseguitare, Munch vive fino all’età di 80 anni e si spegne nel gennaio 1944, a Ekely.

Molti artisti fanno della propria vita una forma d’arte, soprattutto in epoca contemporanea dove non è raro imbattersi in performer che vivono in funzione della resa artistica e/o emozionale che può scaturire dalle loro azioni. Edvard Munch ha fatto una cosa diversa: ha ripercorso la propria esperienza di vita rielaborandola tramite il disegno e la pittura, partendo dalla propria interiorità per individuare i disagi dell’intera umanità, attraverso l’esperienza del singolo.

Munch ha ripercorso la propria vita mentre la stava ancora comprendendo, e ne ha fatto un’opera colossale, composta da tele, stampe, schizzi e appunti, che letti insieme narrano tutto il suo percorso emotivo. In questo senso la sua opera nasce come individuale, ma è da leggere come universale. L’artista ha fatto di se stesso lo strumento necessario a indagare i sentimenti dell’essere umano a lui contemporaneo, e tramite gli eventi del suo vissuto e le emozioni trasportate visivamente sulla tela, si è posto come un profeta delle emozioni.

 


FONTI

  • Biografia
  • Edvard Munch, Frammenti sull’arte, Milano, Abscondita, a c. di Marco Alessandrini, Carte d’artisti, n. 93, 2007.
  • Edvard Munch – The Frieze of Life (London, National Gallery, 12 Nov 1992-7 Feb 1993), a c. di Mara-Helen Wood, London, The National Gallery Publications, 1992.
  • Munch (Milano, Palazzo Reale e Palazzo Bagatti Valsecchi, 4 dicembre 1985-16 marzo 1986), a c. di Guido Ballo e Gianfranco Bruno, Milano, Nuove edizioni Gabriele Mazzotta, 1985.

 

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