Corruzione della morale: è questa l’accusa per la quale è stata condannata a un anno di carcere Vida Mohavved, la giovane donna che per prima ha fatto sentire la propria voce nella dura lotta contro l’obbligo del velo, sfidando con coraggio il governo del suo Paese. Infatti, pur essendo consapevole delle possibili conseguenze che il suo gesto avrebbe potuto comportare, ha deciso di sacrificarsi per una giusta causa, ovvero il diritto di ogni donna di poter indossare ciò che desidera, senza dover sottostare ingiustamente all’obbligo del velo, considerato dalla maggior parte della popolazione femminile dell’Iran come simbolo di repressione.
Come tutto ebbe inizio
Vida, stanca di doversi sottomettere alle regole di un Paese poco progressista e decisamente patriarcale, ha deciso alla fine del 2017 di farsi riprendere in video nel pieno centro di Teheran intenta a togliersi il chador bianco per poi sventolarlo legato ad un bastone davanti agli occhi increduli dei passanti. Questo video si è diffuso sempre più velocemente grazie ai social media: Vida in poco tempo è diventata un volto noto in Iran e, sempre più donne spinte dal suo esempio hanno voluto emulare questo gesto e portare avanti la rivoluzione iniziata dall’allora trentenne. A volte una voce sola può far rumore, ma tante voci insieme possono generare una vera e propria rivoluzione.
Nelle settimane successive altre 29 donne sono state arrestate per essersi tolte il velo in pubblico; tre di loro sono state condannate a diversi anni di carcere, mentre altre sono state costrette a scappare all’estero. Vida, arrestata subito dopo la protesta, è stata liberata con la promessa di non ripetere mai più un gesto tanto forte nei confronti della propria cultura e religione. Ma neanche gli ammonimenti e le minacce hanno potuto spegnere la voglia di giustizia della donna: nell’Ottobre del 2018 Vida, nota ormai in tutto il mondo come “la ragazza di via Rivoluzione” si è tolta nuovamente il chadar come gesto di sfida.
La nuova condanna
Il 14 Aprile del 2019 la giovane attivista è stata nuovamente condannata ad un anno di carcere con l’accusa di corruzione della morale. Il governo del suo Paese pensa infatti che la donna abbia influenzato negativamente la popolazione femminile generando proteste e atti di ribellione. Molte donne hanno visto in Vida un esempio da seguire e una sorta di eroina, come nel caso delle “ragazze di Enghelab street”. Si tratta di centinaia di donne e qualche decine di uomini che hanno dato vita qualche mese fa in Iran ad una vera e propria protesta silenziosa contro l’hijab. Essi si recano nei luoghi pubblici e restano immobili sventolando il proprio velo, proprio come fece Vida al suo tempo.
Tale gesto non va inteso come una semplice protesta nei confronti del velo o del patriarcato; tutti i protestanti, infatti, si battono in favore della parità di salari tra uomo e donna, cosa del tutto inconcepibile per lo Stato islamico, se si considera che tutt’ora vieta alla popolazione femminile di esercitare determinate professioni come quella del magistrato e di ricoprire le cariche politiche più elevate. Ma la discriminazione non termina di certo qui, infatti per chi non lo sapesse, alle donne islamiche in caso di eredità spetta solamente la metà rispetto ai maschi. Vida e le altre ragazze svelate, dunque, non si battono solo per la libertà nel vestire ma per un sogno in comune: vivere in un Paese che possa a poco poco annullare tutte le ingiustizie civili, politiche e sociali a cui le donne sono sottoposte.
Molte di queste hanno inoltre aderito a My Stealthy Freedom (letteralmente “la mia libertà clandestina”), la campagna web promossa dalla giornalista iraniana Masih Alinejad, volta ad incoraggiare le donne a protestare contro tutte le restrizioni nei confronti della libertà femminile. Tale campagna nata online nel 2014 esorta non solo le donne ma anche gli uomini a diffondere le foto scattate insieme alle loro madri, sorelle o mogli senza velo sotto l’hashtag #maninhijab, ovvero uomini con l’hiijiab.
Vida ha rappresentato e rappresenta tutt’ora l’inizio di una battaglia mediatica e non verso una nuova “libertà svelata”, volta all’affermazione dell’uguaglianza tra sessi.
Arrestare Vida rappresenta un affronto nei confronti del genere umano, soprattutto quello femminile, ma abbiamo modo di pensare che la lotta verso la libertà non si fermerà neanche di fronte ad un anno di carcere.