Aifon
È opinione comune che, dal suo arrivo sul mercato mondiale, l’iPhone abbia velocemente stravolto la vita di milioni di persone. Da lì in poi anche la fruizione della musica è completamente cambiata: si è più nello specifico dematerializzata. Complice di questo cambiamento è stata sia l’ascesa del web in generale, che quella delle piattaforme di streaming.
Un aspetto magari più legato alla produzione, e quindi meno al prodotto finale con cui si interfaccia il consumatore, è come si sia estremamente semplificato il modo di fare musica: da un lato non serve più il classico studio di registrazione per dare vita a una canzone, dall’altro – perché il prodotto arrivi a tante persone – internet ha reso spesso superflui intermediari quali promoter e discografici. Oggi basta condividere su YouTube un proprio video per pubblicizzarsi.
L’estremizzazione di tutto questo potenziale tecnologico permette di ipotizzare un intero album realizzato in questo modo, addirittura l’intera carriera di un’artista che basa la produzione della sua musica sull’utilizzo di un semplice smartphone. La concretizzazione di tale estremo è il progetto Be a Bear, portato avanti dal 2016.
Bologna è una regola
Ebbene sì, Filippo Zironi, bolognese nato e cresciuto per 15 anni nello ska punk, è il primo artista della discografia italiana a utilizzare l’iPhone al 100% per comporre, registrare e mixare: ovvero per produrre interamente la propria musica. Una musica definita electro-Bear-pop: un mix di synth, sonorità anni 80 e ritmi tribali. Tutto questo viene portato avanti con il nome di Be a Bear e con l’inconfondibile maschera di un orso, che rimanda tanto al periodo Harlem Shake (ricordate il fenomeno del 2013?) e che lo accompagna in ogni esibizione. In merito alla scelta di un simile pseudonimo, scelta maturata dopo due viaggi in India e Canada, Zironi si esprime così:
Ognuno ha un “animale” dentro, dovremmo essere tutti più animali e meno uomini, più legati alla nostra terra, più in contatto con la natura. Vivere da orso vuol dire tirare fuori la parte più selvaggia, quella che di solito nascondiamo meglio; vuol dire usare quella parte aggressiva ma tanto dolce per far bene le cose in cui si crede; vuol dire diventare sempre più uomo cercando di capire come vivere veramente e non solo semplicemente esistere; vuol dire divertirsi e far divertire gli altri, stare bene e sorridere.
Nei suoi brani riduce al minimo l’utilizzo delle parole, che sono poche e parlate più che cantate. Particolare è invece la scelta linguistica, visibile nei titoli, nei testi e nella scelta dello pseudonimo: tutto in lingua inglese.
La sensazione che l’artista vuole trasmettere è quella di una positività costruttiva: la semplicità stessa della foto in copertina all’ultimo album (Climb Your Time, 2018) suggerisce come la chiave di lettura, personificata nella spontaneità e la spensieratezza tipiche di due bambini che giocano, sia il sapersi divertire con poco. Questa coinvolgente energia che emerge fa sì che le sue produzioni si prestino in maniera molto naturale a essere “sincronizzate”, come si dice in termini tecnici. Sincronizzazione significa cedere i diritti di un pezzo per colonne sonore, sound di sottofondo e tappeti musicali da utilizzare per film, corti, programmi, spot e via dicendo. Mecatech, lo street artist internazionale Millo e la Roland DG sono solo alcuni esempi di chi ha già colto il potenziale della sua musica a fini commerciali.
Si può
Il messaggio dietro a un progetto come quello di Be a Bear si può riassumere con un’espressione presa in prestito dalla storia dell’arte: “Less is more”. Ridurre al minimo i costi e gli strumenti necessari alla creazione di un’opera musicale, comporre il tutto utilizzando soltanto un telefono, cercare di realizzare – malgrado le inevitabili complicazioni che questa scelta comporta – qualcosa di qualitativamente rilevante. Un esercizio, una sfida. Al contempo, dimostrare che chiunque può, volendo, cimentarsi in un simile percorso. Fare musica, ci insegna Be a Bear, è oggi alla portata di tutti. O meglio, è letteralmente a portata di mano.
Discograficamente parlando, nel 2015 Be a Bear ha vinto il concorso promosso da La Fame Dischi e dal 2016 a oggi, ha realizzato due album e un EP. Dopo Push-e-Bah (La Fame Dischi, 2016) e Time (2017), con Climb Your Time (La Fame Dischi, 2018) le attenzioni sono aumentate. In particolare, a settembre Climb Your Time è stato dichiarato disco del giorno da una testata importante come Rockit, un riconoscimento che fa ben sperare per il suo futuro professionale.
Sperando possa essere stimolo ad altri, che il messaggio emerso sia: “Si può”.