Nasrin Sotoudeh è un’avvocatessa iraniana, che nel corso della sua lunga carriera si è battuta diverse volte per la difesa dei diritti umani e le disparità di genere. Il suo grande impegno politico non è mai stato apprezzato in Iran, Paese che addita spesso come traditori i pochi coraggiosi che vogliono apportare dei cambiamenti in nome della giustizia e dell’uguaglianza.
Per la donna, infatti, dopo una carriera caratterizzata da diversi arresti, arriva la condanna finale: 33 anni di carcere e 148 frustate, una pena ingiusta, che si configura come un vero e proprio insulto al genere umano. L’attivista, di quasi 56 anni, potrebbe non uscire mai dal carcere e lo Stato potrebbe ottenere ciò che più desidera: mettere a tacere per sempre l’unica voce democratica in mezzo a tanto conformismo.
Una carriera complicata: chi è Nasdir Sotoudeh
Nasrin, dottoressa in Diritto internazionale, ha sempre cercato di difendere le donne e i bambini maltrattati e, consapevole – cosa non di poco conto – di vivere in una società dalla mentalità assai ottusa, arcaica e misogina, ha sempre cercato di incoraggiare il governo ad investire di più in professionisti e psicologi, affinché tutti coloro che ne avvertissero il bisogno potessero contare su un supporto psicologico professionale.
Tra il 2005 e il 2015 sono stati condannati a morte 73 minori accusati di violenza, omicidio ed utilizzo di droga. L’avvocatessa ha deciso di intervenire e di andare più in fondo alla vicenda, cercando in tutti i modi di impedire la loro condanna. Questo suo lodevole impegno politico l’ha spronata ad iniziare una collaborazione con Shrin Ebadi; insieme, essendo entrambe delle professioniste, hanno costretto i tribunali iraniani a infliggere delle pene giuste e commisurate ai singoli casi giuridici.
Nasdir si è anche impegnata nella difesa di Zahra Baharami, una cittadina iraniana accusata di aver spacciato droghe, dato che nella sua casa vennero ritrovati quasi 900 grammi di droga tra cocaina e oppio. Questa donna però è stata impiccata il 29 Gennaio 2011; in sua difesa è accorsa la figlia, che ha dichiarato che qualcuno avrebbe messo in casa loro la droga al solo fine di incastrare la madre. Nessuno, però, ha preso sul serio le parole della ragazza, tranne Nasrin, che ha deciso così di difenderla. Proprio quando stava per dimostrare l’innocenza della donna è stata condannata a 6 anni di carcere per aver agito contro la sicurezza nazionale e le è stato vietato di esercitare la sua professione per ben 10 anni. In carcere per vedere i propri familiari è stata costretta ad aderire ad uno sciopero della fame, che ha interrotto solo dopo quarantanove giorni.
Ma chi insegue ideali così genuini non si ferma di certo dinnanzi a queste difficoltà, così la Sotoudeh, scarcerata solamente nel 2013, ha deciso alcuni anni dopo di dedicarsi ad un altro caso che stava creando un vero e proprio scandalo nella terra di Persia: l’anno scorso ha difeso tutte le donne che erano state arrestate per aver partecipato alla protesta pacifica contro l’uso obbligatorio dell’hijab, e passate alla storia come “Le ragazze di Enghelab Street”. Esse si erano messe in piedi su panchine e muretti mostrando il capo scoperto e sventolando il proprio hijab, un gesto rivoluzionario che ha scatenato una vera e propria battaglia mediatica e non. Tali donne, accompagnate anche da qualche uomo, si sono rifiutate di sottomettersi agli ingiusti principi di una società patriarcale tali da impedire al genere femminile di poter indossare ciò che vuole, come se non ne fosse meritevole.
Sembrava che queste donne seguissero l’esempio di Vida Mohavedi, la ragazza che il 27 Dicembre 2017 si era fatta riprendere in Enghelab Street – “Via della Rivoluzione”- con il capo scoperto e il velo in mano e successivamente accusata di incitamento alla prostituzione.
Negli ultimi anni, a seguito di alcuni impegni politici, l’avvocatessa è stata arrestata diverse volte con l’accusa di aver cercato di attentare alla sicurezza dello Stato.
Ma proprio a fine Marzo è arrivata la triste notizia: Nasrin è stata condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate, una pena grande quanto la sua volontà di difendere i più deboli.
Sul caso è intervenuto anche Amnesty International che si è detto scioccato dalla notizia e che considera tale pena eccessiva anche per un Paese come l’Iran.
Philip Luther, direttore delle ricerche sul Medio Oriente e sull’Africa del Nord di Amnesty International, ha dichiarato:
Nasrin Sotoudeh dev’essere rilasciata immediatamente e senza alcuna condizione e questa oscena sentenza dev’essere subito annullata, Sotoudeh ha dedicato tutta la vita a difendere i diritti delle donne e a chiedere l’abolizione della pena di morte: è semplicemente oltraggioso che le autorità iraniane la puniscano per questo. Il verdetto di colpevolezza e la condanna di oggi confermano la reputazione dell’Iran come crudele oppressore dei diritti delle donne. I governi che hanno influenza sull’Iran dovrebbero chiedere il suo rilascio. La Comunità Internazionale, in particolare l’Unione Europea, dovrebbe prendere pubblicamente una posizione forte contro questa vergognosa condanna e intervenire urgentemente per assicurare il rilascio immediato e incondizionato della detenuta.