Quando andiamo a votare – o quando scegliamo di non andarci -, quando decidiamo che tipo di vacanze fare o a quale facoltà universitaria iscriverci, quando apriamo un libro invece di accendere la televisione – o viceversa -… in molte delle scelte più o meno grandi che ogni giorno compiamo c’è lo zampino dei nostri valori.
Oggetto di studio sia della filosofia che delle scienze sociali, i valori sono, da una prospettiva psicologica, principi che, consentendo di esprimere delle preferenze, orientano l’azione volontaria nei vari àmbiti di vita; probabilmente sono anche delle rappresentazioni mentali di ciò che una persona afferma coscientemente essere importante. Inoltre, i valori contribuiscono a strutturare l’identità della persona: le ricerche di psicologia sociale sembrano dimostrare che agire coerentemente con i propri valori incrementi il senso di autenticità e lo studio dei valori è centrale nel tentativo di spiegare il benessere soggettivo, in quanto si ritiene quest’ultimo dipendente in modo primario dal vivere coerentemente rispetto ai propri valori di fondo, perché attraverso i valori si può costruire una traiettoria di vita che sia percepita come significativa.
Il professor Gian Vittorio Caprara ha evidenziato come i valori si pongano, probabilmente, a un livello meno profondo dei tratti di personalità e dei bisogni di base nell’orientare la condotta umana. In altre parole, dei nostri tratti di personalità (ossia le tendenze relativamente stabili e indipendenti dal contesto di pensare, sentire, agire) spesso non ci rendiamo conto, così come spesso non capiamo come siano i bisogni di base a determinare i comportamenti; quando invece entra in gioco la valutazione cosciente, allora si attivano anche i valori. Inoltre, i motivi o i bisogni sono presenti in ciascuno di noi in quanto homo sapiens, mentre i valori di ciascuno rappresentano il prodotto dell’influenza congiunta di natura e cultura.
Uno dei modelli più accreditati sulla sistematizzazione dei valori è quello di Shalom Schwartz, che identifica 10 core values universali, nel senso che sono presenti in tutte le culture umane a prescindere dalle specificità di ciascuna (sebbene nelle diverse culture alcuni valori siano più presenti o prioritari). Questo modello ipotizza che ciascun individuo ne faccia propri alcuni, che in questo modo diventano driver motivazionali, se non proprio espliciti comunque facilmente richiamabili alla coscienza (sicuramente non sono inconsci). Secondo Schwartz alcuni di questi valori sono più idonei di altri a favorire il benessere e l’accrescimento, mentre altri sono più funzionali a un atteggiamento protettivo, difensivo e di poca apertura a esperienze di crescita.
I valori universali secondo questo modello sono raggruppabili in quattro macro-categorie: apertura al cambiamento, autoaffermazione, conservatorismo e trascendenza, disponendosi lungo un continuum circolare nel quale quelli vicini sono i più simili e fanno parte della stessa macro-categoria.
I valori dell’apertura al cambiamento sarebbero l’autodirezione (come azione che privilegia la ricerca preferenziale dell’autonomia), la stimolazione (ricerca di condotte che facciano sentire adeguatamente stimolati), l’edonismo (ricerca dei piaceri dei sensi); i valori dell’autoaffermazione sono il successo (ricerca di azioni che dimostrino la propria competenza per ottenere prestigio sociale) e il potere (come ricerca di azioni di influenza e controllo su processi, cose, persone); i valori identificati come del conservatorismo sono la sicurezza (ricerca preferenziale di incolumità), la tradizione (preferenza per la tutela delle usanze che cementano l’unità sociale), il conformismo (preferenza per l’inibizione dei comportamenti che potrebbero essere valutati come anomali dal proprio gruppo sociale di riferimento); infine i valori della trascendenza sarebbero la benevolenza (come ricerca di azioni che tutelino le persone della propria cerchia sociale) e l’universalismo (in cui le azioni sono invece a tutela di tutte le persone e dell’ambiente).
Seguendo l’impostazione del modello di Schwartz, la stessa persona può coerentemente agire seguendo valori anche opposti purché ciascuno di essi si attivi in un campo diverso della propria vita oppure in fasi diverse del ciclo di vita: ad esempio una persona potrebbe cambiare spesso lavoro per agire coerentemente col proprio valore di ricerca di stimolazione e al tempo stesso rispetto alla vita familiare esprimere una preferenza per il rispetto delle consuetudini tradizionali. Allo stesso modo, una scelta politica a 20 anni potrebbe essere radicalmente diversa da una scelta politica compiuta a 30, e al di là dei casi in cui il cambiamento è meramente opportunistico, è davvero possibile che ci sia stato un cambio di valori politici nel corso di dieci anni.
Che tipo di ricadute pratiche hanno queste speculazioni di psicologia sociale?
Le persone soddisfatte della propria vita non sono immuni alle fluttuazioni emotive e non provano necessariamente con maggiore frequenza stati d’animo positivi rispetto a quelli neutri o negativi; esse però conducono una vita significativa. Sembra proprio che il significato – meaning – sia dato da due ingredienti principali: il fatto di trovare un senso – comprehension – che leghi gli eventi della vita, e il fatto di avere degli scopi – purpose – di lungo periodo determinati dalla motivazione intrinseca, generata dall’agire coerentemente con i propri valori e le proprie forze del carattere. Ecco quindi il ruolo chiave dei valori: quando abbiamo ben chiari quelli importanti per noi, abbiamo una bussola capace di orientarci con soddisfazione nelle nostre scelte. Non è un caso quindi che i valori siano oggetto esplicito d’intervento anche in alcune forme di terapia, counseling e coaching (i valori di un’organizzazione sono un aspetto decisivo del suo funzionamento peculiare). Non è un caso che in alcune esperienze educative d’avanguardia, agli studenti di scuole superiori si chieda di riflettere sui propri valori.
Come scrive Caprara:
“è soprattutto nella pratica e tramite l’esercizio del giudizio che i valori gradualmente estendono il proprio controllo su pensieri, affetti e condotte, tanto più quando le persone si appropriano di essi e contribuiscono a promuoverli e rinnovarli”.
FONTI
Caprara G.V., Motivare è riuscire, Bologna, Il Mulino, 2013
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