Dopo la chiusura dell’inchiesta il diciannove marzo, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per gli otto carabinieri indagati. Ci sono nuovi sviluppi sul caso della morte di Stefano Cucchi ormai avvenuta quasi dieci anni fa; noi ve ne avevamo già parlato QUI. Il vicebrigadiere dei carabinieri Francesco Tedesco ha deposto in aula, confermando le accuse ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Che accuse? I due carabinieri sono imputati di omicidio preterintenzionale per aver pestato il geometra romano, arrestato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 per spaccio di stupefacenti e deceduto il 21 ottobre 2009 presso il reparto di medicina protetta dell’Ospedale Pertini.
Ci son voluti quasi dieci anni per una deposizione da parte dell’Arma dei Carabinieri. In questi dieci anni non sono passati inosservati i segni, le fratture, le ecchimosi e gli ematomi di Cucchi al momento della morte. Ciò nonostante le forze dell’ordine e alcuni politici hanno sempre negato alcun coinvolgimento nella morte del giovane. Nello specifico Francesco Tedesco ha dichiarato:
“Al fotosegnalamento Cucchi si rifiutava di prendere le impronte: siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Alessio Di Bernardo è proseguito. Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D’Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete’, racconta Tedesco. Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbatté anche la testa. Io sentii un rumore della testa che batteva. Poi D’Alessandro gli diede un violento calcio all’altezza del volto”.
Insomma, nonostante fosse evidente il pestaggio ai danni di Cucchi a causa dei numerosi ematomi e lividi sul suo viso, lo stesso Alessio Di Bernardo e molti personaggi politici hanno negato sempre l’evidenza.
Alessio Di Bernardo ha affermato:
«Amo quella divisa che ho indossato con orgoglio fino a tre anni fa. Mai e poi mai, se quella notte fosse successo qualcosa, avrei taciuto. Avrei immediatamente e, non dopo nove anni, denunciato all’autorità giudiziaria, anche a costo che questa potesse ipotizzare un mio coinvolgimento».