Oggigiorno, sempre più genitori praticano il babywearing, per moda o per coniugare attenzioni verso il proprio figlio e attività quotidiane. Mettere “a contatto due cuori” sta diventando un vero e proprio business.
Il babywearing si pratica portando il proprio bambino come una ‘seconda pelle’. Si tratta di un atto di accudimento naturale e istintivo: è questa l’idea che sta alla base del fenomeno, che oggigiorno ormai si è diffuso anche in occidente. Chi decide di avvicinarsi a questa tecnica, deve essere consapevole che metterà in atto un comportamento biologico tipico e naturale della nostra specie, proprio in risposta ai bisogni di protezione e calore del piccolo.
Come nasce il babywearing? Alla base di questo modo di vivere i primi anni di vita dei propri figli ci sono gli insegnamenti della scuola tedesca ClauWi, nata a Dresda nel 1999. Fondatrici di questa scuola sono due madri di più bambini, che hanno cercato la soluzione migliore per occuparsi del resto della famiglia senza staccarsi dei figli minori. Infatti, il portatore (colui che porta il bimbo: la mamma, il papà o la persona che accudisce il piccolo) ha le mani libere e può dare la giusta dose di attenzioni ai fratelli o portare a termine le proprie attività quotidiane. Oltre all’evidente risvolto pratico, vi è quello emotivo legato al fatto che i bambini portati così vicini a una loro figura di riferimento, sentendosi al sicuro, sono sereni, piangono meno e si addormentano facilmente.
In Italia si sta assistendo a una diffusione, o meglio ‘invasione’ di questa tecnica, anche per una questione commerciale: sempre più aziende o fiere del settore (per esempio presso ‘Fà la cosa giusta’ viene sponsorizzato un servizio di noleggio di fasce) si specializzano in prodotti e servizi dedicati al babywearing. Prima dell’aspetto commerciale, c’è quello legato all’informazione su questa attrezzatura: il 30 aprile 2018 c’è stato il primo convegno italiano tenutosi a Roma, e in più dal 7 al 13 ottobre 2013 si festeggia la Settimana Internazionale del Portare i Bambini (IBW).
Il babywearing ha delle regole ben precise: fondamentale è una consulenza individuale o di gruppo, poiché la scelta del modello deve essere il più personale possibile. Questo aspetto nella pratica si ripercuote su tecniche di legatura, adatte a distribuire il peso nel modo migliore sul portatore, per essere comodi entrambi, portatore e bèbè. Per rendere il più sicuro possibile l’uso delle fasce, occorre prestare attenzione anche ai vestiti indossati dal proprio figlio: tutine o pantaloni non devono mai essere troppo attillati per evitare arrossamenti nella zona a contatto con il pannolino, ma soprattutto per evitare movimenti di scatto con cui il bambino proverà ad allungarsi e a trovare ulteriore comfort.
Il contatto con il genitore, attraverso questi supporti, assicura la costruzione di una solida fiducia tra portatore e bambino. Per essere certi che ciò avvenga nelle condizioni migliori, occorre scegliere il modello giusto. In generale si possono distinguere i supporti semistrutturati da quelli strutturati. Nel primo gruppo troviamo i RING, per esempio, una fascia ad anelli da portare sul fianco, pancia a pancia… magari più difficile da usufruire con i bambini di due o tre anni. O ancora c’è il modello METAI, un pannello e delle fasce regolabili. Per quanto riguarda il secondo gruppo invece, abbiamo il marsupio ergonomico, consigliato dai 5 mesi ai 4 anni, solo se viene rispettato il peso indicato e testato. Le fasce, inoltre, possono essere elastiche e avere una taglia unica o viceversa essere rigide con taglie precise, di cotone, di lino o di canapa.
Per rispondere a una richiesta sempre più ampia, il mondo del mercato sta diventando davvero molto vasto. La marca con la storia più lunga è la Didymos, nata nel 1971 grazie a Erika Hoffman, la quale, ispirandosi alle foto su ‘Children and their Mothers’, decise di dar vita alla prima industria europea dedicata alla produzione di fasce, che presero i nomi dai suoi quattro figli. A lei è dedicato un modello di fasce sponsorizzato sul gruppo Facebook @PiazzettaBabywearing, visto che nel 2017 la ‘madre del portare occidentale’ ci ha lasciati. Poi c’è Artipoppe , molto più cara (una fascia può costare anche migliaia di euro!), ma anche lei con una filosofia dietro. Continuando la carrellata ci sono Little Frog , azienda polacca, e Lennylamb, che punta sia sulla qualità, dispensando anche manuali d’istruzioni, che sul fashion con numerosissime fantasie. Oltre ai siti ufficiali, esistono gruppi d’acquisto organizzati dai consulenti, i quali richiedono fasce a tema, anche attuali (per esempio a tema Sailor Moon, Harry Potter o Grey’s Anatomy).
Insomma, questa fascia-mania sta spopolando ecommerce e pagine dedicate, ma portando con sé un messaggio davvero profondo e importante per i primi anni di vita di un bambino, ma anche di chi si prende cura di lui.