Fin dall’utero materno, la percezione che i nostri genitori hanno di noi varia molto in base a una discriminante ben precisa: il nostro sesso.
Quando siamo bambini ci insegnano che se sei un maschietto devi giocare con le macchinine, vestirti di blu e apprezzare il calcio; se sei una femminuccia devi fuggire qualsiasi cosa non sia di colore rosa, giocare con le bambole e imparare fin da subito ad amare la danza.
Ma chi ha deciso tutto ciò?
Raggiunta l’eta della pubertà questo discrimine diviene ancora più importante e le donne capiscono di diversificarsi dai coetanei per un particolare di certo non di poco conto: il ciclo!
Le mestruazioni sono viste dalle ragazzine come un segreto da mantenere e da rivelare solo alle donne, quasi fossero qualcosa di vergognoso per il quale provare imbarazzo. Iniziano così le prime fughe in bagno con l’amica per nascondere il “nefasto avvenimento”, accompagnate dalle migliori strategie per non rivelare di aver con sé un pacchetto di assorbenti. Da piccole sembra più semplice mentire piuttosto che rivelare di avere il ciclo.
Sono solo mestruazioni ed è nella nostra natura averle.
Raggiunta l’età adulta, le donne si svestono della credenza che avere il ciclo sia un male supremo da nascondere, ma imparano presto che in quei 5 giorni non si possono lamentare.
“Una donna è forte -ci viene detto- durante il ciclo deve far tutto, la vita non aspetta!”
Può sembrare una descrizione esagerata della realtà, soprattutto dal momento che ci impegniamo continuamente per l’abbattimento delle differenze di genere.
La verità, ed è dura da digerire, è che siamo tutt’altro che vicini al lasciarci alle spalle queste discriminazioni di genere, facilmente riscontrabili in qualsiasi aspetto della nostra vita, dalla sfera privata a quella lavorativa.
Avere il ciclo non è di certo una tragedia; c’è, purtroppo, di molto peggio, ma per alcune donne quei maledettissimi 5 giorni si rivelano un problema da non sottovalutare: il dolore è talmente acuto da impedire alle stesse di uscire di casa, ricorrendo a un uso massiccio di antidolorifici e saltando appuntamenti importanti della vita di tutti i giorni come esami, visite mediche e feste. Molto spesso le donne che avvertono questo tipo di disturbo sono costrette a sottoporsi a pareri medici differenti prima di essere prese sul serio e trovare un ginecologo che non le liquidi rispondendo: “Durante il ciclo è normalissimo avere i crampi, provi ad assumere un oki.”
Spesso la causa di tutto ciò è molto più complessa di quel che pensiamo: un dolore troppo acuto potrebbe essere causato dall’endometriosi.
Che cos’è l’endometriosi?
E’ una domanda più che lecita dal momento che questa malattia è stata inserita come patologia cronica nei nuovi Livelli essenziali di assistenza solamente il 13 gennaio 2017.
“Si tratta di una patologia benigna tipica dell’età fertile- spiega Laura Buggio, ricercatrice del Policlinico di Milano- caratterizzata dalla presenza del tessuto endometriale, ovvero il tessuto che riveste le pareti interne della cavità uterina, al di fuori dell’utero, in varie sedi e in altri organi.”
Sono circa 150 milioni nel mondo le donne affette da questa malattia, di cui 16 milioni in Europa. E’ difficile stabilirne con esattezza le cause: l’ipotesi più accreditata è che possa derivare da un reflusso trans-tubarico di cellule endometriali vitali durante il ciclo o che la patologia possa essere la conseguenza della modificazione del tessuto di rivestimento della pelvi.Come per moltissime malattie ha una sua influenza anche il fattore genetico.
Nel 20-25 % dei casi l’ endometriosi si manifesta in modo asintomatico e la diagnosi è spesso casuale e formulata durante interventi chirurgici per altri scopi; nei casi asintomatici, invece, la donna accusa spesso dolore durante i rapporti sessuali, la defecazione e l’emissione di urina.
E’ un male tanto silente quanto infido; pochi lo conoscono e sanno che può davvero cambiare in peggio la vita di una donna. Pensiamo per esempio al caso di una donna che voglia diventare madre: in presenza di endometriosi può solo sperare nella fecondazione assistita, ma spesso anche questa soluzione non si rivela efficace. Inoltre una giovane ragazza affetta da tale patologia teme l’opinione altrui e prova forti sensi di colpa. Alle paure si accompagnano spesso i commenti poco graditi di amici e parenti che, una volta venuti a conoscenza della triste diagnosi, sono soliti rassicurare la donna con frasi del tipo:
“Hai l’endometriosi, mica hai un tumore. Puoi benissimo vivere anche senza fare figli, esiste pur sempre l’adozione!“
Oltre il danno, la beffa!
Fa male pensare che nella nostra società non ci si possa mai lamentare: è vero, c’è sempre chi sta peggio di noi, ma non è una gara. Chi ha l’endometriosi merita di essere capita e di esprimersi, motivo per cui la ricerca medica è spesso affiancata dalla promozione di forum, che si configurano come luoghi virtuali di confronto e di supporto. Ne è un esempio il forum promosso dalla Fondazione Italiana dell’ Endometriosi, che da anni si occupa di consolidare la ricerca medica in questo ambito, utilizzando i dati clinici provenienti dal Centro Italiano dell’ Endometriosi e dal Centro di Fondazione.