Si chiama Novecento: Nuovi percorsi, ed è un progetto elaborato dalla Direzione e dal Comitato scientifico del Museo del Novecento di Milano. Il museo è nato all’interno del Palazzo dell’Arengario in Piazza Duomo nel 2010, con l’intento di raccontare l’arte del secolo scorso in tutte le sue innumerevoli trasformazioni e consentire una migliore e più ampia visione delle collezioni che Milano ha ereditato nel tempo, ospitando una collezione di oltre quattromila opere. Accanto all’attività espositiva il museo è impegnato nell’opera di conservazione, studio e promozione del patrimonio culturale e artistico italiano del XX secolo con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico ampio e trasversale.
L’idea per i nuovi allestimenti è di partire da una rilettura del patrimonio stesso del museo, nell’ambito di un programma generale di rinnovamento che terminerà nel 2020, quando il Museo del Novecento festeggerà il suo decimo anno di attività. Sono due le linee guida: la prima è una riflessione nuova sulla produzione di Marino Marini, con un allestimento che, sfruttando lo splendido affaccio sulla piazzetta Reale, vuole sottolineare i rapporti dell’artista con Milano; la seconda è l’ampliamento dell’itinerario museale, dedicato in particolar modo alla seconda metà del Novecento, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, per rilanciare l’arte italiana in un contesto d’interazione con la scena artistica internazionale tramite un’accurata riflessione sul Novecento come terreno fertile per le sperimentazioni artistiche.
È il frutto di due anni di lavoro della direzione e del comitato scientifico. A nove anni dall’apertura, il percorso del museo doveva essere rinnovato e questo è il primo step. Ma non per correggere eventuali errori, più semplicemente perché un museo ha in sé diverse storie e deve saperle raccontare, come deve saper offrire punti di vista differenti. In fondo, selezionando gli artisti e le opere in un ordinamento museale, si sceglie di rappresentare una narrazione che può essere più o meno significativa o più o meno completa, e comunque sempre parziale. Perciò credo che non si possa e non si debba considerare un punto di arrivo ma piuttosto un processo di arricchimento che mette in luce e in relazione nuovi dialoghi della ricerca artistica, attraverso opere che erano nei depositi e altre più recentemente acquisite
ha spiegato Anna Maria Montaldo, direttrice del Polo di Arte Moderna e Contemporanea del museo, in un’intervista per «Artribune».
Un nuovo volto, quindi, che affonda da una parte le radici all’inizio del secolo con Marino Marini, e dall’altra amplia la collezione degli ultimi decenni con l’analisi di pittura, installazione e fotografia, tra Pop Art, arte povera e concettuale. Il progetto è parte di un programma di rivisitazione che interessa la sfera museografica, museologica e storico-artistica. Dalle sale del quarto piano, il corpus di opere di Marino Marini (Pistoia, 1901 – Viareggio, 1980) trova la sua nuova sistemazione negli spazi sottostanti la Sala Fontana: un cambiamento che permette di inserire i lavori in modo più coerente nel percorso cronologico, collocandosi tra Fausto Melotti e Lucio Fontana.
Le sale che ospitavano precedentemente Marini saranno invece dedicate al periodo compreso tra gli inizi degli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Moltissime nuove opere, grazie sia all’esposizione della Collezione Bianca e Mario Bertolini, donata nel 2015 al Comune di Milano, sia a prestiti e comodati d’uso concessi da una rete di fondazioni, archivi e collezionisti. Qui troviamo per esempio i lavori di Mario Ceroli, Renato Mambor, Mario Schifano e Bepi Romagnoni presentati accanto a Andy Warhol, Robert Rauschenberg e Richard Hamilton; lo scenario italiano e quello internazionale vengono perciò messi in dialogo. Alla torinese Carol Rama, invece, è stata dedicata una saletta monografica con l’installazione Presagi di Birnam (1970), acquisizione museale del 2012.
Le ultime sale, per finire, sono dedicate all’arte italiana: Luciano Fabro (anche lui con ambiente dedicato), Giovanni Anselmo, Amalia Del Ponte, Jannis Kounellis, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio, sono gli autori attraverso i quali si spiega il percorso cronologico. Percorso che termina negli anni Ottanta, decennio in cui il concetto di narrazione e di soggettività torna al centro della produzione artistica: qui troviamo artisti come Paolo Icaro, Mimmo Paladino e Giuseppe Spagnulo.