“The Wall”: il viaggio attraverso l’album

1979-2019: quarant’anni di The Wall, uno degli album più importanti della storia della musica, del rock e, inutile dirlo, della storia dei Pink Floyd, che decisamente non hanno bisogno di presentazioni.

Anche l’anno di uscita dell’album è importante. Il 1979 è stato l’anno che ha ufficializzato l’allontanamento dalla band del tastierista Richard Wright (avvenuto proprio durante le registrazioni in studio di The Wall), che comunque continuò a suonare durante il tour del 1980-81, anche se come turnista.

Sicuramente questo è un album memorabile anche per le vendite: è senza dubbio uno degli album doppi più venduti al mondo, con una stima attuale di circa 30 milioni di copie vendute. Per non parlare dell’ottantasettesima posizione nella notoria classifica 500 Greatest Albums of All Time stilata da «Rolling Stone».

Copertina dell’album The Wall.

Ma l’elemento che più ha contribuito a rendere celebre quest’album negli anni, e che davvero gli ha assicurato per sempre uno spazio nella memoria di tutti, è proprio il titolo: il muro. Questo titolo è l’emblema di ciò che isola dal mare magnum che compone tutto il resto del mondo. Del resto, il significato dell’album è proprio quello: prima ancora di qualsivoglia interpretazione politica gli si voglia attribuire (che comunque non è errata e non è rifiutata da Waters in persona), e della quale si può leggere quiThe Wall è un album che parla di isolamento, di alienazione nel senso letterale del termine, della divisione da ciò che è altro da sé. Il muro di cui Roger Waters parla è una barriera che si frappone tra sé e gli altri, o meglio, tra gli altri e la rockstar Pink, personaggio fittizio basato sullo stesso Waters e su Syd Barrett e protagonista della storia di questo concept album.

Prima di percorrere la storia di Pink attraverso le ventisei tracce dalle quali The Wall è formato, si sottolinea che vi è una marcata vena autobiografica impressa da Waters in questi testi che, infatti, sono stati scritti quasi tutti da lui (fatta eccezione per Young Lust, Run Like Hell e Comfortably Numb, che vedono la partecipazione anche di Gilmour, e di The Trial, composta invece da Waters insieme a Bob Ezrin, uno dei produttori). Numerosi sono quindi i riferimenti alla propria vita. È come se avesse voluto lasciare in eredità a quest’album tutti i propri sentimenti di quel periodo, oltre alla storia della sua esistenza privata.

Booklet di The Wall con i testi delle prime tracce dell’album.

IN MEDIAS RES (traccia 1)

La prima traccia, In the Flesh?, introduce l’ascoltatore nel bel mezzo di un concerto di Pink (il titolo è un riferimento al tour della band del 1977, chiamato “Pink Floyd in the Flesh”). Il testo esorta a non godersi soltanto lo show in modo spensierato, ma a tentare di percepire ciò che realmente si cela dietro ai freddi occhi della rockstar. Da qui, si apre un lungo flashback che terminerà solo con l’ottava traccia del secondo CD (quindi la ventunesima).

GLI ORRORI E I TRAUMI DELLA VITA DI PINK (tracce 2-6)

Fin dal principio, dalla sua nascita (la canzone si apre con il vagito di un neonato) a Pink viene offerta una visione disincantata della vita: nella seconda traccia, The Thin Ice, lo si coglie chiaramente.

And the sea may look warm to you, babe
and the sky may look blue […]

If you should go skating on the thin ice of modern life,
dragging behind you the silent reproach of a million tear stained eyes,
don’t be surprised when a crack in the ice
appears under your feet.
You slip out of your depth and out of your mind
with your fear flowing out behind you as you claw the thin ice.

Già dai suoi primissimi momenti di vita, Pink, orfano di padre (come si scopre dal primissimo verso della terza traccia Another Brick in the Wall pt.1), ci viene sostanzialmente designato come impaurito: la sua psiche è fortemente scossa da questo evento. Tutto ciò che il padre ha lasciato al figlio è un’istantanea nell’album di famiglia: “Daddy, what else did you leave for me?”, chiede Pink, facendo subito dopo riferimento al famoso wall. Infatti dal testo si evince chiaramente che è con la presa di consapevolezza della morte del padre che la rockstar inizia a erigere il muro di isolamento tra sé e gli altri.

(Qui non si sta parlando solo di Pink: Waters stesso ha perso il padre oltreoceano a causa della guerra. Questa non è solo la storia di una rockstar immaginaria, è la storia di un’intera generazione di bambini abbandonati e di famiglie devastate dal conflitto.)

Quarta traccia: The Happiest Days of our Lives. Abbandonato il breve resoconto della tragica infanzia segnata dal lutto, si passa a trattare la carriera scolastica del protagonista, anche nella traccia successiva, Another Brick in the Wall pt.2. Qui Waters si scaglia in modo abbastanza forte contro il sistema inglese e contro i cattivi insegnanti. L’ambiente in cui è stato cresciuto e educato era un ambiente basato sulle punizioni corporali e sulla soppressione della personalità degli alunni. Come Waters stesso affermava in una vecchia intervista in radio:

it’s not meant to be a blanket condemnation of teachers everywhere, but the “bad” ones can really do people in – and there were some at my school who were just incredibly bad and treated the children so badly, just putting them down, putting them down, you know, all the time. Never encouraging them to do things, not really trying to interest them in anything, just trying to keep them quiet and still, and crush them into the right shape, so that they would go to university and “do well”.

Mettendo da parte la tematica scolastica e dell’educazione, la sesta traccia, Mother, si focalizza su un altro importante “trauma” riguardante, come recita il titolo, la madre. La donna viene descrittacome iperprotettiva, sembra quasi che voglia prendere il controllo della vita del figlio. La maggior parte della canzone è sotto forma di elenco: sono presenti le più disparate domande che Pink ipoteticamente vorrebbe fare alla donna (se debba fidarsi del governo, che tipo di donna sia giusta per lui, se agli altri piacerà la canzone, e così via). Il rapporto tra i due contribuisce all’innalzamento del muro (“Oh, mother, should I build a wall?”).

CHIUSA DELLA PRIMA PARTE (traccia 7)

Goodbye Blue Sky, settima traccia, si apre con il cinguettio degli uccellini che fa quasi sperare in un clima più sereno di quello dei pezzi precedenti: ovviamente non è così. Waters (nella stessa intervista citata precedentemente) definisce questa canzone un recap del lato A del vinile (questa è infatti l’inizio del B).

IL RAPPORTO CON LA MOGLIE: INCOMUNICABILITÀ (tracce 8-11)

L’ottava traccia, Empty Spaces, recita:

What shall we use to fill the empty
spaces where we used to talk?
How shall I fill the final places?
How shall I complete the wall?

Quindi si parla già di un muro ormai ben eretto, che va solo completato e, quasi specularmente, di una serie di spazi vuoti creatisi a causa di un altro problema: la mancanza di comunicazione. Questa canzone, insieme a quelle immediatamente successive, tratta infatti del rapporto con la moglie, caratterizzato da un clima di incomprensione che porterà ad alcune situazioni estreme.

The Wall Live (tour da solista di Roger Waters), 15/09/2010, live a Toronto, Canada

Ecco che subito dopo arriva Young Lust: è la descrizione del periodo di gloria di Pink, un periodo di lontananza, libertà totale e disinibizione. Tratta della voglia della rockstar in tour di divertirsi ed essere confortato dalle donne del posto, quindi è un periodo che egli passa lontano da casa, come si può intuire dalla parte finale della canzone: un tentativo di chiamata da parte di Mr. Floyd a Mrs. Floyd. Una chiamata solo potenziale in quanto la moglie si rifiuta di rispondere al telefono, con l’insinuazione finale dell’idea che rigettare la chiamata sia un uomo. Quindi si tratterebbe di un tradimento.

Il tema del tradimento si riversa anche nella decima traccia che, come dice già il titolo (One of my Turns) parla di un eccesso di follia da parte del cantante. Pink, distrutto dal dolore per i problemi all’interno del suo matrimonio, dopo un concerto decide di portare con sé in hotel una ragazza del posto. Ma lì ha una crisi e la ragazza si spaventa, Pink tenta di esortarla a non essere spaventata “don’t look so frightened, this is just a passing phase, just one of my bad days”. Segue, dopo che la ragazza è scappata, Don’t Leave Me Now. Più che essere una canzone dedicata strettamente alla groupie che lo ha appena lasciato o alla moglie, è dedicata a un “tu” generico. La canzone scaturisce dal senso di colpevolezza che il cantante ha addosso, mostrando di non riuscire a sopportare la sua solitudine.

PINK TOCCA IL FONDO: IL MURO È COMPLETO (tracce 12-13) 

La reazione a questo senso di mal sopportazione, all’incapacità di tollerare la sua situazione si palesa con Another Brick in the Wall pt.3:

I don’t need no arms around me,
I don’t need no drugs to calm me,
I have seen the writing on the wall.
Don’t think I need anything at all.
No don’t think I’ll need anything at all.
All in all it was all just bricks in the wall.
All in all you were just bricks in the wall.

Qui Pink, quasi per autodifesa, decide che da quel momento in poi non avrà più bisogno di nessuno. L’unico modo per cessare l’autocommiserazione, a questo punto, è completare il muro: e lo fa. Alla fine si capisce che tutto ciò che ha avuto un significato, come i rapporti con le persone importanti nella vita, ha contribuito mattone per mattone a costruire il muro. Da qui ha origine Goodbye Cruel World, l’addio ufficiale di Pink al mondo esterno.

(Con questa tredicesima traccia si chiude il primo CD del doppio album, ed era solita anche chiudersi la prima parte dello show durante il tour della band. Come Waters stesso spiega, a quel punto del concerto vi era un muro ormai eretto completamente, eccezione fatta per un mattone, che veniva inserito alla fine dell’ultimo goodbye pronunciato alla fine della canzone.)

SOLITUDINE E INCOMPRENSIONE… (tracce 14-18)

Il secondo CD si apre con Hey You: nonostante il tentato auto-convincersi di non avere bisogno di nessuno, Pink, rimasto da solo simbolicamente (dietro al muro) e fisicamente (nella stanza dell’hotel), tenta di approcciarsi nuovamente con l’esterno. Ma invano, perché il suo decadimento psicologico), dovuto all’isolamento, è già iniziato:

But it was only a fantasy,
the wall was too high as you can see.
No matter how he tried, he could not break free
and the worms ate into his brain.

Nonostante le successive richieste insistenti, con Is There Anybody Out There?, Pink non può ricevere aiuto. E non può riceverlo per un motivo molto semplice: nessuno lo sente, è da solo. La medesima tematica è ripresa quindi nella successiva Nobody Home, sedicesima traccia dell’album.

Successivamente, con Vera, si ha un cambiamento (seppur minimo) di scena: sulla TV accesa è apparso a Pink un film sulla Seconda guerra mondiale. Quindi è inevitabile che ritorni la tematica della morte del padre: Vera, che dà il titolo alla canzone, altri non è che Vera Lynn, cantante inglese degli anni Quaranta, famosa come autrice di canzone patriottiche. Pink fa riferimento a una canzone dove Vera affermava che, a seguito dei combattimenti, le famiglie di cui si parlava si sarebbero ricongiunte. Cosa che, come già detto, non è avvenuta né per Pink né per Waters. Lo stesso motivo continua ininterrottamente a essere affrontato anche in Bring the Boys Back Home.

…MA LO SPETTACOLO DEVE CONTINUARE: IL MEDICO E LE DROGHE (tracce 19-21)

La diciannovesima traccia, Comfortably Numb, vede l’arrivo di un nuovo personaggio: un medico. Il cantante deve esibirsi, ma ha capito che c’è qualcosa che non va e per questo viene chiamato un dottore. A nessuno importa davvero dello stato di Pink: tutto ciò che conta è che egli sia in grado di alzarsi e di affrontare lo show. “Just a little pinprick, there’ll be no more aaaah”, una piccola puntura e tutto si sistemerà. Perché tutto ciò che importa agli altri è che The Show Must Go On.

Arrivati alla ventunesima traccia, In the Flesh, il flashback termina. La rockstar è pronta per affrontare il pubblico. O no?

SHOW ALLUCINATO: DA ROCKSTAR A DITTATORE (tracce 22-24)

Decisamente no. Pink, sotto effetto delle droghe somministrategli dal medico per far si che si alzasse e andasse sul palco, si trasforma in un essere spregevole e afferma di voler isolare, nel pubblico, tutti coloro che reputa indesiderati (omosessuali, eberei, neri, ecc.). La rockstar si è trasformata in un dittatore. La performance alterata continua ancora con la successiva Run Like Hell.

L’apice delle allucinazioni si ha però con Waiting for The Worms: qui, oltre a essere trasposto metaforicamente ciò che avviene sul palco, vi è la ripresa di una serie di tematiche presenti in altre parti dell’album. Numerosissime volte continua a essere nominato il famoso wall, affermando che Pink è intenzionato ad aspettare dietro alla sua barricata il decadimento completo. Si ha poi nuovamente l’addio al mondo crudele (traccia tredici), il riferimento ai vermi (traccia quattordici) e l‘odio nei confronti delle categorie umane usualmente discriminate, con un notevole ampliamento e sviluppo di quest’ultima tematica.

Ma poi, di colpo, Stop. L’effetto delle droghe scompare. Pink si ritrova sul palco e non vuole più il ruolo di dittatore che si è auto-affibbiato in preda alle allucinazioni. Ora vuole solo togliersi quella divisa. E vuole anche sottoporsi a un processo, un processo che nessuno ha voluto se non lui. Ecco che si arriva a The Trial, ormai ventiquattresima traccia.

DA DITTATORE A IMPUTATO (traccia 22)

Il processo che si svolge interamente nella testa di Pink vede se stesso come imputato. Vengono chiamate a testimoniare sia la moglie del cantante che la madre, personaggi importanti nella costruzione del muro). La moglie non ha molto di positivo da dire sul marito, la madre prega affinché il figlio venga rilasciato. Ma alla fine quello che conta è il colpo di scena finale: la sentenza del giudice decreta che il muro venga abbattuto.

THE END: LA CADUTA DEL MURO (traccia 23)

Parte finale del booklet di The Wall.

L’ultima traccia, Outside the Wall, non si riferisce tanto alla storia di Pink, ma funge un po’ da “morale della favola”. È come se dichiarasse l’impossibilità per l’uomo di isolarsi completamente e di istituire una barriera tra sé e gli altri. D’altra parte, nonostante ci sia sempre qualcuno disposto ad abbattere l’isolamento volontario, le persone “walk up and down outside the wall”. Quindi nulla è eterno, anche chi ti comprende e sta con te può decidere di abbandonarti nel momento in cui il muro è troppo alto.

After all, it’s not easy banging your heart against some mad buggers wall.

 

FONTI

Ilpost.it

Ondarock.it

Booklet di The Wall, Pink Floyd, Digital Remaster (2011), EMI Records Ltd.

Fabiosroom.eu 1

Pink-floyd.org

Fabiosroom.eu 2

 

 

 

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