Gli artisti trasmettono emozioni, raccontano storie universali o private tramite i propri lavori. Félix Gonzalez-Torres (1957-1996) ha fatto entrambe le cose, rappresentando nel modo più sincero i sentimenti umani, attraverso la propria esperienza di vita. La storia che ha scelto di narrare sul palcoscenico dell’arte, è autobiografica e ruota attorno al suo amore perduto.
Gonzalez-Torres nasce nel 1957 a Guáimaro, a Cuba. Nel 1979 si trasferisce a New York dove studia arte e consegue un master in Fine arts nel 1987. Ha avuto successo e fama molto presto, coronate da alcune mostre personali di rilievo nel corso degli anni Novanta: la prima presso la Andrea Rosen Gallery nel 1990, e le successive presso il Museum of Modern Art (1992), il Solomon R. Guggenheim Museum di New York (1995), la Serpentine Gallery di Londra (2000).
Gonzalez-Torres si spegne per complicazioni legate all’AIDS nel 1996, a soli 39 anni. Ha avuto una vita e una carriera brevi, ma intense.
La sua arte è fin dagli inizi fortemente influenzata dalla corrente concettuale e minimalista, da cui riprende le forme pulite, l’ordine, e il metodo espositivo dell’installazione. Le sue opere sono quasi sempre autobiografiche, dedicate a una persona ben precisa, e quando non lo sono, trattano argomenti con un forte peso sociale, come la situazione delle minoranze, in particolare della comunità omosessuale, l’AIDS e la politica contemporanea.
Quando si tratta di opere narranti la sua vita, Gonzalez-Torres si concentra sulla propria tragedia personale: il dramma di aver perso Ross Laycock, il compagno tanto amato, a causa dell’AIDS. I due si erano conosciuti nel 1983, a New York, e Ross è scomparso nel 1991. Riguardo questo evento, tutto quello che Gonzalez-Torres riesce a scrivere è:
1991 the world I knew is gone.
Il dolore per aver perso il proprio amore è troppo grande, non esistono parole adatte a descriverlo. Meglio utilizzare l’arte allora, per raccontare la solitudine devastante che sembra regnare sul mondo intero ora che Ross non c’è più, così da elaborare il lutto e rendere omaggio al compagno perduto. L’artista decide di raccontare la propria esperienza al fianco di Ross, e come la morte di una delle due parti della coppia abbia influito sull’altra. Non tratta soltanto la morte, quanto la lenta erosione della perdita data dall’AIDS. Ecco allora i suoi famosi accumuli di caramelle, opere effimere composte da materiali e oggetti di vario genere (caramelle, fogli stampati…), da cui il visitatore è invitato a sottrarre una o più parti dell’insieme, a suo piacimento, oppure non prendere nulla.
Questo genere di opere sono state interpretate dalla critica come una metafora della malattia, che porta a una fine lenta, ma inevitabile. Allo stesso tempo però, se tutti – o quasi – i visitatori decidessero di non intaccare l’opera, questa sopravviverebbe. Potrebbe quindi essere un ragionamento legato all’AIDS, ma anche una speranza, un appiglio che l’artista ha reso concreto, per darsi conforto.
Opere come “Untitled” (Portrait of Ross in L.A.), del 1991, trattano chiaramente questo tema.
Gonzalez-Torres lavora su tematiche comprensibili a tutti, perché umane, e lavora sui momenti più difficili e drammatici. Ecco quindi la riflessione attorno alla coppia e al legame tra le due parti.
In lavori come “Untitled” (Perfect Lovers) del 1987-1990, due orologi identici hanno le lancette ferme sulla stessa ora. Il tempo sembra fermarsi quando si è con la persona amata, non esiste altro all’infuori di lei, nemmeno la realtà. Fintanto che si è nello stesso punto, nello stesso tempo, si è vicini, insieme: due amanti immobili sono perfetti, intoccabili. Poi, quando la propria metà viene portata via, il tempo ricomincia a scorrere contro la propria volontà, crudele. Ed ecco che non si è più insieme, non si è più sulla stessa lunghezza d’onda, ed è la fine. Esattamente come gli orologi, inizialmente fermi sullo stesso istante, poi uno dei due inizierà inevitabilmente ad andare fuori tempo, ad avere uno scarto di un secondo che poi aumenterà fino a diventare una voragine incolmabile. Basta così poco per perdere ogni cosa.
Un omaggio esplicito a Ross, è l’opera “Untitled” (Billboard of an Empty Bed) del 1991. Si tratta di una fotografia del letto dei due amanti, vuoto e sfatto, con ancora le impronte dei loro corpi impresse. Una fotografia struggente che racchiude tutta la disperazione e il dolore per la perdita del compagno, e l’artista decide di farne un manifesto e appenderlo nel bel mezzo di Manhattan: il mondo intero deve sapere come ci si sente ad aver perso tutto e a esserne sopravvissuto.
Torres si concentra soprattutto sulla solitudine, non tanto in quanto singolo in un mondo di altri singoli, ma piuttosto in quanto singolo che ha perso l’altra parte. La sua solitudine è sempre quella data dalla mancanza dell’altro, come in “Untitled” (Loverboy) del 1989, dove due tende identiche su due finestre identiche sono mosse dal vento.
Sono opere semplici in apparenza, ma così ricche, in cui ognuno può facilmente identificarsi e identificare il proprio dolore, la propria nostalgia, la propria esperienza. Gonzales-Torres parla a un pubblico universale, perché il suo campo di lavoro sono le emozioni e le sensazioni che tutti, nessun escluso, hanno provato vivendo.
Nel 2002 è stata creata la Felix Gonzalez-Torres Foundation, con lo scopo di conservare e divulgare il lavoro dell’artista. Dal 2014 il suo direttore è Emilie Keldie.