Fin dal 1999 quella che è nota come la “Repubblica Bolivariana di Venezuela” è uno stato sociale e fonda la sua costituzione sui “valori di libertà, uguaglianza, giustizia e pace internazionale nella dottrina di Simón Bolivar, il Liberatore”. Nota per essere stata eletta a “nuova Cuba” nell’America del Sud, il Venezuela è teatro da ormai molti. anni di eventi tristi: crisi economiche e crisi politiche.
Eppure, se si vuole tornare indietro quasi a 50 anni fa, si può ricordare un paese ricco, la cui “pecca” era considerato come sistema economico estremamente sottosviluppato Le ricchezze infatti provenienti dai proventi dell’industria petrolifera, non venivano condivise con il resto della popolazione e facevano mantenere un sistema basato sulla diseguaglianza sociale. Fu proprio in un simile contesto di malcontento, per lo più nelle fasce più povere, che Ugo Chavez, in seguito al fallito golpe del 1992 divenne simbolo dell’indipendenza e dell’emancipazione dei popoli latino-americani. Fama che gli regalò la nomina di Presidente della Repubblica nel 1999. Nazionalizzò le industrie e ridistribuì i proventi della rendita petrolifera, incorniciando la sua azione politica con riforme sociali. Volto della sinistra latino-americana, nemico degli USA e anti-imperialista, Chavez muore nel 2013, lasciando il paese nelle mani di Maduro e in una condizione economica di totale dipendenza dal petrolio.In un contesto socio-economico non ottimale, hanno avuto luogo le decisive elezioni per il rinnovo della carica presidenziale. È il maggio del 2018 quando Maduro è rieletto come Presidente del Venezuela, con il 70% dei voti a favore. Ma è una votazione senza opposizioni, dove la stessa Assemblea Nazionale di Caracas a quasi 6 mesi di distanza dichiara invalido il risultato, nominando Juan Guaidò presidente ad interim del Venezuela. Guaidò, esponente del partito Voluntad Populare e presidente del parlamento di Caracas dal gennaio del 2019, indaga sulle azioni di corruzione della classe dirigente e richiama le masse alla possibilità di una nuova costituzione e l’uscita da una crisi dilaniante. Così il 23 gennaio, nel giorno dell’anniversario del colpo di stato del 1958 che rovesciò la dittatura militare, ora ricordato come “il giorno del ritorno alla democrazia”, Juan Guaidò, appellandosi alle parole dell’articolo 233 della Costituzione, sale al potere. Ad appoggiare l’autoproclamazione vi è il gruppo Lima, costituito da ben 13 Paesi dell’America Latina, il presidente americano Donald Trump e l’Unione Europea o quasi. Lontani da questa linea sono invece il Messico, che come lo Stato del Vaticano ha optato per una posizione neutrale, la Cina e la Russia.
Questi ultimi sono i Paesi che nutrono tra i più alti interessi verso il paese sudamericano. È proprio la terra di Mao che tesse le lodi del Presidente Maduro da tempo, per l’alleanza che li lega, fondata sullo scambio di prestiti in cambio di grandi quantità di petrolio. La Russia non cede al dibattito, vedendo invece nel paese la possibilità di bilanciare l’espansione delle basi della Nato a Est, in particolare con la costruzione di una base aerea nell’isola di La Orchila. Russia e Venezuela, inoltre, basano la loro alleanza sul reciproco scambio di forniture militari (da parte della Russia) e di petrolio (da parte del Venezuela). Invece il repentino interesse dimostrato dal presidente americano non è spinto da interessi di natura umanitaria: Gli USA godono da anni del petrolio venezuelano, e lo stesso John Bolton ha affermato quanto possa essere utile la presidenza dell’oppositore di Maduro all’aumento dei guadagni per le compagnie petroliere statunitensi; eppure non è neanche il solo forte interesse economico a stringere i due paesi. Il Venezuela ha un valore simbolico: la sua insubordinazione agli Stati Uniti con la rivoluzione di Chavez, il legame con Cuba (21% del Pil cubano dipende da Caracas), sono i fattori decisivi.