Il mito dell’eterna giovinezza

Il mito dell’eterna giovinezza – che non va confuso con quello del desiderio d’immortalità – ambisce al mantenimento di quell’età della vita in cui sono esaltate, all’apice del loro splendore, le qualità della forza e della bellezza umana. Si può quindi fare riferimento al concetto filosofico e mitologico del poter vivere eternamente senza invecchiare stabilizzando la trasformazione della maturazione fisica e psicologica che precede l’età adulta e la conseguente inevitabile vecchiaia. Rendere immortale la giovinezza è una caratteristica che si riscontra nei miti di molteplici culture arcaiche e che appartiene come elemento esclusivo degli Dei o semidei.

Nella mitologia greca per esempio, Selene, Dea della luna, si innamora perdutamente di un bellissimo giovane mortale, Endimione, al punto da chiedere a suo padre Zeus di concedergli un’eterna giovinezza per non smettere mai di amarlo. Zeus, tuttavia, lo fece sprofondare in un sonno eterno che gli diede anche una giovinezza eterna, in modo che Selene potesse tornare ogni notte a trovarlo. Un altro famoso mito è quello di Ganimede, avvenente giovane rapito da Zeus e reso immortale per farne il suo coppiere in sostituzione di Ebe, la Dea dell’eterna giovinezza che aveva il compito di servire agli Dei l’ambrosia, la bevanda di cui si nutrivano per rimanere giovani e immortali.

Da questi miti classici si diffonde nel medioevo una nuova mitologia di ricerca della fonte della giovinezza come leggendaria sorgente che si troverebbe nel giardino dell’eden e che ringiovanisce chiunque ci si bagna. Nasce quindi la figura simbolica del Sacro Graal che guarisce da ogni ferita e dona vita eterna, alla cui ricerca di dedicarono i cavalieri di Re Artù. Dell’esistenza del Graal vi è anche un riferimento nella lettera del leggendario Prete e Re Gianni dell’estremo oriente, citato anche da Marco Polo nel suo Milione. Nel suo regno, afferma Gianni in una sua missiva all’Imperatore d’Oriente (1165), vi è infatti una fonte miracolosa che fa ringiovanire ogni vecchio fino all’età di trentadue anni.

Dopo la scoperta del nuovo mondo, l’esploratore spagnolo Juan Ponce de Léon si mise alla ricerca della leggendaria fonte che nei suoi scritti situava nell’arcipelago caraibico, sopra un monte invalicabile di un’isola sperduta nell’oceano. Nel racconto della sua affascinante ricerca di questa leggendaria fonte, Juan condusse la sua flotta a diverse esplorazioni che alla fine lo portarono alla scoperta della Florida nel 1513.

Dal mondo medievale il mito passa all’epoca degli alchimisti di Paracelso e Cagliostro e del loro tentativo di ottenere la pietra filosofale a cui venivano attribuite le proprietà “dell’elisir di lunga vita” che nella trasformazione alchemica delle sostanze organiche aveva il potere di rinnovarle e dare all’uomo l’eterna giovinezza. L’alchimia come scienza sperimentale di origine araba e cinese fu oggetto di studio anche per filosofi come Ruggero Bacone e Giordano Bruno, che si interessarono in modo pseudoscientifico alla scoperta della trasmutazione degli elementi, alla ricerca della loro incorruttibilità e quindi della possibilità di superare i processi di degenerazione e invecchiamento dei corpi. Tali interessi e ricerche durarono fino all’epoca dei lumi e della scienza, che spazzeranno via ogni leggenda e tentativo mitico di una ricerca dell’eterna giovinezza.

Con l’avvento del pensiero scientifico e razionale, questo intramontabile mito e desiderio sarà sempre più relegato  alla sola letteratura. J.W. Goethe, nella sua imponente opera del Fauste più tardi Oscar Wilde nel suo romanzo Il ritratto di Dorian Gray, manterranno vivo questo mito. Goethe darà a Faust il potere di ringiovanire per conquistare prima la bella Margherita e poi persino Elena di Troia tramite il patto fatto con Mefistofele. Lo stesso patto col diavolo che Dorian Gray metterà in atto per rimanere sempre giovane lasciando che un suo ritratto invecchi al suo posto.

Mentre la scienza e il pensiero positivista prendono sempre più piede entrando nel XX secolo, dai deliri superoministici dei primi decenni del Novecento emerge la figura inquietante del chirurgo Serge Voronoff che, nel periodo tra le due guerre, con i  suoi interventi ed esperimenti alla Frankenstein inseguì il mito dell’eterna giovinezza. Il suo folle progetto di creare una razza superiore, attraverso il tentativo di innesto di un terzo testicolo su animali e uomini, partiva dalla convinzione che impiantando il tessuto testicolare di primati all’interno dello scroto dei pazienti umani avrebbe dato loro nuova giovinezza e vigore. Oltre 500 pazienti subirono questo trattamento ringiovanente durante gli anni venti a Parigi e Voronoff ricevette addirittura un plauso dalla comunità scientifica internazionale dell’epoca, acquisendo una vasta popolarità internazionale. L’effetto placebo e l’abilità mediatica di Voronoff portarono a documentare molte testimonianze positive ma non impedirono comunque, a distanza di pochi anni, di constatare la realtà del fallimento di questi bizzarri esperimenti.

Da Voronoff, quel lontano visionario russo, la scienza ha continuato a fare progressi nella ricerca di soluzioni contro l’invecchiamento. Un gruppo di scienziati russi e svedesi hanno recentemente pubblicato uno studio su un composto denominato SkQ1 a base di antiossidanti che mescolato in acqua è in grado di agire sui mitocondri, le centrali energetiche della cellula e di rallentarne i processi di invecchiamento. Sembra, quindi, che si tratti di un nuovo “elisir di lunga vita” o un anti-aging, come vengono chiamati oggi nella fraseologia moderna tutti i trattamenti contro la decadenza senile. Già sperimentato e usato come prodotto farmacologico per gli occhi è commercializzato in Russia e potrebbe diventare tra pochi anni il nuovo farmaco anti-aging da bere. Se si tratterà di una conferma scientifica o di un nuovo miraggio sarà il tempo a confermarlo, mentre noi continuiamo inevitabilmente ad invecchiare e custodire nell’immaginazione il mito intramontabile del desiderio di rimanere sempre giovani.

Proiettata nel transumanesimo e nelle sue potenzialità tecno-biologiche, l’umanità non riesce a svincolarsi dalla paura dell’invecchiamento. Il timore di guardarci allo specchio, scoprendo la prima ruga o il primo segno di decadenza, viene rafforzato dal bombardamento mediatico e da un sistema commerciale che fa della giovinezza e della bellezza il simbolo di un apparire prima ancora che di un essere. Oggi il modello ormai consolidato di una società che non vuole invecchiare impone di procrastinare in modo spesso ossessivo la freschezza giovanile con rimedi artificiali sempre più invasivi e che hanno reso possibile ridisegnare a piacimento i confini della propria età biologica. Dalla chirurgia estetica al trucco psicologico del “camouflage” come paradosso di una cosmesi decorativa, l’obiettivo è quello di simulare giovinezza e salute e rendere fisicamente attraenti secondo i modelli estetici dominanti. Una rincorsa ossessiva del mito di un’eterna giovinezza dietro cui si nasconde l’idea malata che la nostra cultura si è fatta della vecchiaia.


Fonti:

Robert Graves, Miti Greci, trad. di E. Morpurgo, Longanesi, Milano, 1983.

Enzo Barnabà, Il sogno dell’eterna giovinezza. Vita e misteri di Serge Voronoff, Infinito edizioni, Modena, 2014.

Aubrey de Grey e Michael Rae, La fine dell’invecchiamento, D Editore, Roma, 2016

A review of the biomedical innovation for healthy longevity, sulla rivista Aging

 

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