Anche in Africa esiste il teatro, le tradizioni al riguardo nel continente nero sono ricche e preziose. Per approfondire tali tematiche, ci soffermeremo su quanto racconta Ryszard Kapuscinski nel romanzo In viaggio con Erodoto, nel quale sono descritti i viaggi dell’autore intorno al mondo, alternati con un’analisi romanzata delle Storie di Erodoto. L’autore bielorusso rivela alcune interessanti informazioni sul teatro africano in due pagine in prossimità della conclusione dell’opera, in cui racconta le sue avventure in tale terra. Leggendo il romanzo è difficile distinguere l’autore implicito dal narratore omodiegetico e dalla reale persona di Kapucinski, tuttavia le informazioni fornite sembrano essere piuttosto affidabili. Le vicende trattate sembrano coincidere con la biografia dell’autore e lo scrittore si presenta come un reporter, una persona che descrive realisticamente i paesi che visita e, dunque, degna di fiducia.
Secondo Kapucinski, il teatro africano non è costituito da regole rigide come quello Europeo. Nel corso di un festival sulla cultura africana cui partecipa il narratore, gruppi casuali di persone si riuniscono in luoghi qualsiasi della città per creare rappresentazioni dal nulla, improvvisando. Gli argomenti trattati sono umili e l’autore ne menziona alcuni come esempio: una banda di ladri arrestata dalla polizia, i mercanti che protestano contro la decisione di estrometterli dalla piazza del mercato, due mogli che si contendono un marito innamorato di una terza donna. E’ essenziale che la trama sia semplice e il linguaggio accessibile a tutti. Per diventare regista è sufficiente avere un’idea, dopodiché si distribuiscono le parti tra gli attori e si da inizio allo spettacolo.
Il luogo della rappresentazione può essere una strada, una piazza o un cortile, presso cui si raduna il pubblico improvvisato dei passanti, che possono restare nel caso in cui trovino lo spettacolo interessante o andarsene qualora subentrasse la noia. Talvolta l’opera di improvvisazione si interrompe se la meccanica dello spettacolo non è efficace, ne consegue che i teatranti si disperdono, lasciando il posto ad altri artisti che partecipano al festival.
Può capitare che la rappresentazione in prosa si interrompa per lasciare spazio ad una danza rituale, cui partecipano anche gli spettatori. L’autore definisce tali balli “gai e spensierati”, ma racconta che può capitare che i danzatori si muovano con serietà e concentrazione, rendendo il rito collettivo grave e importante. Terminata la danza e la trance iniziatica il dialogo recitativo viene ripreso.
Svolge un ruolo essenziale nella rappresentazione la maschera che gli attori portano sempre sul volto o, se il caldo non lo consente, sottobraccio. La maschera è un simbolo, un’allusione ad un altro mondo di cui essa è segno, marchio e messaggio. Essa cerca di evocare emozioni, suscitare sentimenti e “sottomettere lo spettatore a sé”. La maschera svolge una funzione molto importante nella religione e nella cultura africana, il suo utilizzo nel teatro è solo una delle molteplici funzioni che assume.
Chiaramente la descrizione del reporter bielorusso è filtrata dalla sua appartenenza al mondo Occidentale, ma sarebbe interessante esaminare anche il punto di vista di un nativo africano. Le informazioni a nostra disposizione sul teatro africano sono state scritte prevalentemente da occidentali, ne consegue che è difficile guardare l’Africa con gli occhi di un suo abitante e lo stesso si può dire del teatro.
Altre fonti ci raccontano dati molto più precisi e puntuali del testo del romanzo, anche se certamente il loro stile è meno piacevole, in quanto non sono caratterizzate dalla leggerezza di un romanzo. In Africa il teatro è molto diverso da quello Occidentale, infatti può essere paragonato ad una festa, una cerimonia o un rituale con richiami evocativi. Lo spazio in cui si muove l’attore non è un palcoscenico ma la piazza di un villaggio, oppure l’ambiente in cui si riuniscono gli anziani della comunità, dunque l’arte drammatica non viene praticata solo in festival come quelli descritti dal reporter bielorusso. Attori e pubblico inoltre non sono completamente distinti, infatti può capitare che gli spettatori, conquistati dal dramma, partecipino attivamente alla rappresentazione, spesso fungendo da coro. La danza e la musica citate dal narratore del romanzo si associano alla coralità del teatro africano, inoltre l’autore del romanzo racconta che il teatro si fonda sull’improvvisazione, ma studiando altre fonti si scopre che sono molto importanti anche le tradizioni tramandate oralmente.
Il reporter menziona soltanto i temi ispirati al quotidiano, mentre le opere africane trattano anche di religione, tradizioni, la vita del villaggio, le iniziazioni, il rapporto con la natura e il ciclo delle stagioni. Gli africani non hanno scuole di teatro, la loro abilità è genetica o, al più, viene appresa dai più anziani. Presso alcuni popoli è molto importante anche il mimo, in particolare si imitano i versi degli animali, la curvatura delle piante o la caccia dell’elefante.
Nel Cinquecento compaiono le prime testimonianze di compagnie teatrali africane: presso gli Yoruba, in Nigeria, era per esempio popolare un gruppo di artisti esperti, gli Alarinjo. I drammi religiosi a fondo mitologico erano la loro specialità. Quando aumentarono i contatti con gli occidentali, il teatro africano venne contaminato da nuovi elementi: argomenti biblici vennero trattati negli spettacoli locali e i dialoghi assunsero maggior rilievo rispetto alla danza.
Possiamo concludere che le arti non hanno necessariamente le caratteristiche che assumono in Occidente, infatti, ogni popolo ha trovato il proprio modo originale di esprimere la propria creatività. Ciò che accomuna tutti gli uomini è la voglia di condividere esperienze, di fare cultura insieme e di dare libero sfogo alla fantasia.
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In viaggio con Erodoto, Ryszard Kapuscinski