Vi abbiamo già parlato di Carlo Carrà in occasione della grande antologica Carlo Carrà – una vita appassionata, allestita al Palazzo Reale di Milano dal 4 ottobre 2018 al 3 febbraio 2019.
Carlo Carrà è stato uno dei grandi protagonisti della pittura del Novecento. Artista sfaccettato, ha dato il proprio contributo a diverse correnti, lasciando in ognuna un’impronta profonda. L’artista si forma come divisionista, per poi spostarsi tra le fila degli irrequieti futuristi, risentendo del cubismo dopo il viaggio parigino del 1911 e tornando infine all’ordine con la metafisica di Giorgio De Chirico e la corrente di Valori Plastici.
Per quando riguarda il futurismo, Carrà ha militato tra le sue fila per diversi anni, fin dal principio, nel 1910: è infatti uno dei firmatari del Manifesto della pittura futurista di quell’anno, in cui Filippo Tommaso Marinetti, Luigi Russolo, Umberto Boccioni, Gino Severini e Giacomo Balla inneggiavano a una nuova arte che polverizzasse il passato grigio.
Carrà ha inoltre collaborato lungamente con Ardengo Soffici e Giovanni Papini alla rivista letteraria militante Lacerba, fondata nel 1913 con uscita quindicinale. Lacerba è stata fondamentale per il movimento futurista e per le prime avanguardie, era letta da tutti gli artisti al passo coi tempi, fin oltre i confini nazionali, da personalità come Braque e Picasso, che ne inseriscono i ritagli nei propri collage pittorici. Carrà, da parte sua, collabora attivamente con molti scritti teorici, disegni e opere d’arte. Festa patriottica (anche conosciuta come Manifestazione interventista) è una di queste opere, pubblicata nel numero di agosto 1914 della rivista italiana.
L’opera è un collage pittorico realizzato su cartoncino e mostrato al pubblico per la prima volta proprio su Lacerba. Rappresenta un vortice di forme e parole, che trascina lo sguardo dello spettatore verso il punto centrale. Il flusso non è interrotto da linee rette che lo spezzano, date dalle carte ritagliate. Queste sono ricavate da articoli e da pubblicità estrapolati da Lacerba, che in questo modo l’artista omaggia come strumento di grande importanza per il proprio lavoro.
L’opera è inoltre un chiaro riferimento al movimento vorticoso e violento, alla vivacità, a tutto ciò che non si può fermare. Nel 1913, Carrà aveva redatto il Manifesto della pittura dei suoni, rumori e odori, nel quale dichiarava di voler ritrarre i suoni in pittura ed eliminare il silenzio:
Noi futuristi affermiamo dunque che portando nella pittura l’elemento suono, l’elemento rumore e l’elemento odore tracciamo nuove strade.
Dice dunque dell’intenzione di rendere i rumori e le sensazioni concreti, tangibili, e Festa patriottica è proprio la traduzione visiva del Manifesto. Carrà utilizza una visione ritmata da linee spezzate e un collage di lettere e parole disposte in ogni direzione, di diverse grandezze, che urlano il proprio messaggio in faccia allo spettatore-lettore.
Anche i compagni futuristi lavorano attorno a questa idea: Russolo pubblica L’arte dei rumori e Marinetti Zang Tumb Tumb, nel 1914.
L’opera di Carrà rappresenta il volteggiare di una moltitudine di volantini, lanciati da un aereo su Piazza del Duomo a Milano. Siamo nel 1914, poco dopo l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto il 28 giugno. Ricordiamo che l’opera di Carrà è stata pubblicata nel numero di agosto: la Germania aveva appena dichiarato guerra alla Russia, e anche se per il momento l’Italia non aveva ancora fatto la sua mossa, l’aria era carica di tensione. I futuristi spingevano perché la nazione si mettesse in gioco, e Carrà decide di realizzare un’opera che esprimesse questa tensione interna. Per quanto riguarda il collage e la scelta delle parole utilizzate, se ne riconoscono molte con valenza patriottica irredentista – da notare anche il doppio utilizzo del tricolore italiano – come italiana, Italia, strada, Zang Tumb Tumb (omaggio all’opera marinettiana), sports, rumore, onomatopee tipiche del futurismo come la ripetizione della lettera ‘R’ , della ‘O’, della ‘A’, e la parola ‘evvivaaaaa’ ripetuta come un urlo di gioia e di vittoria. Lo stesso titolo della rivista è inserito nell’opera, come omaggio al lavoro di Soffici e Papini.
Carrà definisce la sua Festa patriottica come un “poema pittorico” e un “dipinto parolibero”, ricordando la tecnica delle Parole in libertà, inventata dal gruppo futurista. Lui stesso approfondisce il lavoro con le parole, le lettere, i segni tipografici e il paroliberismo, in opere come il Rapporto di un nottambulo milanese, del 1914, o nel più tardo Guerrapittura.
Il ritmo e l’euforia futurista affascinano Carrà ancora per alcuni anni, e rimane fedele al movimento fino al 1916 circa, quando se ne distacca per tornare a un linguaggio più pulito, dalle forme piene riprese dai primitivisti italiani. Da qui inizierà una nuova fase della sua carriera, si legherà a De Chirico e utilizzerà un linguaggio prima metafisico, poi armonico, melanconico e quasi sacrale.