Nel 1956 un gruppo di esuli cubani guidati da Fidel Castro e dall’argentino Ernesto Guevara de la Serna sbarcano sull’isola di Cuba. Hanno un solo obiettivo: rovesciare il regime dittatoriale di Fulgencio Batista. Scopo che raggiungeranno qualche anno dopo, nel 1959. Fidel Castro e il fratello Raul avevano in realtà già tentato l’impresa nel 1953, con l’attacco alla Caserma Moncada, ma avevano fallito ed erano stati imprigionati da Batista, che li aveva condannati all’esilio in Messico. E’ qui che incontrano Ernesto “el Che” Guevara, argentino, che si appassiona alla causa Cubana e avrà un ruolo fondamentale nel coordinare la lotta alla dittatura. Il rovesciamento del regime di Batista e l’ascesa al potere di Castro segneranno profondamente la storia a venire, influenzando le dinamiche della Guerra Fredda.
Ma chi era Ernesto Guevara prima della mitizzazione? Chi era prima di “el Che”, nomignolo affibbiatogli in Messico proprio dagli esuli cubani, che imita una tipica interiezione argentina? Chi era prima della famosa foto di Korda “Guerrillero Heroico”, che conoscerà notevole fortuna tanto da essere stampata su cartoline, poster, magliette e bandiere?
Ernesto Guevara de la Serna nasce a Rosario (Santa Fé), in Argentina, nel 1928. Proviene da una famiglia della piccola borghesia, ed è il primogenito di cinque figli. La madre, Celia de la Serna, è un’attivista politica e femminista militante, anticlericale. Lei e il marito, Ernesto Rafael Guevara Lynch, sono una coppia colta, dallo spirito bohémien, e trasmettono ai loro figli, in primo luogo al giovane Ernesto, la passione per la lettura e l’avventura. Se c’era una cosa che non mancava mai in casa Guevara erano proprio i libri.
Per tutta la vita Ernesto deve fare i conti con l’asma, malattia diagnosticatagli nel 1931, che costringe i suoi genitori a trasferirsi ad Altagracia (in provincia di Cordoba) dove il clima è più favorevole. L’asma impedisce al giovane Ernesto di frequentare la scuola assiduamente, almeno nei primi anni, ma non ferma il suo spirito battagliero. Anzi, funge quasi da propulsore spingendo il ragazzo a tentare sempre di superare sé stesso. Lo testimonia la sua passione per il rugby, a cui si dedica in gioventù nonostante debba portarsi l’inalatore antiasmatico a bordo campo.
Sebbene in gioventù Ernesto non abbia mostrato interesse per lotte di classe o per movimenti studenteschi, la sorte dell’essere umano gli fu sempre a cuore. Lo dimostra innanzitutto la decisione di iscriversi alla facoltà di medicina. Ma la definitiva presa di coscienza riguardo le sorti della sua amata America Latina avviene del 1951, quando l’amico Alberto Granado gli propone di mettere in pausa i suoi studi – una sorta di anno sabbatico prima della laurea – per intraprendere un viaggio attraverso il Sudamerica in sella alla Poderosa II, la motocicletta di Granado. I due partono da Altagracia, attraversando poi Argentina, Cile, Perù e Colombia, per approdare infine in Venezuela. Solo allora Ernesto tornerà a casa.
E’ durante questo viaggio che il futuro “Che” sviluppa le sue prime riflessioni che testimoniano una presa di coscienza politica. Esse verranno raccolte in un diario di viaggio, pubblicato col titolo “Latinoamericana. Notas de Viaje” (Note di Viaggio) solo dopo la morte di Ernesto. C’è da chiedersi se il grande Che Guevara avrebbe voluto veder diffuso questo suo diario, nel quale i pensieri giovanili non sono ancora maturi: si tratta infatti prevalentemente di racconti di quotidianità, in cui Ernesto sente il bisogno di trascrivere di getto le proprie impressioni. Ce lo dice lui stesso, nel primo capitolo di Latinoamericana, dal titolo Intendiamoci: “Non è questo il racconto di gesta impressionanti”. Certo è che tale viaggio costituisce un momento di svolta nella vita dell’argentino, come affermerà con le parole: “Quel vagare senza meta per la nostra Maiuscola America mi ha cambiato più di quanto credessi”.
Da ricordare è anche, senza alcun dubbio, l’escursione tra le rovine di Machu Picchu. In questa occasione Ernesto si trova a riflettere sulla velocità con cui la società evolve, partendo dalla spirituale civiltà degli Inca, che ha dovuto lasciare il posto alla caotica città di Lima. Questo contrasto è messo in rilievo in maniera efficace anche dal film, tratto dal diario di viaggio del Che, dal titolo I diari della motocicletta (2004).
Infine momento sicuramente toccante, che costituisce l’apoteosi della presa di coscienza del giovane Ernesto, è il periodo trascorso al Lebbrosario di San Pablo (Perù). Tale luogo si costituisce di due sezioni principali, separate dalle sponde del fiume: da un lato le baracche degli ammalati, dall’altro i dormitori dei dottori; struttura che si riflette in qualche modo nelle divisioni della società moderna. E’ in questo contesto che El Che tiene il suo primo discorso panamericano, per la verità accolto con scetticismo da dottori e pazienti, in cui auspica ad un’America unita oltre i confini razziali e nazionali: “Crediamo, dopo questo viaggio, che divisione dell’America in nazionalità incerte ed illusorie sia completamente fittizia”.
Conoscere il giovane Ernesto, argentino avventuriero alla scoperta della sua Maiuscola America, è fondamentale prima di cercare di comprendere il grande Che rivoluzionario. Ernesto Guevara, attraverso questo viaggio, matura quella consapevolezza di bisogno di aiutare il prossimo che inizialmente sperava di realizzare attraverso la medicina, ma che poi si svilupperà in un pensiero di cambiamento sociale che restituisca al popolo americano la dignità che gli era stata sottratta.
Ernesto Che Guevara, Latinoamericana, I diari della motocicletta, Oscar Mondadori,1993