Nel XVI secolo si diffuse un nuovo modo di fare teatro che per due secoli prevalse sul precedente teatro colto: la Commedia dell’arte. Il termine in realtà venne usato due secoli dopo da Carlo Goldoni, il quale con “arte” intendeva “mestiere”, come d’uso nel linguaggio del tempo.
Nella Commedia dell’arte infatti gli attori acquisivano un “mestiere”, un’arte, una professione, che consisteva nel saper improvvisare su un canovaccio, interpretando la maschera che indossavano, ed erano riconosciuti a livello ufficiale. Ciò in realtà valeva soltanto per gli attori che facevano parte delle “compagnie associate”, riconosciute dai ducati e dallo statuto legislativo; esistevano infatti anche compagnie amatoriali che, proprio a causa delle leggi, erano messe alle strette dalle compagnie ufficiali, da cui erano definite “ruba-piazze”.
Gli attori si riunivano in compagnie itineranti, che viaggiavano per l’Italia o la Francia per mettere in scena le loro rappresentazioni. Ogni compagnia era costituita dai seguenti ruoli: due servitori (gli “zanni”), la coppia di innamorati, il Capitano, Colombina, Pantalone, il Dottore e il Capocomico.
Gli Zanni, i due servi, erano già presenti nel teatro classico e rinascimentale, essendo i motori principali degli intrighi delle commedie. La maschera dello Zanni veste abiti bianchi da garzone e per camminare saltella da un piede all’altro sollevando molto in alto la gamba.
Nelle varie regioni si svilupparono diverse tipologie di zanni, tra le quali spiccano Arlecchino e Brighella.
Brighella è il servo astuto e avido di denaro, fedele braccio destro del padrone, architetta intrighi e ha una mentalità contorta. La sua maschera appare simile al volto di un cane, a rappresentare la fedeltà al padrone del personaggio, e l’attore assume una posizione leggermente gobba, per indicare l’ossequiosità, ed ha un incedere a passi brevi e nervosi, a simboleggiarne l’animo machiavellico.
Arlecchino è lo zanni sempliciotto, sempre affamato, che non pensa al futuro ma solo a soddisfare i bisogni del momento, come il cibo e il sesso, e adopera spesso un linguaggio scurrile e volgare. Ha una maschera solitamente nera, che termina sotto il naso, lasciando scoperta la bocca. A volte Arlecchino – come la variante di Pulcinella, diffusa a Napoli – è astuto e cattivo; il nome Arlecchino deriva infatti da Hallequin, tipo comico diavolesco caratteristico delle messe in scena medievali francesi.
Gli innamorati sono gli unici due personaggi senza la maschera, oltre a Colombina, poiché interpretano una coppia di giovani nobili e dunque non impersonano i vizi umani, bensì le virtù.
Il motivo per cui Colombina non ha la maschera è invece dovuto al fatto che nel suo ruolo è fondamentale l’aspetto fisico: indossava abiti succinti ed era una delle attrattive principali per i pubblico maschile. Anche se le attrici erano considerate alla stregua di prostitute, è solo con la Commedia dell’arte che le donne iniziano a recitare; prima di allora tutti i ruoli, anche quelli femminili, erano interpretati esclusivamente da uomini.
Pantalone è il vecchio avido e avaro, che non vuole mollare un centesimo ed ha un debole: il desiderio di sesso, che non può tuttavia soddisfare a causa dell’età avanzata. La sua maschera è caratterizzata da rughe sulla fronte e, a volte, da sopracciglia bianche e folte che, con la postura ingobbita del personaggio, ne denunciano l’età; la maschera ha inoltre un naso pendente verso il basso che secondo alcune interpretazioni simboleggia l’impotenza sessuale, in contrasto con il non esaurito appetito, rappresentato dalla postura con il pube in avanti del personaggio.
Il Dottore, secondo alcune tradizioni “Balanzone”, è laureato all’Università di Bologna, è vecchio, saccente e panciuto. Confonde gli uditori grazie all’uso di un linguaggio volutamente complicato e incomprensibile, con termini eruditi e sconosciuti a coloro cui si rivolge e fa discorsi che girano attorno a ragionamenti insensati e cavillosi.
Il Capitano di ventura infine, sul modello del Miles Gloriosus plautino, è un personaggio vanaglorioso e vanitoso. Decanta il suo valore, narrando straordinarie prodezze in battaglia, salvo poi scoprire che i suoi racconti gonfiano notevolmente la realtà. La maschera ha un naso lungo, che simboleggia la virilità, e l’attore ha un incedere trionfante e baldanzoso, con lo sguardo verso l’alto ad indicare la sua pomposa vanità.
Il capocomico aveva invece il compito di cercare clienti, scritturare gli attori, organizzare gli spettacoli e amministrare i guadagni.
La bravura degli attori stava nell’immedesimarsi nella maschera che impersonavano, uscendo da se stessi e ragionando, parlando e muovendosi come ragionerebbe, parlerebbe e si muoverebbe la maschera. In tal modo era sufficiente un canovaccio con indicazioni sommarie, come “scena d’amore” o “litigo e duello”, etc. Spesso veniva coinvolto il pubblico, del quale gli attori soddisfavano le richieste, improvvisando dialoghi, scherzi, burle ed esibendosi in balli, acrobazie, scene di mimo o con il canto.
Un elemento fondamentale della Commedia dell’arte e delle compagnie di attori era l’effetto speciale. Era un tipo di commedia popolare infatti, dove si puntava a sorprendere il pubblico. Esempi di “effetti speciali” del tempo erano il calare dall’alto per mezzo di funi e carrucole Colombina o il Capitano, utilizzare una botola sotto il palco per far scomparire personaggi o farli saltar fuori, oppure far esplodere una sorta di “fuochi d’artificio” dell’epoca.
Per avere uno sguardo su quella che poteva essere la vita di una Compagnia di teatranti nel XVII secolo è possibile vedere il film “Il viaggio di Capitan Fracassa”, di Ettore Scola, del 1990, con Massimo Troisi e Ornella Muti e vincitore del 41° Festival internazionale del film di Berlino.