Uno dei miti costitutivi del nostro tempo è la fede nella magistratura: da Tangentopoli in poi la giustizia si è ammantata di un’aura di sacralità e intoccabilità, che la rende superiore ad ogni autorità, anzi, ne fa l’unica vera autorità a cui tutti siamo chiamati a prestare cieca obbedienza. Il grido Onestà è diventato l’urlo di guerra di nuovi Robespierre che sono sempre più pericolosi proprio perché non si tratta tanto di politici e intellettuali, ma di una casta della giustizia che, grazie alla mortale alleanza con la stampa, acquisisce ogni giorno più potere, erodendo significativamente i poteri esecutivo e legislativo e preludendo a quella che molto probabilmente sarà la dittatura del Terzo Millennio.
Se nel Novecento è stato il potere esecutivo a intaccare l’autonomia e l’indipendenza degli altri poteri, ora è il potere giudiziario a costituire la più grave minaccia di sopraffazione. E lo fa ergendo a dogma indiscutibile proprio la sua indipendenza e autonomia: perfino un taglio di stipendi o la revisione del sistema delle ferie diventa un attacco alla libertà di una magistratura che ormai si concepisce come un’entità moralmente superiore, l’unica rimasta dopo il crollo della politica e della religione. Ma si tratta di un terribile malinteso, foriero di gravissime conseguenze per la nostra democrazia. La magistratura non è meno corrotta della politica: terribili malefatte vi hanno sempre trovato (ampio) posto. Il problema è proprio quis costodiet ipsos custodes (“chi controllerà i controllori stessi?”). Una casta che nessuno ha mai eletto, che non rappresenta nient’altro che se stessa, si arroga il diritto di elaborare –al momento ancora implicitamente, ma presto o tardi anche esplicitamente– teorie di potere vicario, in supplenza di una politica in crisi. Ma la crisi è la magistratura stessa a manovrarla con inchieste che sempre più spesso sono oltretutto infondate. Ricordate i casi Mastella, Bertolaso, Scajola, Lupi? Tutte inchieste che hanno fatto cadere o messo in crisi Governi di ogni colore: ebbene dopo anni di diffamazione e campagne mediatico-giudiziarie sono stati tutti assolti. Chi ci risarcirà per le conseguenze anti-democratiche di queste aggressioni alla politica da parte della magistratura?
La minaccia per la democrazia è evidente anche nei tanti casi di errori giudiziari. In questi episodi gravissimi ben si evidenzia l’arbitrio e la violenza che ci aspetta, se non si frena la terribile evoluzione antidemocratica che incombe su tutti noi. Dagli anni ’90 ad oggi sono stati ben 27 mila gli errori giudiziari, numeri che fanno ancor più impressione se si pensa che non ci sono mai state conseguenze penali per i responsabili di questi errori. E non solo, neppure minime penalizzazioni amministrative ed economiche. La casta si è tutelata anche su questo: chi deve risarcire è lo Stato, mentre per la magistratura l’immunità è totale e insindacabile. Ad ogni occasione la magistratura può invocare processi contro questo o quel politico, ma guai anche solo a pensare che si possa processare un giudice per le malefatte compiute nell’esercizio delle proprie funzioni. Con il diritto canonico verrebbe quasi da dire Prima sedes a nemine iudicatur: i magistrati e i giudici sono come il Papa e nessuna autorità umana può chiedere conto delle loro azioni. Vite distrutte per incapacità o per incuria possono al massimo aspirare a qualche risarcimento economico da parte dello Stato, ma è impossibile vedere puniti, deposti e incarcerati giudici e magistrati incapaci.
Del resto, il gran sacerdote della magistratura, Piercamillo Davigo, uno degli emblemi più perfetti del giustizialismo di questi anni, può impunemente dire, senza che nessuno si scandalizzi per il suo ruolo di ex presidente dell’ANM:
Non esistono innocenti, ma soltanto colpevoli su cui non sono state ancora raccolte prove. Tutti quelli che in questo Paese dicono di essere garantisti pensano soltanto a garantire i diritti dei delinquenti.
Un florilegio criminale, che dovrebbe preoccupare chiunque realizzasse che sono proprio persone con queste idee quelle che amministrano la giustizia e in questi meccanismi perversi potrebbe finire ognuno di noi, un po’ come Josef K., il protagonista de Il Processo:
Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché, senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato.
Tutti siamo colpevoli proprio come nel capolavoro di Kafka, la presunzione d’innocenza è un vecchio ricordo delle democrazie plutocratiche e reazionarie, l’accesso alla giustizia è impossibile e costituisce quasi un sacrilegio come nel terribile apologo che suggella, con un’esegesi rabbinica, la vicenda di Josef K.:
Alcuni sostengono che questa storia non dà a nessuno il diritto di giudicare il guardiano. Comunque egli ci appaia, è pur sempre un servitore della Legge, dunque appartenente alla Legge, dunque sottratto al giudizio umano. Non è nemmeno lecito pensare che il guardiano sia subordinato all’uomo. Essere vincolato dal proprio servizio anche solo all’entrata alla Legge, significa incomparabilmente più che vivere libero nel mondo. È stata la Legge a chiamarlo a quel servizio, dubitare della sua dignità, significherebbe dubitare della Legge.
A ben vedere, è proprio così che vengono concepite e condotte le indagini dalla magistratura inquirente. Non c’è stata grande sorpresa quando il RIS ha candidamente ammesso di aver confezionato un video su Bossetti da dare in pasto ai mass media perché lo sfruttassero per accreditare presso l’opinione pubblica la colpevolezza del muratore di Mapello: è un fatto gravissimo, ma è sembrata a tutti una cosa ovvia, su cui nemmeno lo zelante Ordine dei Giornalisti ha avuto niente da ridire. Fanno altrettanto rabbrividire le ricostruzioni di celebri processi. Casi come quello di Garlasco hanno evidenziato un’incredibile superficialità nel compiere esami irripetibili, che finiscono per diventare armi nelle mani dell’accusa senza che la difesa abbia poi la possibilità di presentare verità alternative: un altro, ennesimo, segno di arbitrio. Troppo spesso, del resto, si deve leggere di verbali compilati con superficialità da parte di autorità di polizia, esperti della scientifica o magistrati: atti giuridicamente impegnativi e fondamentali per il destino di tante persone vengono falsificati non tanto per malizia – il che sarebbe quasi meglio – ma per quella noncuranza di chi sa di essere intoccabile e non si cura nemmeno delle apparenze.
Si è spesso soliti citare per ogni occasione la celebre “poesia” Prima vennero… Pensiamoci un po’ anche per la magistratura e il fosco destino che ci sta innanzi. Adesso ci rallegriamo perché è lo strumento ideale per sbarazzarci di politici avversi, personalità imprenditoriali scomode o alterare leggi che in Parlamento non si riescono a modificare (la prima applicazione del concetto di potere vicario è stata proprio nell’interventismo della magistratura sulle leggi cosiddette etiche). Presto o tardi però verranno a prendere anche noi e non ci sarà nessuno rimasto a protestare perché non esistono innocenti, ma soltanto colpevoli su cui non sono state ancora raccolte prove.
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