Due amanti sconosciuti cercano di completarsi in un bacio irrealizzabile. Cosa accade in quell’attimo prima della sua realizzazione? È ciò che vogliono raccontare le molteplici interpretazioni della celebre opera di Magritte.
È il 1928 e il pittore belga René Magritte realizza due versioni di un dipinto intitolato Gli amanti. Delle due, la prima, conservata al MoMA è indubbiamente la versione più celebre, caratterizzata da quel bacio simbolico tra due amanti dal volto nascosto da un lenzuolo. Nella seconda versione, invece, conservata alla National Gallery of Australia a Canberra, i due innamorati accostano teneramente i loro volti, con uno sguardo solo immaginabile, poiché celato dietro la stoffa, rivolto allo spettatore. Ecco, teniamo in considerazione la prima versione dell’opera, che ha sicuramente contraddistinto la storia dell’arte degli ultimi decenni. Magritte sceglie di coprire il volto dei due amanti con un telo bianco, privando così i due soggetti di una reciproca riconoscibilità e al tempo stesso frenando la completa realizzazione di un bacio probabilmente tanto atteso. Da un lato, quindi, l’artista vuole rappresentare un amore desideroso di un suo coronamento attraverso il bacio, ma dall’altro lato emerge la componente misteriosa, inquietante e ambigua di quello stesso amore. Qualcosa che allontana inconsciamente gli amanti l’uno dall’altro.
Sembra che l’oscuramento del volto e l’anonimato della figura rimandi a un episodio dell’infanzia di Magritte. Quando aveva solo 12 anni, l’artista dovette confrontarsi con il suicidio della madre, trovata annegata nel fiume Sambre con il volto oscurato dalla sua camicia da notte. Un ricordo indelebile, che si manifesta labilmente attraverso quella stoffa bianca che sembra soffocare un amore sul nascere. C’è quindi un’ombra di morte che accompagna l’evolversi di un sentimento e che viene ricordata da alcuni accenni cromatici nel dipinto. La donna indossa una camicetta rossa, rievocatrice di morte e sangue, mentre l’uomo è elegantemente vestito con un abito da cerimonia, solennemente funebre. È la celebrazione dell’intima unione che lega madre e figlio in un amore che valica i limiti spazio-temporali della morte e resta tenacemente ancorato a un ricordo. Non esiste tuttavia un’univoca e precisa definizione dell’identità degli amanti, che rimangono nascosti dietro un appellativo vago, ma linguisticamente perfetto per descrivere il sentimento condiviso.
C’è un’opera d’arte a cui sicuramente Magritte indirizza il suo riferimento creativo ed è Ettore e Andromaca di Giorgio De Chirico. In questo caso i due amanti cercano di abbracciarsi, prima che Ettore affronti Achille nel celebre episodio fatale dell’Illiade. È l’immagine velata di un amore destinato a spezzarsi, ma che non può comunicare tutto il suo dolore, perché è stato privato del volto e delle braccia. Andromaca non può vedere il suo amato, non può stringerlo in un abbraccio per l’ultima volta, ma esprime con ardore tutto il desiderio di stargli accanto. La forza comunicativa del gesto desiderato, ma impossibile da realizzare, è talmente dirompente da sopperire qualsiasi connotazione espressiva. Anche in questo caso i due amanti vivono sotto l’ombra minacciosa della morte, tuttavia è un contesto differente, in cui i due soggetti possono ancora assaporare un breve attimo di vita. Nella sua opera, Magritte vuole proprio rievocare la bellezza senza tempo di un gesto sospeso un attimo prima della sua realizzazione. Come traspare dalle parole di Lessing: «L’attesa stessa del piacere è il piacere stesso» ed è in questa espressione che si concentra tutta la magia dell’opera. Non importa cosa porterà con sé il futuro, quello che conta è solo un momento di intima condivisione racchiuso in una bolla di vetro eternamente sospesa.
Un’altra interpretazione descriverebbe l’assenza del bacio come mancata possibilità di comunicazione, derivante dall’impossibilità degli amanti di riconoscersi in volto e quindi di definirsi in quanto individui. Dietro tale osservazione si nasconde una riflessione sul binomio realtà-apparenza. La realtà riflette l’essenza di un individuo nascosta dietro una patina superficiale che ne impedisce una reale conoscenza. La mancanza di un reale congiungimento tra i due amanti deriva quindi dall’impossibilità di rapportarsi tra loro senza in realtà conoscersi. È un incontro al buio, che sfrutta la cecità come strumento accattivante di avvicinamento, ma che poi non evolve in una reale forma di conoscenza dell’essenza umana, perché questa non verrà mai svelata.
La contrapposizione realtà-apparenza si traduce nell’ossimoro tra sogno e realtà. Magritte è un pittore incline alla rappresentazione di atmosfere oniriche e surreali e la sua propensione ricade anche in quest’opera. Si potrebbe trattare della manifestazione di un amore tanto incline alla sua rappresentazione onirica, quanto più lontano da una sua effettiva concretizzazione nella realtà. Un amore impossibile oppure semplicemente irreale, destinato a rimanere confinato in un’aura platonica. Magritte si è sempre distinto come artista in grado di mettere in discussione il reale offrendone una sua rappresentazione. Per questo le sue opere sono continuamente integrabili dall’esperienza dell’osservatore, che ne può dare un suo personale punto di vista. Anche Gli amanti è un dipinto dal sapore ambiguo, soggetto alle più svariate interpretazioni e continuamente evolvibile sotto lo sguardo di soggetti che hanno avuto esperienze diversificate dell’attimo prima del bacio. È un momento così personale, emozionante e indescrivibile, da rimanere inconcluso anche in una grande opera. Un attimo eternamente sospeso in un limbo, senza poterne raccontare il prima e il dopo.