In seguito alla visione del documentario 13th, di cui vi abbiamo parlato QUI, abbiamo scoperto che le prigioni americane sono occupate prevalentemente da neri e, in secondo luogo, da latini. Siccome noi de Lo Sbuffo non ci accontentiamo dei documentari di Netflix quando si tratta di affrontare tematiche gravi, abbiamo deciso di effettuare una ricerca sulle statistiche americane per approfondire la questione. È interessante notare come i dati cambino radicalmente a seconda delle fonti che abbiamo consultato: i siti governativi trattano l’argomento in maniera differente rispetto alle pagine private, anche i risultati sono diversi.
Il primo sito che abbiamo consultato è www.bop.gov, il portale delle prigioni federali americane, che enumera dati senza rielaborarli al fine di trarre conclusioni. Le statistiche riguardanti l’etnia dei carcerati sembrano rassicuranti: 58,2% bianchi, 38,1% afroamericani, 1,5% asiatici e 2,3% nativi americani. La disparità tra neri e bianchi non sembra eccessiva e i caucasici addirittura sarebbero in maggioranza, possibile dunque che gli autori del documentario siano dei bugiardi? Abbiamo deciso allora di confrontare i dati con la composizione della popolazione americana generale del 2013 e abbiamo scoperto risultati interessanti: il 77% della popolazione è bianca, soltanto il 12,9% è nera, il 4,6% è asiatica e l’1% amerindia. Se la popolazione carceraria non fosse influenzata dall’etnia, le statistiche riportate dal sito delle prigioni federali e quelle relative alle etnie dell’America intera sarebbero all’incirca simili, invece il numero dei neri è sproporzionato e, nella sua modesta percentuale, anche quello degli amerindi. Non bisogna stupirsi se i bianchi sono in maggioranza anche in prigione, se costituiscono la percentuale più alta della popolazione totale, ciò che conta è che il numero dei neri salga vertiginosamente dietro le sbarre. Le statistiche di bop.gov non sono inesatte, ma non raccontano una problematica importante. Il sito presenta informazioni di difficile interpretazione anche per quanto riguarda l’etnia: il diagramma a torta racconta che gli ispanici sono il 32,2%, mentre tutti gli altri, raggruppati in un unico minestrone di etnie, sono il 67,8%. Il sito non presenta alcun commento ai semplici dati statistici, pertanto non è possibile comprendere il significato di questo grafico senza un’analisi approfondita. La componente ispanica della popolazione carceraria è, tuttavia, quasi la totalità dei detenuti bianchi. Su un dato il documentario e il sito web concordano: la maggior parte dei detenuti sono in carcere per droga, esattamente il 46%.
Il documentario lamenta inoltre un sovrappopolamento delle prigioni in costante aumento da decenni. Abbiamo indagato su www.bjs.gov, un altro sito governativo relativo alla giustizia, scoprendo informazioni rassicuranti. Nel 2016, il numero dei carcerati adulti americani è diminuito per il nono anno consecutivo, inoltre dal 2007 al 2016, la porzione di detenuti adulti è calata del 18%, da 3,210 a 2,640 per 100 000 adulti residenti. La percentuale della medesima categoria di persone è nel 2016 la più bassa dal 1993 e il tasso di incarcerazioni è diminuito dal 2009, attualmente è il più basso dal 1996. Sembrerebbe dunque che la situazione stia migliorando ma, per sapere se la percentuale di carcerati è allarmante, dovremmo analizzare il rapporto tra popolazione carceraria e popolazione totale, confrontandolo con quello di un’altra nazione, approfittandone per indagare se le strutture in cui i carcerati sono accolti sono adeguate per ospitare un tale numero di persone. In Italia, ogni 100 000 persone, 98 individui hanno perso la libertà per aver commesso un crimine. Il paragone per gli USA è allarmante nonostante la decrescita.
I valori che abbiamo riportato sono meri dati statistici, dati numerici non ancora sottoposti ad alcuna analisi. Una rapida ricerca online ci permette di scoprire il punto di vista di chi ha elaborato i dati al posto nostro; la versione di molti siti web ha confermato le tesi del documentario. Il primo sito è www.prisonpolicy.org, il quale mostra dati statistici che rivelano la problematicità dell’eccessivo numero di neri nelle carceri, prendendo in considerazione sia le prigioni locali sia quelle federali. Un grafico riporta il numero di persone incarcerate per razza ogni 100 000 persone della categoria in esame nel 2010: 2207 neri, 966 latini, 380 bianchi. Questi valori però riguardano non solo le prigioni federali, ma anche quelle locali, in cui sono rinchiuse persone di un ceto sociale più basso perché, per commettere un reato contro una legge federale, generalmente servono potere e ricchezza (questa condizione non è comunque necessaria: chi valica il confine messicano in modo illegale è tendenzialmente in condizioni precarie). L’organizzazione no profit proprietaria del sito combatte contro l’apocalittico scenario dipinto dal documentario, proponendo un grafico che fornisce un’interpretazione della realtà, anziché dati non sottoposti ad alcuna analisi.
Dalle analisi statistiche possiamo trarre come conclusione che le carceri federali hanno una composizione leggermente diversa rispetto a quelle locali, dominate dai neri, e che la popolazione afroamericana è sottoposta a carcerazioni talmente frequenti da poter parlare di violazione dei diritti umani. I siti governativi forniscono semplicemente i dati rilevati con i censimenti, lasciando ai privati il compito di rielaborare i valori per trarre delle conclusioni.