La comunicazione è più volte associata al verbale, alle parole, alla voce, ma quando è il solo a volto a esprimere “qualcosa”? Quel “qualcosa” sono ora le emozioni e questa possibilità, come le sue stesse modalità sono state oggetto di un lungo dibattito e studio che non vuole ancora terminare.
Tra i primi studiosi a porsi all’interno del dibattito troviamo Charles Darwin. Molti di noi lo conoscono per “Origine della Specie”, ma la sua opera va ben oltre. E tra le sue più importanti opere troviamo quella pubblicata nel 1872: “Epressioni delle emozioni nell’uomo e negli animali”. Darwin, a quei tempi, sosteneva che alcune espressioni facciali umani avessero una base innata e un carattere universale, frutto di una selezione naturale e quindi strettamente legate alle dinamiche sociali di gruppo e relazionali.
Il dibattito continua e a cento anni dalle formulazioni di Darwin, troviamo l’allievo di Tomkins, Elkman che non sembra abbandonare quanto detto anni prima dal ricercatore dell’anello mancante. Elkman è infatti consapevole che il viso sia la parte più espressiva del corpo umano, a tal punto da essere la parte capace a esprimere tutta la gamma di emozioni e in maniera universale. Ipotesi dimostrata con innumerevoli studi sulle espressioni facciali di individui appartenenti a popolazioni primitive e non.
E finalmente, nel 1992, Ekman e Friesen postulano l’esistenza di particolari programmi neuromuscolari che amministrerebbero i comportamenti facciali coinvolti nelle emozioni. Nota anche come “teoria neuroculturale” si basa su una relazione biunivoca tra una singola emoziona e il programma neuromuscolare ad essa associato, prova dell’immutabilità e dell’universalità delle espressioni emotive facciali. Tali programmi si basano su specifiche mappe di configurazione neuronali presenti nel sistema nervoso centrale.
Ora, invece, a quasi trent’anni dalla teoria, presso la Ohio State University è stata riavvalorata la teoria tramite la pubblicazione della ricerca Transactions on Affective Computing sulla rivista IEEE.
In particolar modo parla dell’espressione della “felicità”. Un’emozione che con difficoltà riusciamo a definire e a dimostrarlo ci sono le stesse espressioni. Da quanto osservato, la felicità ha infatti 17 facce differenti, espressioni che tutti noi riconosceremmo in qualunque cultura, perché il significato è sempre quello: “sono felice”.
La variazione tra l’una e l’altra è minima, può variare l’ampiezza del sorriso come l’apertura dell’occhio, o semplicemente una “grinza”. Questo perché la combinazione dei “cinémi” permette una infinita varietà di espressioni che il nostro viso possa assumere. Eppure, e qui vi è l’assurdità, secondo questo studio, di questa infinità di espressioni, solo 35 possono realmente trasmettere delle emozioni attraverso la cultura.
Come si è svolta la ricerca?
I ricercatori hanno innanzitutto stilato una lista di parole inglesi capaci di descrivere i sentimenti: 821 parole in totale. Le stesse parole sono poi state tradotte in altrettante lingue, quali il russo, il cinese, lo spagnolo e inserite nei motori di ricerca di ben 31 paesi, tra l’Europa, l’America e l’Asia.
Si è così scoperto che sono 16.384 i modi in cui il volto umano è in grado di configurarsi, che sia enfatizzando o simulando un sentimento, semplicemente combinando i diversi muscoli in tutti i modi possibili.
Le immagini rappresentanti le emozioni e i sentimenti sono poi state estratte e analizzate. E dalle 7,2 milioni di immagini estratte, hanno ricercato le uniche che fossero capaci di esprimere attraverso le culture, un’emozione o un sentimento. Dalla ricerca sono state individuate solo 35 espressioni differenti.
Chiunque si sarebbe aspettato un numero maggiore e il risultato ha stupito la stessa Martinez. Insieme alla sua conclusione: tra le espresisoni universali che esprimono emozioni, la maggior parte di loro sono usate per esprimere un stato di gioia e felicità.
“Questa scoperta è stata un piacere – sottolinea Aleix Martinez, coautore dello studio – perché parla della complessa natura della felicità”.
“Psicologia della Comunicazione: tra informazione persuasione e cambiamento” di Alessandro Toni Edizione “LED” del 2012