Tutto bene
Si avvicina quella settimana in cui l’industria della musica italiana si ferma: Sanremo 2019 è alle porte. Sessantanovesima edizione significa retaggi, tradizioni e conservatorismi ormai consolidati, difficili da modificare anche se ti chiami Claudio Baglioni e sei, oltre che direttore artistico della manifestazione, una vera e propria istituzione della canzone pop d’autore. Prima dell’annuncio dei ventidue partecipanti in gara (a cui si sono aggiunti i due vincitori delle serate dedicate ai giovani, i cantanti Mahmood ed Einar) il timore era che, come spesso in passato, la manifestazione non avrebbe rispecchiato l’ampio ventaglio di sonorità e testi che gli italiani ascoltano in questo momento storico. La commissione ha invece deciso di portare in gara le più disparate realtà: ce n’è davvero per tutti i gusti. Cinque, in particolare, i nomi inaspettati con le rispettive canzoni, tutti alla loro prima esperienza.
Ed è quasi come essere felici
Dov’è l’Italia – Motta (Pisa, 1986): abituale protagonista dell’Ariston, ma in un’altra stagione, quella del premio Tenco, è stato due volte vincitore di questo prestigioso riconoscimento (con i due soli album finora pubblicati), ed è considerato una delle penne più raffinate nella nuova leva di cantautori che si è recentemente affacciata sulla scena italiana. Abituato a esporsi politicamente, sui social media e nei suoi testi, porterà al Festival un brano che parla, tra i vari argomenti, della questione migranti.
Rolls Royce – Achille Lauro (Roma, 1990): probabilmente la più grande sorpresa e il nome meno sanremese di questa edizione. Del rapper Lauro De Marinis ci siamo già ampiamente occupati qui. Per quanto recentemente fossero evidenti i passi in avanti nella qualità dei suoi lavori e nella visibilità ottenuta tra concerti e altri festival, il contrasto tra un personaggio di questo tipo (accompagnato dal suo fedele produttore Boss Doms) e un contesto così istituzionale incuriosisce non poco. Il ragazzo viene dalla trap, ma dicono che Rolls Royce sia un pezzo rock.
L’amore è una dittatura – The Zen Circus: vent’anni di attività per la band livornese. Presenti nella scena indie dei vari Marlene Kuntz e Bluvertigo di allora, hanno battuto un bel colpo l’anno scorso in quella Itpop dei vari Calcutta e Coez con l’album Il Fuoco in una stanza. Sanremo è la ciliegina sulla torta in una carriera caratterizzata da tanta gavetta. Una carriera sì importante artisticamente (hanno tenuto vivo il rock underground in Italia, insieme agli Afterhours e pochi altri, quando questo era passato di moda), ma poco apprezzata a livello nazionalpopolare. Una bella occasione per farsi conoscere a un pubblico più ampio.
Per un milione – Boomdabash: partecipano grazie a Loredana Berté e alla sua presenza nel brano Non ti dico no, pezzo più passato dalle radio nel 2018. In un modo o nell’altro, è bello che anche il reggae abbia un proprio rappresentante in questa manifestazione. Band salentina, formatasi nel 2002, a roster vantano Ketra, il quale, in coppia con Takagi, è stato uno dei produttori più incisivi degli ultimi quattro anni, con brani come Fenomeno, Roma Bangkok, Vorrei Ma non posto e tante altre hits che lo testimoniano.
Solo una canzone – Ex-Otago: tre anni fa cercavano di finanziare il loro album, Marassi, per mezzo della piattaforma di crowdfunding musicale Musicraiser. Da lì hanno bruciato le tappe grazie a un successo dopo l’altro: prima una deluxe edition che vedeva ospiti quali Caparezza e Jake La Furia, poi un tour sold out nei maggiori club d’Italia. A introdurre il nuovo album Corochinato, in uscita l’8 marzo, un traguardo fondamentale quale il Festival. Il valore è anche simbolico: la band nata nel 2002 è infatti di Genova, a sole due ore di macchina da Sanremo.
Il mondo come lo vorrei
Che l’Italia stia vivendo un momento di grande fermento musicale è chiaro a chiunque voglia osservare. Malgrado i dischi non si vendano più, gli ascolti sulle piattaforme streaming sono sempre in crescita ma soprattutto è aumentato esponenzialmente il numero di persone presenti ai concerti (nonostante una considerevole inflazione dei biglietti). Sanremo è stato, è, e sempre sarà uno spartiacque che cade in pieno inverno, destinato a condizionare il seguito dell’annata musicale. Per brevissimo tempo, ma con una fortissima intensità, un’enorme lente d’ingrandimento viene posta su un’industria in realtà di modeste dimensioni, quale quella musicale in Italia. Sono moltissime le persone non appassionate che si informano soltanto in occasione del Festival, ed è quindi determinante, anche socialmente e culturalmente, che gli ingredienti della serata siano nel 2019 così variegati e veritieri. Per questo, ancora prima che si dia inizio alle danze, Claudio Baglioni è già vincitore morale.