Nell’Europa di oggi si respira un’aria completamente diversa. Qualcosa è cambiato rispetto a diversi anni fa, sembrerebbe un’Europa che non ha più voglia di false promesse, né di governi apatici, privi di una reale spinta verso il meglio. A partire dalle ultime elezioni hanno trionfato rappresentanti politici probabilmente poco promettenti almeno inizialmente. La svolta è cominciata dalla Francia con l’elezione di Macron il 14 maggio 2017, sconvolgendo la tendenza dell’Europa d’allora. Successivamente è come se, una volta accesa la miccia, in molti paesi comunitari si sia assistito alla caduta della sinistra, la quale probabilmente non si è accorta che i tempi erano cambiati, che le esigenze delle persone fossero diverse, che il problema dell’immigrazione avrebbe dovuto essere risolto sul nascere; inoltre è come se i bisogni dei lavoratori fossero stati dimenticati, i quali per troppo tempo hanno dovuto piegarsi per risollevare le sorti di un’Europa nata forse da troppe pressioni.
Con la fine della presidenza Obama nel 2016 la politica europea ne è rimasta influenzata. Sappiamo tutti che ciò che succede a ovest, presto o tardi, come i venti atlantici, soffierà i suoi effetti in tutta l’Unione Europea. Il ricambio presidenziale di quelle elezioni politiche ha colpito il mondo intero per essere stato assolutamente inaspettato e sconvolgente. Dai sondaggi come sappiamo, emerse che Trump non fosse poi così amato e soprattutto non fosse considerato il sostituto migliore, anzi egli rappresentava l’antitesi rispetto al precedente presidente. Se gli americani hanno sentito l’esigenza di preferire un uomo con idee ben radicate e fuori dal comune, significa che la piega che aveva assunto la politica negli ultimi quindici anni, non rispecchiava più la situazione reale.
Ma come ogni novità degli americani attraversa l’oceano, lo stesso effetto succede con la politica. Dal termine del secondo conflitto mondiale l’Europa ha iniziato a dipendere dagli Usa in maniera permanente e poi con la guerra fredda e la definizione delle alleanze, l’America ha svolto il ruolo di capo branco, indirizzando le scelte di qualsiasi governo. I due grandi blocchi ancora oggi esistono: Russia e Stati Uniti continuano a giocare a Risiko e la partita sembra essere destinata a durare a lungo.
La vittoria di Trump ha suscitato però grande scalpore e sospetto. I Simpson l’avevano predetta nel 2000 e i sondaggi non ci facevano molto affidamento, dunque si è iniziato a scavare per trovare l’eventuale falla ed è emerso che dalla Russia erano stati creati diversi account Facebook e inviati migliaia di troll su Twitter per screditare la candidata democratica Hillary Clinton in favore del biondissimo tycoon. Si è indagato anche su strani finanziamenti che sembravano essere giunti dalla Russia; alcuni magnati russi vicino al Cremlino erano soliti finanziare progetti edilizi per conto della Trump Organisation e chissà. Trump si era mostrato disponibilissimo ad un avvicinamento con la Russia del vecchio “zar” Putin e forse considerando che quasi tutti i presidenti americani avevano sempre lanciato aspre accuse contro la Russia di Putin (è al governo dal 2000), la maggior parte dell’opinione pubblica, degli organi di stampa e degli oppositori politici ha cercato di vederci chiaro. Non che i due paesi non possano un giorno riavvicinarsi per affossare per sempre l’era dei due grandi blocchi, ma oggi come vent’anni fa gli interessi delle due super potenze sono troppo simili per stringere una bella amicizia.
In Europa dunque la scia di novità ha toccato i cardini della comunità, cominciando dalla patria della Rivoluzione francese, riconfermandosi ancora una volta come il motore del cambiamento, come il fulcro delle rivendicazioni sociali e politiche ed è così che ha trionfato Macron, il quale è stato in grado di fare una proposta nuova al popolo francese. In Italia poi sono arrivate le elezioni del 4 marzo 2018. Forse uno dei paesi più conservatori, ancora influenzato dalle tendenze della seconda e terza Repubblica, composto per lo più da parlamentari corrotti, che fanno politica per “succhiare la linfa del popolo”, ha visto la disfatta della sinistra di Renzi e assistito ad una svolta proprio in tutt’altro senso. Con Salvini ha trionfato anche in Italia il populismo. Il populismo è un fenomeno che ormai da qualche anno si è fatto strada da ovest a est e da nord a sud lungo tutta l’estensione dell’Europa. La politica ha dimenticato di parlare per conto del popolo e secondo i bisogni del popolo da almeno vent’anni, da quando negli anni ’90 è diventa oscura, sporca e torbida.
Il popolo italiano è spesso troppo timido per manifestare, per rispondere ai giochetti della politica e da sempre ha avuto bisogno di una guida per capire dove reindirizzare il proprio malcontento; come un popolo di caproni ci accorgiamo che qualcosa non va quando è qualcun altro a farcelo notare, magari un forestiero. Lasciando cadere il discorso di destra o sinistra, nel senso proprio dello schieramento, bisogna considerare la Destra e la Sinistra come due movimenti di pensiero: gli ideali della Sinistra arrivati al 2018 hanno fallito e uno spettro volato da est ha capito su quale schieramento bisognasse fare pressione.
Le relazioni tra Russia e Italia risalgono da molto tempo indietro. Già durante il periodo della Repubblica di Venezia, erano stati stabiliti accordi commerciali e nei secoli il legame si è consolidato, soprattutto quando socialismo e comunismo trovarono un terreno fertile in Italia, sposando a pieno la dirigenza del Cremlino. Il Pci (partito comunista italiano) aveva un fortissimo legame con quello di Mosca, eppure durante la guerra fredda, l’Italia schierata a fianco degli Stati Uniti, è stata costretta ad allentare il legame con la Russia. Anche nel momento in cui l’Europa ha colpito la Russia con le sanzioni per l’attacco all’Ucraina e l’annessione della Crimea, l’Italia è stata costretta ad adeguarsi ai vertici europei ma soprattutto americani.
Dal profondo est Putin sembra osservare le manovre dei vari paesi membri e come in una partita di scacchi, osservare quale possa essere la mossa da fare per favorire i propri interessi. Il suo ruolo consiste nel creare scompiglio in Europa, dividere la Nato e favorire quegli esponenti politici che sono disposti a ridurre le sanzioni alla Russia per gli eventi sopra citati, come Salvini. Proprio per questo, spesso quest’ultimo, è stato criticato e messo sotto accusa per aver più volte manifestato la sua simpatia nei confronti dell’ex funzionario del KGB, Putin. Ovviamente sia per quanto riguarda l’Italia, che gli Usa non sono emersi o non sono stati trovati aiuti o finanziamenti oscuri, ma i sospetti non sono cessati anche perché appunto l’interesse che ha avuto l’Italia in un avvicinamento con i russi è sempre stato noto, considerando anche la preferenza per il gas russo.
All’interno di questa vicenda abbastanza contorta, bisogna considerare la questione dei finanziamenti ai partiti. Sin dalla nascita della prima Repubblica, si è sempre discusso molto in merito. Inizialmente i partiti non ricevevano alcun finanziamento pubblico, ma ricevevano denaro da enti privati, uomini di un certo spessore, industriali, ecc. Ovviamente finanziava quel dato partito chi aveva interessi allineati con quella determinata linea politica, di conseguenza attraverso il denaro, o meglio, mazzette, si corrompevano i politici ricattandoli con le bustarelle. Dati i continui scandali nel 1974 si decise di introdurre il finanziamento pubblico, in tal modo i vari partiti sarebbero stati finanziati con il denaro dei contribuenti, sperando di porre fine al continuo scambio di mazzette. In realtà i partiti assieme al finanziamento pubblico, continuarono ad accettare denaro anche da altri potenti, finché negli anni Novanta scoppiò Tangentopoli, rivelando a tutti gli italiani quanto il Parlamento fosse corrotto (probabilmente ancora oggi stiamo vivendo le conseguenze degli anni tra i più complicati della storia italiana del dopoguerra). Nel 1993 venne indotto un referendum per abolire il finanziamento pubblico, ma ancora una volta sarebbe bastato modificare il nome in: rimborso per le spese elettorali, il quale prevede che il partito che ha ottenuto più seggi ha diritto a più soldi. È una sorta di gioco alla lotteria, un pochino più losco però, infatti il rimborso non ricopre le spese sostenute da ogni partito per la campagna elettorale, bensì supera di gran lunga il denaro effettivamente speso e tutto ciò, ancora una volta, ricade sulle spalle degli italiani, che pagano le tasse per finanziare un gioco infinito.
Tale meccanismo non fa altro che limitare il ricambio politico, in quanto è impossibile per un cittadino che non possiede un portafoglio straripante come quello dei partiti ormai consolidati, pensare di poter compete con essi. In questo modo non si fa altro che favorire la corruzione e così gli interessi di chi si trova al vertice di questo meccanismo. I più ricchi insomma hanno la possibilità di influenzare ogni mossa politica e di giocare con quei burattini che sono i politici. Possiamo davvero parlare di democrazia in un sistema in cui può sopravvivere solo chi ha conti in banca da capogiro?
Nel 2014 il governo guidato da Enrico Letta propose l’abolizione sulla legge per i rimborsi elettorali, poi approvata dal governo Renzi. In realtà, seppur in partenza tale manovra poteva sembrare apparentemente positiva, si rivelò essere tutt’altro, poiché al suo interno veniva contemplata la possibilità di rendere anonimi i maggiori finanziatori dei partiti, come società e imprenditori, perché sia mai che venga lesa la privacy di chicchessia. Questa legge è uno schiaffo alla democrazia e a quell’arte che è la politica, che per Benedetto Croce era la più nobile fra tutte. Eppure così condotta, di nobile ha veramente poco. Ogni cittadino dovrebbe essere a conoscenza dei finanziamenti di ogni singolo partito in modo che ognuno possa decidere in maniera più limpida da chi farsi rappresentare. Ponendo ad esempio che sulla base del programma elettorale di una forza politica, un cittadino si trovi in linea con le sue idee e così decide di votarlo, senza sapere però che chi l’ha finanziata si pone in netto contrasto con gli ideali e i principi del cittadino stesso, favorendo inconsapevolmente un sistema che in realtà si cerca di combattere ed evitare.
Comunque è paradossale pensare che il ruolo della privacy assuma più o meno importanza in base a come viene applicata. La privacy è fondamentale ed è un diritto che tutti possiedono e attenti a non lederla! Quella dei potenti forse, perché il singolo cittadino si trova sempre costretto a nascondersi da quelle politiche di mercato che cercano di tracciare ogni minimo movimento online pur di captare gusti e preferenze. Quasi non siamo liberi di parlare di fronte ad uno smartphone o ad computer, perché in men che non si dica, la persona che stavamo nominando in una conversazione tra amici e che non ritroviamo nel nostro portafoglio di amicizie su Facebook, ci compare nella lista di “persone che potresti conoscere”. Dunque sarebbe bene che il governo oggi in carica abolisse la legge sulla privacy per quanto riguarda i finanziamenti perché la politica deve essere trasparente.
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