Parlare, da millennial, ad altri millennials, del festival di Woodstock, potrebbe sembrare abbastanza contraddittorio. Nessuno di noi può dire, a meno che non possieda una DeLorean alla “Doc” Brown, di esserci stato quando Jimi Hendrix, davanti a mezzo milione di persone, suonò l’inno americano simulando con la chitarra le esplosioni delle bombe in Vietnam.
“I hope to die before I get old” cantava Roger Daltrey con i suoi Who nel 1969. Non è morto, anzi. In tempo per leggere (e stroncare, come riportano i media) l’ultima notizia: in occasione del cinquantesimo anniversario, Woodstock farà il suo ritorno in America. Ad annunciarlo è Michael Lang, lo storico promoter e co-fondatore del primo festival. Dopo mesi e mesi di rumours, sulla pagina woodstock.com e sui profili social sono apparse le date e la location: i “tre giorni di pace, amore e musica” si terranno a Watkins Glen, New York, dal 16 al 18 agosto.
Se la fattoria di Bethel, sito originale, per quanto ben conservata, non è stata scelta dagli organizzatori per la riproposizione dell’evento, le date stabilite vogliono essere, giorno più giorno meno, un omaggio al festival originale, che si tenne proprio dal 15 al 17 dello stesso mese.
Non è la prima volta che si tenta di riproporre l’evento del ’69, apoteosi del rock e mito di una generazione. Qualcuno magari ha sentito parlare del cosiddetto “mudstock“, tenutosi in occasione del venticinquesimo anniversario: un “two more days of peace and music” trasformatosi in una battaglia tra la pioggia e il fango. Si vorrebbe dimenticare invece il 1999: incendi, abusi sessuali, un morto per overdose.
Woodstock ’99 fu solo un evento musicale senza alcuna rilevanza sociale. Fu soltanto una grande festa. Questa volta torneremo alla situazione originale e alle nostre radici. Controllando tutto.
Michael Lang rassicura i vecchi e i nuovi fan: per il cinquantesimo anniversario conosceremo un evento senza precedenti. Ancora segreta la line-up, fino alla messa in vendita dei biglietti a febbraio, ma il promoter, intervistato da RollingStone, rivela di aver già confermato quaranta nomi, tra vecchie glorie, tribute band e artisti emergenti.
Sarà una scaletta eclettica. Ci sarà hip hop, rock e pop (…). Siamo anche in cerca di qualche collaborazione unica, qualche reunion e un sacco di nuovi talenti.
Sul web si scatena il toto-artista: Pearl Jam, Foo Fighters, Bruce Springsteen tra i più gettonati. Ma si auspica anche il ritorno di Joan Baez, “l’usignolo di Woodstock” o di Carlos Santana. Solo indiscrezioni per ora, pettegolezzi, che non hanno tuttavia frenato centinaia di americani, ma anche canadesi ed europei, dal riservare, con mesi di anticipo, un alloggio nelle vicinanze.
Non si fecero problemi di sistemazione o prenotazioni nel 1969. La storia narra che circa cinquecentomila persone occuparono un’area programmata per accoglierne non più di duecentomila. Dormirono in tenda, adattandosi a servizi igienici insufficienti e fronteggiando un violento acquazzone. Poi la droga: LSD, amfetamine. Si ha notizia di due morti, una causata probabilmente da un’overdose di eroina, l’altra per via di un trattore, che investì un giovane che dormiva in un campo vicino, in un sacco a pelo. Non fu un evento rose e fiori, come qualche scatto in bianco e nero, dal sapore nostalgico, vorrebbe farci credere. Woodstock si chiuse con tiepide recensioni da parte della critica, una serie di problemi tecnici, e più di un milione di dollari di perdita.
Ma ci fu musica. Ore, giorni di musica. Venerdì 15 agosto, sul palco di Bethel salirono le stelle del folk: Ritchie Havens, Arlo Guthrie, la pacifista e attivista Joan Baez, al sesto mese di gravidanza. Il giorno successivo fu la volta dell’allora semi-sconosciuto Carlos Santana con la sua band, che conquistò il pubblico con un incredibile mix di rock e sangue latino. Celebre l’assolo di percussioni per Soul Sacrifice di Michael Shrieve, vent’anni, allora il musicista più giovane di tutto il festival: un’altra dimensione.
https://youtu.be/AqZceAQSJvc
Seguirono i Grateful Dead, i Creedence Clearwater Revival, con il loro cocktail originale di Rhythm&Blues, musica folk e country-rock. Janis Joplin salì invece sul palco dopo ore di attesa trascorse nel consumo di alcolici ed eroina: una performance comunque ad alto livello, ricordano le fonti, ma che non convinse affatto la cantante. Fu proprio Janis a negare i diritti per il proprio show, affinché non venisse incluso nell’album dedicato a Woodstock e nel documentario successivo.
Gli Who entrarono in scena alle quattro della domenica mattina. All’apice della loro carriera, suonarono Tommy, prima, grande opera rock del gruppo: la storia di un ragazzo divenuto cieco, sordo e muto dopo un trauma, futuro mago del flipper e nuovo Messia. I racconti vogliono che, durante l’esecuzione di See me, feel me, i primi raggi di sole si fecero largo tra le nuvole illuminando suggestivamente il campo di luce. “This is my generation, baby”. Chitarra Gibson consegnata al pubblico, un mare di applausi.
Jefferson Airplane, Joe Crocker, Nash, Crosby, Stills e Neil Young. Un concentrato di emozioni per l’ultimo giorno di festival. La chiusura, prevista per la mezzanotte, slittò alle nove del mattino di lunedì. Molti avevano già lasciato Woodstock quando sul palco si presentò Jimi Hendrix, il musicista più pagato, giacca bianca con perline, fascia sul capo. La performance della sua band è storia: due ore di concerto, da Purple Haze a Voodoo Child. Poi Jimi sorprese tutti, trasformando la Fender Stratocaster in una mitragliatrice e suonando l’inno nazionale americano, già registrato in studio in precedenza, mentre forte si levava la protesta contro la guerra in Vietnam.
Se un genitore ha a cuore i propri figli dovrebbe conoscere la musica che ascoltano. Il ruolo della musica è fondamentale in quest’epoca… è necessario prenderne coscienza. La musica è più forte della politica. Agli occhi dei ragazzi noi musicisti diventiamo un punto di riferimento, molto più in fretta di quanto faccia il presidente coi suoi discorsi. Ecco perché a Woodstock erano tantissimi.
Così ricorderà l’artista nella propria biografia. In realtà sembra che il festival non ebbe nell’immediato la risonanza che ci si aspetterebbe. Il mito di Woodstock si scatena solo qualche mese dopo, grazie al docufilm di Michael Wadleigh, premio Oscar 1970, che, sorvolando sui problemi e sugli incidenti, diede il via alla favola. Ecco di seguito un triplo album, lanciato dalla casa discografica Cotillion Records, con una selezione del “meglio”. Poi la morte, a soli ventisette anni, di Jimi Hendrix e Janis Joplin: la consacrazione definitiva della leggenda.
Mentiremmo nel dichiararci insensibili, ancora oggi, all’aura di Woodstock 1969, nonostante produttori e cantanti stessi ci abbiano più volte messo in guardia dall’abbandonarci al sogno: pessima organizzazione, traffico, carenza di servizi, assenza di un vero e proprio backstage. Ma il 16 agosto si avvicina e il tutto esaurito per i B&B circostanti Watkins Glen dimostra che la speranza che l’evento si ripeta è oggi più viva che mai. Certo, parliamo di epoche diverse. Il 1969 è l’anno del movimento hippie, è l’anno dell’attivismo, del sogno, più o meno edulcorato, di verità e di libertà. Un festival che, per quanto nella nostra immaginazione un po’ “fuori dal tempo”, nel suo tempo profondamente e socialmente radicato.
Il promoter Michael Lang ci invita a credere in Woodstock 2019, una manifestazione che si promette multiculturale e globale. In streaming, per tutti. Se la line-up resta ancora segreta, una cosa il produttore lascia trapelare: saranno coinvolte alcune ONG.
Le cose sul pianeta sono in condizioni critiche, specialmente quando si parla di riscaldamento globale. Tutti hanno un ruolo da interpretare e far finta di niente è ridicolo. Voglio che la gente capisca come essere coinvolta. È una delle mie maggiori motivazioni.
Non ci resta che aspettare, e avere fiducia: che non sia solo un grande evento, ma che la musica possa avere ancora qualcosa da dire. Qualcosa di forte.
By the time we got to Woodstock
We were half a million strong
And everywhere there was song and celebration
And I dreamed I saw the bombers
Riding shotgun in the sky
And they were turning into butterflies
Above our nation
We are stardust.
FONTI
Jimi Hendrix, Zero. La mia storia, Einaudi 2014.
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