2+2=5

I Radiohead del 2003: tra riferimenti orwelliani e danteschi

Si sa, un classico è davvero un classico se è in grado di parlare all’umanità anche a distanza di anni luce. E ciò è facilmente constatabile anche dalla quantità di arte che l’opera ispira.

Prendendo in considerazione il caso del capolavoro (a dirla tutta, di uno dei capolavori) di George Orwell, “1984“, di anni ne sono passati poco meno di settanta. Ciononostante, esso continua sicuramente a tornare utile al genere umano, non fosse altro che per offrire un ottimo spunto di riflessione. Spunto di riflessione che ha decisamente attraversato la mente di Thom Yorke, frontman della Rock band Radiohead, quando ha deciso di pubblicare Hail to the Thief (sesto album in studio del gruppo, pubblicato nel 2003). In particolare, è davvero facile cogliere un esplicito riferimento alla distopia orwelliana nella prima traccia dell’album, “2+2=5” (che presenta anche un sottotitolo, “The Lukewarm”, molto importante anch’esso e che contiene un altro esplicito riferimento letterario).

“2+2=5” altro non è che uno slogan, presente nel libro e coniato ad hoc da Orwell, che rimanda strettamente al bispensiero, quella sorta di meccanismo psicologico che consente, a chiunque sia in grado di adoperarlo, di credere contemporaneamente ad un’idea e anche al suo contrario, di essere consciamente convinti di qualcosa che nell’inconscio si sa essere falso (e viceversa). Considerando l’intreccio che il libro ci presenta, si può ben capire come il bispensiero sia essenziale, secondo il Partito, per mantenere l’ortodossia del popolo.

Ed è proprio di questo che canta Yorke in questa canzone, ma non solo: come detto prima, il sottotitolo è “The Lukewarm”, ovvero, per usare un termine dantesco, “gli ignavi“. Essi altro non sono che coloro che non hanno fatto una scelta, che non si sono schierati né con il bene né con il male, che semplicemente hanno preferito non agire, senza mai avere un’idea propria e senza mai prendersi una responsabilità. Già da Dante questa tipologia di uomini era lungamente disprezzata: non per niente essi si trovano nel vestibolo dell’Inferno (e nella Divina Commedia, li si può incontrare in Inf. III) proprio perché, secondo lui, che prova per loro un disgusto massimo, non meritano né di trovarsi in Paradiso ma neanche di fare parte dell’Inferno.

Anche i Radiohead si scagliano duramente contro ai vili: ciò si palesa anche dal punto di vista strettamente sonoro, poiché la canzone in sé si costituisce come un crescente climax verso il corpo centrale del testo, dove Yorke quasi urla quella che è sicuramente la frase più famosa di tutto il testo, ovvero

You have not been paying attention!

Ma gli ignavi non sono risparmiati neanche in tutto il resto del testo: un attimo prima dell’urlo di denuncia di Yorke, ai nostri occhi si presentano frasi come

It’s the Devil’s way now,

There is no way out,

You can scream and you can shout,

It is too late now.

dove è proprio esplicato come, per colpa di coloro che non prendono una posizione nella vita, ormai è troppo tardi e si può urlare quanto si vuole, ma ormai il Diavolo ha istituito il suo regno e non c’è più via d’uscita.

Molto significativa è anche l’ultima parte, dove, a seguito del climax, la canzone prende una piega quasi maniacale: vi sono numerosissime ripetizioni, quasi ossessive, che aumentano il pathos e fanno sì che l’attenzione dell’ascoltatore sia particolarmente concentrata su ciò che Yorke sta dicendo. Infine poi, in chiusura, viene ripresa prettamente la tematica del bispensiero, dove è tutto talmente relativo da non avere la reale percezione e comprensione nemmeno di ciò che avviene per davvero:

Oh, go and tell the king that the sky is falling in

But it’s not, but it’s not

Maybe not, maybe not.

Quello che i Radiohead fanno con questa prima traccia e, più in generale, con l’intero album, è riportare in musica quelle sensazioni terrificanti di soggezione e censura che Orwell riesce così bene a trattare e a evocare nella mente dei suoi lettori, con lo scopo di scampare a situazioni così estreme a livello politico, ma anche e soprattutto a livello di collettività: ciò che più importa a Yorke è che le persone prendano una posizione e facciano una scelta quando ancora è possibile fare una scelta. Perché per la letteratura, così come per la storia, ormai è troppo tardi e non si può cambiare ciò che è già avvenuto: ma il mondo odierno ha ancora una speranza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.