«Questo è il primo biglietto che scrivo e lo scrivo per te Giacomo in una notte d’aprile, a Firenze. Comincio dunque da te questo libro augurale sapendo che lo potrai leggere solo fra molti anni e quindi io cerco – per questi messaggi – una piccola legittimità a resistere al tempo. Ho comunque fretta di farti gli auguri per questo tuo primo Natale.»
Ventiquattro biglietti da recapitare ai diretti interessati il giorno di Natale del 1986: questo era l’originale disegno di Biglietti agli amici di Pier Vittorio Tondelli. Scritto sulla soglia dei trent’anni, è questo un libro raro e indubbiamente anomalo per un autore come Tondelli, conosciuto per una produzione narrativa e saggistica di più ampio respiro. Biglietti agli amici è un prodotto di artigianato: un libretto prezioso, «destinato a un pubblico protetto», dall’iniziale intento esplicitamente privato. L’autore sembra guardare indietro alla tradizione classica, agli antichi xenia di Marziale: veri e propri biglietti di auguri che l’autore latino era solito mandare agli amici. Prose brevi, concise, sempre argute e di piena dignità letteraria.
Preziosità e mistero avvolgono l’opera, sia per la sua natura sia per un cammino editoriale tortuoso e accidentato. Dopo la prima tiratura di ventiquattro copie, a carattere limitato e non destinata alla vendita – in questa edizione i nomi degli amici erano scritti per esteso –, segue una seconda tiratura di cinquecento copie, edita da Baskerville, che infrange l’intimità del libro e lo porta sotto lo sguardo pubblico, in libreria. Il carattere privato rimane però protetto grazie alla sostituzione dei nomi degli amici con le iniziali puntate. Da quella tiratura il libro non è stato più ristampato, complice il caso, che impedì una terza tiratura a causa di una svista di un tipografo un po’ distratto, che invece di riportare le sigle, sciolse i nomi dei destinatari.
Anni dopo, nel 1991, l’autore, ricoverato presso l’ospedale di Reggio Emilia, rimise mano ai suoi Biglietti, con l’intento di lavorare a una nuova edizione rivista, ma il progetto non andò a termine. Oggi circola la pubblicazione di Bompiani – uscita nel 1997 a cura di Fulvio Panzeri –, che aderisce alla versione del 1986. Un’edizione ancora più impreziosita, che, oltre i biglietti dell’edizione a stampa, riporta in anastatica anche i dattiloscritti delle bozze, corredati da cancellazioni, ripensamenti, correzioni e ricorrezioni: l’implacabile labor limae tondelliano. Prende forma così un’edizione dalla doppia intimità: la storia privata di biglietti privati, dalla quale emerge ancor più il carattere artigianale dell’opera.
Ma l’arcano non si esaurisce in un’impervia storia editoriale. Tutti i biglietti sono inseriti in una misteriosa architettura zodiacale, corredata da tavole astrologiche e angeliche, che Tondelli prese in prestito da Barrett. Un biglietto per ogni ora del giorno e della notte, governata da angeli e pianeti diversi a seconda del giorno della settimana. Qual è il significato di queste tavole? L’autore non fornisce né indicazioni né chiavi interpretative, offrendole agli amici come parte di una cornice sibillina e trascendentale. Un rebus per noi lettori.
In pieno stile tondelliano, queste dediche concentrano svariate riscritture – da Bachmann; Leonard Cohen; gli Smiths; Joe Jackson –, a comporre un gorgo citazionistico in cui le diverse voci si sfumano e si compenetrano l’una con l’altra, assumendo nuove vesti e intonazioni. Nascono così biglietti che suonano come canzoni:
«Why can’t you be just more like me,
Or me like you.
And why can’t one and one
Just Add up to two.
But
We can’t live together
But, we can’t stay apart».
Questi frammenti sono anche materiale creativo vivo, appunti embrionali che confluiranno in opere successive, a costruire la tela intricata di rimandi e fil roug dell’intera opera tondelliana. E così il biglietto numero 14
«In quel dicembre a Berlino, nella tua casa di Kopenickerstrasse io volevo tutto. Ma era tutto, o solo qualcosa, o forse niente?
Io volevo tutto e mi sono sempre dovuto accontentare di qualcosa»,
approda in Camere separate:
«Un giorno, in treno, in uno scompartimento affollato Leo gli aveva detto, malinconico: “Io ho sempre voluto tutto Thomas. E mi sono sempre dovuto accontentare di qualcosa”».
Biglietti quindi come bisogno di contatto, di comunicazione intima di un sentire interiore. Testimonianze di viaggi, di insofferenze – «all’apice di un travagliatissimo periodo nero, altro non si faceva che girare in lungo e in largo l’Italia alla ricerca disperata di una città» – di amori passati, nostalgici e di ritrovamenti. Tensioni e luoghi prettamente tondelliani, come il sentimento di amore, indomabile, travolgente e impossibile da ragionare. L’emotività e l’irrazionalità vengono eletti come unici e autentici spazi vitali:
«A Milano crolli nervosi, intensità emotive ed eccitazioni febbrili si sono succedute e rivoltate con inedita repentinità; e dov’eran trionfi e vittorie, un attimo dopo esistevano solo rovine e maceria, come peraltro dieci minuti avanti… Ma io vivevo solamente negli spazi delle mie emozioni d’amore e dove più stavo male e più le intimità erano stravolte dalla passione e i miei pensieri del sentimento, e dove i miei equilibri più infranti e le mie sicurezze turbate, più mi sentivo di esserci. Cercavo solamente grandi burrasche emotive. Questo per me era l’unico modo di amare.
E forse sono proprio questi biglietti le medicine alla passione dolorosa e all’abbandono, da somministrare meticolosamente uno a ogni ora del giorno. Biglietti agli amici, chiamati inizialmente Appunti per una Fenomenologia dell’Abbandono, nascono per l’appunto come una riflessione sullo stato di abbandono in quanto condizione universale dell’uomo, dimenticato da tutto e tutti e persino da se stesso. Un libro che potrebbe essere una raccolta dei nostri messaggi quotidiani, quelli più curati e amorevoli, scritti per accorciare le distanze, per ritrovare comunione di affetti e condividere il peso tragico e straordinario di un vivere e di un sentire in continua alternanza tra spazi pieni e vuoti.
Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici, Bompiani, Bologna, 2012