Nico, femme fatale dei Velvet Underground o qualcosa di più?

Presentato al Festival di Venezia, dove ha vinto il Premio Orizzonti, a fine ottobre è uscito nelle sale Nico, 1988, film diretto da Susanna Nicchiarelli in cui si racconta la seconda vita di Christa Paffgen, meglio nota al pubblico come Nico.

Nata a Colonia nell’ottobre 1938, Christa cresce nella Germania devastata dalla guerra. E’ una ragazza bellissima e questa bellezza rappresenterà, nel corso della sua vita, una benedizione e maledizione allo stesso tempo.

Scoperta dal fotografo Herbert Tobias, nel 1955 inizia a lavorare come modella per Vogue Francia. Il trasferimento a Parigi segnerà la prima svolta nella sua vita, a cominciare dal nome, che, su consiglio del fotografo, diventa Nico, ispirato al regista greco Nico Papatakis. In questo periodo si affiancherà al mestiere di modella quello di attrice, che vede la partecipazione di Nico in numerosi film, tra cui La dolce vitadi Fellini.

Sarà però grazie all’incontro con Serge Gainsbourg che Nico si avvicinerà finalmente alla musica. Un percorso che nel 1964 porterà il suo primo album, Chelsea girl, tra le mani di Andy Wharol.

Nico entra così a far parte della Factory e partecipa al primo progetto di Wharol come produttore: il disco dei Velvet Underground, contribuendo alla realizzazione del disco cantando canzoni come Femme fatale Venus in furs e suonando il tamburello.

Il disco fu un successo clamoroso ed è ancora considerato oggi uno dei migliori dischi della storia, ma la collaborazione si interromperà nel giro di poco tempo, dando inizio alla carriera da solista della cantante.

La seconda vita di Nico

La decisione di allontanarsi dal gruppo segnerà un cambiamento profondo non solo alla sua carriera, ma anche alla sua immagine. E’ questa nuova fase della vita della cantante, forse la più autentica, quella descritta dal film, seguendo gli ultimi tour della cantante in giro per l’Europa.

File:Nico at Lampeter University - November 1985 (1).jpg

Considerando un ostacolo la sua bellezza, Christa si tinge i capelli di scuro, comincia a vestirsi di nero e ad assumere eroina. Allo stesso tempo, su consiglio di Jim Morrison, inizia a scrivere i propri testi. Sono testi diversi, in cui sfoga tutto il disagio e i patimenti interiori, dovuti anche al difficile rapporto con il figlio, Christopher Aaron, detto Ari, avuto nel 1962 da Alain Delon, che non l’ha mai riconosciuto.

Il bambino è stato cresciuto dai nonni paterni e Nico ne ha sofferto molto il distacco. Tra i due c’è sempre stato un legame molto forte e profondo e quando, nel 1986, Ari rischia la morte a causa di un’overdose di eroina, Nico, molto scossa, decide di smettere di assumere droghe, per cominciare un periodo di recupero.

Il film descrive molto bene le ultime fasi della vita della cantante, mostrando una Nico lontana dalla femme fatale dei Velvet Underground cui spesso si ricollega l’immaginario comune. Una Nico, Christa, che cerca di staccarsi dal proprio passato e di recuperare il rapporto con il figlio, affermando una nuova identità artistica, più complessa e sofisticata rispetto alla precedente, e per questo forse più dolorosa e difficile.

 

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