Cosa vuol dire trasgredire? Un verbo complesso, il cui significato è dipendente da una serie di variabili socio-culturali. Ma la ricerca di un significato semiuniversale della trasgressione è una prerogativa per Sebastian Lelio, il regista che fa dell’analisi della disobbedienza una costante nel suo percorso artistico.
L’inchiesta diventa centrale in Disobedience (2017), l’esordio britannico dell’artista cileno, uscito ad ottobre nelle sale italiane. L’inizio è simbolico: un rabbino, anziano e dall’aspetto autorevole, parla ai fedeli dell’importanza della libertà, come forma d’espressione naturale umana. La sua morte mette in moto la vicenda, portando sua figlia Romit (Rachel Weisz), un’affascinante fotografa diventata famosa a New York, a tornare a Londra, nella piccola comunità ebreo-ortodossa in cui è cresciuta. Qui Romit incontra la timida Esti (Rachel McAdams) e il cugino Dovid (Alessandro Nivola), suoi compagni d’infanzia che avranno un ruolo cruciale nella vicenda.
Dopo una partenza poco convinta, il film di Lelio compie passi più decisi verso il fulcro della storia, trasportandoci nel vivo di una passione sfrenata, che non può essere tenuta a bada nonostante i disperati tentativi. Inizialmente, infatti, ci si può dire confusi circa i rapporti tra i personaggi, che appaiono freddi, distaccati, evidentemente dovuti a un preciso motivo d’imbarazzo, ma a metà film viene svelato l’arcano (ALLERTA SPOILER). Le due Rachel si addentrano nella casa del defunto rabbino, sprofondando nei ricordi e cedendo agli impulsi incontenibili: un bacio sfrenato riaccenderà il loro antico amore, soffocato con forza, ma mai spento del tutto.
Da questo momento inizia una fuga verso la libertà, durante la quale il corpo di Esti si mostra nudo, vero, privo delle calze pesanti e delle parrucche ipocrite imposte dal bigottismo religioso che lei stessa aveva scelto di seguire, diventando un’insegnante e una brava mogliettina paziente. E le due protagoniste si scoprono bellissime, libere e totalmente immerse nel loro sogno erotico. Lelio ci pone davanti all’esplosione di un amore sofferto, che risente del contrasto tra due personalità opposte (sicura e sfacciata Romit, timida ma determinata Esti) così come delle vicende passate, quando le ragazze avevano dovuto dirsi addio.
Ed è così che all’espressione dei sentimenti si contrappone l’occhio della censura, i cui ciechi rappresentanti distruggono inconsapevolmente una cosa preziosissima: la libertà d’amare, che nessun Dio metterebbe in pericolo. La battaglia dei moralisti fa vacillare la relazione scatenando rabbia, frustrazione, e svelando i motivi del primo abbandono.
Il tutto si risolve in un messaggio straordinario, senza tempo, che anche il promesso rabbino Dovid, così fermo nella sua impossibilità di cedere all’istinto, riesce a comprendere. Il suo discorso finale e l’abbraccio triangolare che chiude il film, infine, palesano la voce di Lelio: una dolce protesta contro gli attentati alla libertà, appellandosi alla consapevolezza che ognuno di noi ha dello stare al mondo: un cammino fatto di ostacoli per affermare la propria identità.