Qual è il senso di preferire un’etichetta discografica indipendente rispetto a una major? Qual è il reale valore del termine indipendente in un panorama musicale come quello attuale, dove il profitto sembra essere l’unica cosa importante?
Di questo e di molto altro ancora si è parlato lo scorso 3 dicembre, presso l’Università Bocconi, ove si è tenuto un incontro (organizzato dall’associazione studentesca TEAM – Bocconi) che ha visto come protagonisti Lo Stato Sociale (erano presenti Lodovico Guenzi, Alberto Cazzola e Alberto Guidetti) e Jambo Praticò, il manager della Garrincha Dischi, etichetta discografica indipendente; quest’ultima può vantare di avere sotto la sua ala di protezione molti artisti noti per chi frequenta il territorio della musica indipendente, quali Ex-Otago, Management del dolore post operatorio, L’officina della camomilla e tanti altri.
In seguito ci si è concentrati strettamente sulla differenza tra le grandi case discografiche e le piccole etichette indipendenti. Innanzitutto bisogna ribadire il significato del termine “indipendente“: come anche Guenzi stesso si è premurato di precisare, l’etichetta“indie” non va data a un cantante (o a una band) in base alla musica, ai testi, alla cavalcata di un onda o di una moda passeggera. L’indie ha a che fare strettamente con l’etichetta discografica.
Che un cantante decida di affidare i propri master a una casa discografica indipendente sicuramente lo rende più libero, secondo Praticò, perché le major hanno come logica primaria il profitto. La logica che muove un’etichetta discografica indipendente, invece, non è il profitto, bensì la volontà di fare cultura e di dare spazio a qualcuno che lo merita.
Poi, i ragazzi de Lo stato sociale, prendendo la parola, hanno rivelato anche qualcosa di sé: hanno affermato di non appartenere a un genere ben specifico e di essere a loro modo “particolari“, dato che tutti e cinque scrivono i testi, tutti e cinque cantano; ed è anche per questo che scelgono di essere rappresentati da una casa discografica indipendente. Ma la cosa più importante di questa scelta, per loro, è il lato umano: hanno affermato scherzosamente che Praticò, quando li ha conosciuti, era il loro assistente sociale e che lo è ancora adesso, oltre a svolgere il suo vero lavoro di manager.
Una delle affermazioni più forti è stata fatta da Lodo Guenzi, quando ha affermato che Lo stato sociale ha fallito, nonostante il successo: secondo lui, l’essere indipendenti non ha a che fare con la moda, con il suono, con l’abbigliamento, e che tutto ciò è soltanto “una poltiglia di narrazione modaiola”.
L’indipendenza è un modello di rapporti ed è un modello produttivo: i ragazzi de Lo stato sociale hanno provato a portare ad un livello più alto quel modello produttivo, ad esempio entrando nei palasport per primi, ma con biglietti a prezzi popolari, scegliendo di suonare gratuitamente per gli eventi cui sono interessanti, definendo le proprie collaborazioni, scegliendo di pubblicare gli album che preferiscono e quando preferiscono; sostanzialmente, scegliendo di competere con gli artisti di alto calibro pur rimanendo indipendenti.
Pertanto, il fallimento del gruppo starebbe proprio nel fatto che del loro percorso sono rimasti solo i dati: secondo Lodo, hanno fallito perché non sono riusciti a dimostrare che la loro è un’opzione possibile, un percorso potenziale; si può scegliere di avere successo pur rimanendo legati a dei principi morali molto saldi, rimanendo liberi. E come risultato hanno avuto colleghi che hanno iniziato a fare concerti nei palasport ma con biglietti tre volte più costosi.
Il messaggio che Garrincha Dischi e Lo stato sociale hanno voluto e vogliono mandare, in sostanza, è che si può ancora scegliere di fare musica in modo “pulito”, libero, senza costrizioni di sorta. Che anche in un panorama musicale governato dalle major, dalla logica del profitto, si può scegliere di intraprendere un percorso che valorizzi la qualità, non che generi un prodotto alla moda, di facile consumo e dalla difficile vittoria alla prova del tempo. Perché sarà davvero il tempo a rivelare chi ha avuto successo per seguire una moda e cosa no. E lì, forse, vedremo la rivincita delle etichette indipendenti.