Ecosistemi devastati da conflitti mondiali, interi continenti inondati da radiazioni, apocalissi termonucleari e sopravvissuti costretti a fuggire su colonie spaziali o a nascondersi per generazioni prima di poter tornare a una specie di normalità, che spesso vede al potere dittature che perpetrano discriminazioni di vario tipo. Il tema del pianeta Terra reso inabitabile da guerre atomiche, con conseguenze più o meno gravi, è decisamente in voga negli ultimi anni, anche grazie all’enorme successo che stanno avendo i romanzi distopici, in particolare modo quelli Young Adults.
Hunger Games di Suzanne Collins, The 100 di Kass Morgan, Divergent di Veronica Roth, per citarne alcuni, vedono i protagonisti alle prese con un mondo post-conflitto nucleare che è governato da regimi totalitari – come nel caso dei romanzi di Roth e Collins – o con una terra potenzialmente abitabile che va esplorata per capire se la vita sia davvero possibile – come nel romanzo di Morgan.
E proprio il romanzo The 100 di Kass Morgan è un esempio interessante del rapporto tra romanzi di fantascienza post-apocalisse nucleare e il tema dell’ambientalismo: una disastrosa guerra atomica ha reso la Terra inabitabile e l’umanità, almeno in parte, ha dovuto trovare rifugio in tre stazioni spaziali che per trecento anni hanno orbitato attorno all’atmosfera, mentre sul nostro pianeta gli esseri viventi morivano e subivano spaventose mutazioni genetiche per effetto delle radiazioni.
Dopo tanto tempo, però, la vita nelle colonie inizia a farsi difficile a causa della scarsità crescente di risorse e l’aumento della popolazione, tanto che si decide di mandare 100 ragazzi (che si erano macchiati di crimini di vario genere) sulla Terra per verificare se sia tornata abitabile e ri-colonizzarla. Quello che trovano, dopo un atterraggio di fortuna, è una natura selvaggia, incontaminata: i quattro protagonisti, rispettivamente Clarke, Bellamy, Wells e Glass, non riescono a capacitarsi della maestosità e della pace dei boschi, della pioggia, dei colori vivaci che li circondano. Tutte cose che si danno per scontate ma che loro avevano letto solo nei libri. Dopo più di tre generazioni loro sono i primi a poter tornare a casa, una casa che i loro bis-bis nonni avevano quasi distrutto:
«Nessuno ha camminato sulla Terra per centinaia di anni — fino a adesso».
Nell’ultimo periodo, quindi, i romanzi distopici hanno avuto un incredibile successo, successo che gli esperti attribuiscono ai tempi incerti in cui i giovani stanno crescendo. Molti romanzi sono ambientati in un futuro post-apocalittico, in cui le nuove generazioni si trovano a dover subire le scelte sbagliate dei loro predecessori, oltre che ad affrontare, in un tale contesto, il già di per sé difficile passaggio dall’adolescenza all’età adulta.
Todd Mitchell, professore di letteratura e scrittura creativa alla Colorado State University, ha le idee chiare sul perché i Millennials (e non solo) apprezzino in modo particolare questo genere letterario:
«In questo momento, sappiamo a livello profondamente inconscio (o forse anche conscio) che stiamo rovinando le cose. Sappiamo che tutto il nostro inquinamento e il consumo eccessivo delle risorse sta portando il pianeta alla rovina. Potremmo non accettare la teoria scientifica del cambiamento climatico, ma non possiamo ignorare tutte le siccità, inondazioni, tempeste, incendi boschivi, ondate di calore e altri segni di un mondo che ha perso il suo equilibrio. Né possiamo ignorare i molti segni di disuguaglianza sociale che portano a disordini civili».
La particolare sensibilità delle nuove generazioni a questi temi, continua Mitchell, è una delle cause della popolarità dei libri ambientati in un futuro distopico:
«Penso che gli adolescenti siano particolarmente consapevoli di questo, forse perché non sono così inseriti nello status quo. O forse perché questo è il mondo che stanno ereditando, e sono [sconvolti] dal fatto che noi lo stiamo distruggendo. Quindi c’è un filo di ansia che attraversa la nostra cultura».
Secondo Business Insider, le nuove generazioni, come i Millennials e la Generazione Z, stanno iniziando a subire gli effetti della crisi climatica che le umanità precedenti hanno contribuito a creare e ne sono perfettamente consapevoli; uno studio del British American Group inoltre attesta che
«Più di qualsiasi altra generazione prima di loro, i Millennials sono impegnati a sostenere l’ambiente. Il rispetto per l’ambiente è così importante per questa fascia demografica, che influenza cosa e dove comprare (o non comprare) a seconda dell’atteggiamento che i marchi hanno nei confronti della difesa dell’ecosistema».
Mentre il Cone Communication Millennials CSR Study, che attesta le abitudini e comportamenti dei diversi segmenti dei Millennials, ha riscontrato che
«I Millennials dicono che sono disposti a fare sacrifici personali per avere un impatto sulle questioni che stanno loro a cuore, sia che si tratti di pagare di più per un prodotto (70% contro il 66% della media statunitense), condividere i prodotti piuttosto che acquistare (66% contro il 56%) o subire un taglio salariale pur di lavorare per un’azienda responsabile (62% contro il 56%)».
A fronte di tutti questi studi, che attestano come i Millennials abbiano a cuore la difesa dell’ecosistema, non stupisce che i romanzi distopici ambientati in un mondo ostile, distrutto da guerre, inquinamento e catastrofi naturali abbiano tanto successo. Viene da pensare che, come suggeriva Mitchell, leggere di giovani che affrontano (anche sacrificando se stessi) catastrofi climatiche e le conseguenze delle guerre atomiche funga quasi da catarsi, da rassicurazione che ci sia ancora qualcosa che si possa fare prima che il mondo che conosciamo sparisca per sempre.
K. Morgan, The 100, BUR, 2017
73% of Millennials are eco-invested, British American Group, 9 Febbraio 2018