Se attingiamo all’immaginario collettivo, abbiamo tutti in mente i bestiari medievali colmi di illustrazioni di mostri, draghi e chimere. I lettori moderni lo ricollegano al mondo della Rowling grazie ad Animali Fantastici e dove trovarli, gli intellettuali a Borges, mentre gli appassionati di fumetti a Pazienza e Jacovitti. Il bestiario è un oggetto quasi mitologico che ha a che fare soprattutto con il mondo letterario e quello delle illustrazioni, ma cosa c’entra con il mondo musicale?
A rispondere a questa domanda ci ha pensato il cantautore toscano Lucio Corsi, che alle porte del 2017 ha pubblicato Bestiario musicale per la Picicca Dischi (Brunori SAS, Maria Antonietta, Appino). Un’operazione coraggiosa e molto, molto particolare quella del giovane Lucio, che dopo due EP prodotti inaspettatamente da Federico Dragogna (Ministri), nei quali si è presentato come cantastorie poetico e bizzarro, pubblica il suo primo vero album: un concept formato da otto brani, ognuno dei quali è chiamato semplicemente col nome di un animale selvatico, raffigurato nell’illustrazione in copertina, immagine che racchiude l’essenza del bestiario e del disco.
Quelle di Bestiario musicale sono canzoni da ascoltare con attenzione, racconti musicati auto conclusivi, narrati dal punto di vista degli animali del bosco che popolano la terra di Corsi, ovvero la Maremma. Atmosfere notturne, lievi e sognanti, ben costruite grazie all’arrangiamento minimale. Spesso la voce è accompagnata dal solo arpeggio di chitarra acustica o di pianoforte, i suoni del bosco sono riprodotti con l’uso di percussioni, sonagli, campanelli e corde di archi pizzicate. Colpisce l’assenza della batteria rimpiazzata ritmicamente dal contrabbasso che con le sue vibrazioni amalgama e fa da struttura alla costruzione della canzone e a quella narrativa.
l testi delle canzoni sono a metà tra la favola, con protagonisti animali dalle caratteristiche umane, e la filastrocca, cantata con rime baciate e immagini poetiche: “Houston che sfortuna/ siamo arrivati tardi c’è una lepre sulla luna/ c’è arrivata prima di noi nello spazio/ senza troppo impegno gli è bastato un salto”; metafore musicali come “c’è un movimento punk nella foresta, gli alberi con i capelli verdi sulla testa” “la musica elettronica nasce dai calabroni”, “i grilli sintetizzatori”. Arriviamo fino al brano Il lupo, la canzone più ritmata, in cui Lucio “piccolo” vuole rendere omaggio a Lucio “grande” (Dalla), ricordando i versi di Attenti al lupo.
Ne “La lucertola”, brano col quale si chiude il disco, il cantautore diventa una vera e propria voce narrante, parlata senza l’ausilio della musica, o quasi. Il racconto si conclude con una frase emblematica lasciata in sospeso, nella quale è raccolto, come una vera e propria morale della favola, il senso finale dell’opera.
Con questo disco Lucio si è aggiudicato il premio Pimi ai giovani autori e ha aperto le date del tour “L’amore e la violenza pt.1” dei Baustelle. Lo stesso Bianconi ha elogiato le doti poetiche del conterraneo. Da poco Lucio ha postato una foto sui social intento a registrare il suo prossimo disco che, dopo questo piccolo capolavoro, attendiamo con trepidazione.
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