Era il 23 maggio 1618 quando un nutrito gruppo di uomini armati e inferociti salì correndo al castello di Hradcany, a Praga. Il drappello immediatamente si diresse alla sala del consiglio, dove si riunivano i reggenti che amministravano il regno di Boemia in nome degli Asburgo (la famiglia reale al governo del paese dal 1526). Le agitazioni era iniziate tre giorni prima, quando alcuni pastori protestanti avevano dichiarato davanti alle loro congregazioni che i reggenti pianificavano di mettere fine alla libertà religiosa e politica del regno. Le cose non stavano proprio così, tuttavia era indubbio che negli ultimi tempi le tensioni tra cattolici e protestanti non avevano cessato di crescere.
La situazione politica e religiosa della Boemia era complessa. Il luteranesimo predominava nelle aree di lingua tedesca, in particolare tra gli immigrati delle città e nelle zone vicine al confine sassone. Molti aristocratici avevano abbracciato il calvinismo, il quale rivendicava le stesse tutele legali di cui godevano i luterani. La maggioranza della popolazione aderiva invece ad alcune varianti dell’utraquismo, una fede sorta dall’insurrezione hussita dei primi del XV secolo. Il cattolicesimo infine era seguito solo da una piccola parte dei nobili e del popolo, ma era anche la religione degli Asburgo, imperatori del Sacro romano impero e grandi paladini del papato.
La società era suddivisa in quattro classi: nobili, cavalieri, cittadini e contadini. Pur costituendo la maggioranza, i contadini erano in genere costretti ad adeguarsi alle inclinazioni religiose e politiche dei proprietari delle terre su cui vivevano. Nel 1609 l’imperatore Rodolfo II aveva concesso la cosiddetta Lettera di Maestà, un documento che garantiva una certa tolleranza religiosa. Ma i suoi successori, Mattia d’Asburgo e Ferdinando re di Boemia, ritenevano che quella lettera nascesse dalle pressioni dei nobili luterani e attuarono quindi una politica ostile al protestantesimo.
Sentendosi minacciati, nel marzo 1618 i leader protestanti organizzarono un’assemblea che decise di inviare una denuncia alla corte di Vienna. Il governo imperiale rispose il 21 marzo con una missiva in cui si proibiva rigorosamente ai protestanti di riunirsi. Ma nonostante il divieto, ci furono altri due incontri il 21 e 23 maggio. Proprio nell’ultima assemblea irruppe un cittadino di Praga dichiarando che era stata impedita al governo municipale la facoltà di riunirsi. In preda all’indignazione, i partecipanti decisero di prendere d’assalto il castello, dove però trovarono solo quattro dei dieci reggenti. Qui la situazione degenerò e, poiché i reggenti non volevano fare i nomi delle persone che avevano scritto la lettera del 21 marzo, tre di loro furono afferrati e gettati fuori da una finestra che si trovava a 15 metri dal fossato del castello. Quando però gli aggressori si affacciarono alla finestra, notarono con sorpresa che i tre erano sopravvissuti alla caduta. La pendenza del terreno ai piedi della torre e gli spessi vestiti di lana ammortizzarono l’impatto al suolo.
A questo punto i nobili protestanti dichiararono in un comunicato ufficiale che il loro unico scopo era quello di difendere i diritti tradizionali della Boemia. Le autorità asburgiche non volevano lasciarsi sfuggire di mano la situazione perché temevano di ritrovarsi coinvolti una lunga guerra, ma neanche potevano lasciare che alla probabile morte di Mattia d’Asburgo si potesse riaprire la questione della successione al trono. Nel 1619 fu eletto al trono di Boemia Federico V del Palatinato. Questo gesto pose fine ad ogni possibilità di riconciliazione con l’impero. Iniziò così in Europa una guerra che sarebbe durata quasi tre decenni e che passò alla storia come Guerra dei trent’anni.
FONTI
Peter H. Wilson, La defenestrazione di Praga, in “National Geographic Storica”, n°114 (2018), pp. 14-17.