Asia Argento ora sta con Fabrizio Corona. La si potrebbe derubricare a una notizia di gossip, più o meno interessante a seconda dei punti di vista e dei propri gusti informativi. Ma come mai se n’è parlato dappertutto, molto oltre il recinto delle solite riviste scandalistiche? Senza dubbio sia Asia Argento sia Fabrizio Corona sono figure ben note, ma il segreto di questa nuova coppia sta nella loro storia. S’intende, non la storia d’amore, ma la loro storia mediatica, cioè il loro lungo percorso alla ricerca di una certa narrazione mediatica.
Di Fabrizio Corona la parabola nei mass media è stata raccontata per filo e per segno da uno dei migliori documentari sul mondo della comunicazione, Videocracy. Meno rilevante la carriera mediatica di Asia Argento, le cui origini affondano essenzialmente nel successo cinematografico del padre (il maestro dell’horror Dario Argento). Qualche comparsata in serie tv e in film le ha permesso di esibire l’abilitazione al titolo di attrice. Il primo momento di grande successo per lei è stata, però, la burrascosa relazione con il celebre cantante Morgan. Le battaglie per l’affidamento della figlia, poi, hanno costituito le prime basi per costruire per sè l’immagine di eroina femminista.
La vera svolta, la vera consacrazione a personaggio mainstream dalla caratura internazionale, arriva con l’affaire Weinstein. Del resto i mass media italiani, il cui provincialismo è proverbiale, non vedono l’ora di avere la “vittima italiana”, la portabandiera nostrana del movimento internazionale #MeToo. Qualcuno a dir la verità prova a far notare (timidamente) le incongruenze di un personaggio che, fino a che Weinstein era l’idolo di Hollywood, non lesinava sperticati elogi per lui, salvo poi, una volta caduto in disgrazia, accusarlo di stupro. In Italia #MeToo finisce addirittura per averla quasi come unica rappresentante autorizzata a parlare per nome e per conto del movimento: i suoi interventi sul tema si sprecano su quotidiani, tv, radio, ecc.
Tutto questo va avanti fino a che scoppia la bomba dai media americani, ed è significativo che in Italia invece nessuno abbia mai pensato a simili indagini e reportage: da noi questo genere di icone sono intoccabili e la cultura binaria progressista poi impedisce che si sia nello stesso tempo vittima e carnefice. Si scopre insomma un accordo extragiudiziale per mettere a tacere un’accusa di stupro a lei rivolta da Jimmy Bennet.
Dopo un iniziale turbamento da parte del mondo patinato delle star di Hollywood, iniziano però abbastanza presto le prime messe in dubbio sulla veridicità della vicenda, le graduatorie di gravità tra violenze sulle donne (sempre esecrabili) e violenze sugli uomini (inconsciamente percepite come impossibili e quindi false). Alla fine tutto sostanzialmente si esaurisce nell’esclusione di Asia Argento da X Factor. Di certo una reazione non all’altezza della gravità di un’accusa come quella di violenza sessuale, oltretutto su un minore. Eppure ancora una volta la stampa italiana ha perso l’occasione per affrontare un tema che è ancora tabù, dando prova piuttosto di un inconscio machismo. Un uomo, se è uomo, non può essere vittima di una violenza sessuale: come potrebbe essere costretto a qualcosa da una donna? Questo è stato il sostanziale non detto, inconscio e probabilmente inconsapevole, il che è ancora più grave.
Anzi tutta la vicenda si è ridotta a un episodio che ha contribuito a rilanciare, secondo la logica dei media (more is more), quello che si potrebbe chiamare lo star storytelling di Asia Argento: una svolta ben riuscita nell’ordito narrativo che ogni buona star dovrebbe riuscire a costruire per tenere avvinti a sé i fan, come se si trattasse dei lettori di un libro o degli spettatori di una serie tv. Anche qui i cliffhanger – le svolte inaspettate, le crisi e il loro superamento – sono fondamentali per la costruzione dell’eroina mediatica.
Il dramma che emerge da una parabola mediatica del genere, di cui la storia con Fabrizio Corona sembra quasi il logico epilogo, è che la tragedia delle violenze sessuali, delle gioventù bruciate e la sofferenza di donne e uomini la cui vita è stata distrutta da molestie, stupri e pedofilia, non merita di essere ridotta a storia patinata, a narrazione mediatica mediocre e superficiale, in ultima analisi a gossip.