La Nascita di Venere di Sandro Botticelli (1445-1510) è probabilmente una delle immagini più celebri e diffuse nella cultura pop contemporanea occidentale.
È una delle opere d’arte più ammirate e meglio riconoscibili al giorno d’oggi, a prescindere dal contesto in cui è inserita; tuttavia non è l’unico capolavoro che rappresenta quest’episodio della mitologia classica, che anzi, è stato largamente indagato da artisti di tutte le epoche.
Il tema della Venere Anadiomene -cioè “Venere nascente dal mare”,- rappresenta il momento in cui la dea della bellezza nasce dalla spuma delle onde del mare al largo di Cipro, esattamente come narra la descrizione di Esiodo nella sua Teogonia (700 a.C. ca.), ovvero il racconto della nascita, della vita e delle relazioni di tutti gli dèi del pantheon greco. Esiodo racconta di come Venere sia nata a seguito dell’evirazione di Urano da parte di Crono, entrambi titani nati prima degli dèi dell’Olimpo. Dalla ferita di Urano sgorgò del sangue che una volta caduto nelle acque del mare attorno all’Isola di Cipro, si addensò fino a dar vita alla dea Afrodite- da qui detta Cipride. Per quanto riguarda l’iconografia dell’episodio, essa è stata fissata nel corso dei secoli, per poi affermarsi con alcuni elementi riconoscibili: la nudità della dea, come voleva la pittura di vicende mitologiche; la schiuma delle onde, elemento fondamentale presente nella fonte letteraria, e l’ambiente marittimo di Cipro in generale; i lunghi capelli biondi della dea, la quale a volte è impegnata ad asciugarli, altre volte li lascia sciolti sulle spalle, altrimenti li sfrutta per coprirsi, quasi come scudo.
Gli atteggiamenti e le pose che assume Venere sono principalmente due: in un caso viene ritratta nell’atto di asciugarsi i lunghi capelli biondi, strizzandoli a ciocche; altrimenti, è rappresentata in piedi o sdraiata, nel momento vero e proprio della nascita. La prima fonte visiva della Venere Anadiomene di cui si ha conoscenza, è oggi perduta. Si trattava di un dipinto murale di Apelle, pittore greco del IV secolo a.C., descritto da Plinio il Vecchio nella monumentale Naturalis Historia. Il dipinto rappresentava Venere che si strizzava i capelli, ed era stato realizzato per Alessandro Magno, trasportato poi a Roma al cospetto di Cesare e poco dopo distrutto o consumato, in ogni caso oggi inevitabilmente perduto. Nonostante non ci sia rimasto alcun frammento visivo di quest’opera, le parole di Plinio sono sopravvissute, come spesso accade, e hanno continuato a risuonare per secoli, fino a quando nel Quattrocento sono state riprese da umanisti, pittori e intellettuali.
Tra i primi, appunto, Botticelli: la sua Venere sta raggiungendo la terraferma e non si asciuga i capelli, più che altro li usa come protezione per tentare di celare la propria nudità. Fiumi d’inchiostro sono stati spesi per descrivere l’opera e il suo significato, in apparenza semplice, ma di grande profondità, pregno di riferimenti al neoplatonismo.
La conchiglia su cui si trova la dea, simbolo di rinascita, è sospinta verso riva dalle personificazioni dei venti Zefiro e Aura. Sulla destra, una delle Ore è pronta ad avvolgere Venere in una veste riccamente decorata da elementi floreali.
L’atmosfera è solenne e l’aria immobile: tutto sembra congelato in una stasi di purezza dove la nascita della dea viene paragonata al battesimo cristiano.
L’intera opera è un’unica grande allegoria ispirata alla cultura neoplatonica di cui Botticelli era un seguace convinto, che celebra l’amore come forza che fa muovere il mondo e rappresenta la dea come Venere-Humanitas, cioè come bellezza superiore che innalza lo spirito dell’uomo.
Un esempio di vera e propria Venere colta nell’atto di asciugarsi i capelli, è offerta da Tiziano (1488/90-1576), con la tela del 1520 ca., conservata alla National Gallery of Scotland di Edimburgo.
Un secolo divide quest’opera da quella di Botticelli e, ad eccezione del soggetto, sono profondamente diverse. Se Botticelli era stato interessato a trasmettere un significato ben preciso rispondente al pensiero del suo tempo tramite elementi e soggetti scelti con precisione, che tutti i suoi contemporanei avrebbero colto facilmente, Tiziano è invece concentrato sul fatto in sé e, soprattutto, sul soggetto.
Venere riempie totalmente la tela. Non c’è altro all’infuori del suo corpo nudo e della conchiglia simbolica, elemento iconografico già riconoscibile come suo, che la identifica. È sola, nuda, ancora in mare, che si sta asciugando i capelli, appena riemersa dalle acque.
A differenza della dea botticelliana, quella di Tiziano non si copre in nessun modo, perché non ha un pubblico. Non ci sono altri personaggi con lei, ma soprattutto, il suo sguardo non incontra quello dello spettatore: è sola, non ha motivo di coprirsi.
Con un salto di circa tre secoli si arriva alla tela di Gustave Moreau (1826-1898).
Il maestro del simbolismo francese rappresenta una composizione di largo respiro, dai colori scuri del cielo e del mare. A rischiararla c’è la luce chiara del tramonto, sulla destra. Venere è colta mentre cammina lentamente, ha già raggiunto la spiaggia ed è ormai fuori dall’acqua. I suoi capelli biondi colpiti dalla luce del tramonto mandano bagliori dorati che con la sua bellezza ultraterrena sconvolgono i personaggi di fronte a lei, accorsi ad ammirare la scena e subito inginocchiatisi al suo cospetto.
Si ha in questo caso una composizione ancora diversa, con la dea in piedi, che semplicemente avanza, ed è inoltre priva dell’elemento iconografico della conchiglia.
Nello stesso periodo, Alexander Cabanel (1823-1889) offre la sua interpretazione del tema con la Nascita di Venere del 1863, conservata al Musée d’Orsay di Parigi.
Su un formato orizzontale l’autore presenta la Venere nascente in una posa estremamente sensuale.
Sdraiata sulla schiuma delle onde dalle quali è appena stata creata, Venere giace mollemente con un braccio alzato al di sopra del capo e l’altra mano che quasi si fa scudo sul viso. La pelle d’alabastro, i capelli dorati e la posa languida sono stati pensati per offrire la dea all’occhio dello spettatore.
Anche qui manca la conchiglia, ma l’episodio risulta riconoscibile grazie a tutti gli altri elementi e personaggi inseriti: i cherubini che celebrano l’evento, la stessa Venere che risponde ai canoni della tradizione, e ovviamente lo scenario marittimo.
In questo caso però, Cabanel utilizza l’episodio mitologico per realizzare una rappresentazione provocante ed erotica, che se non fosse stata coperta dalla contesto mitologico sarebbe stata bollata come indecente.
Pochi anni dopo, un altro grandissimo pittore francese realizza una bellissima Nascita di Venere.
William-Adolphe Bouguereau (1825-1905) dipinge la sua tela nel 1879.
Una moltitudine di personaggi e creature mitologiche affollano la composizione verticale. La costruzione dei piani e delle pose sono sfruttati dall’autore per porre l’attenzione su Venere, unica figura centrale e in luce. La dea è ritratta in piedi, sulla conchiglia, circondata da centauri, ninfe e cherubini che annunciano e celebrano la sua presenza. Questa Venere è in una posa simile a quella di Botticelli, anche se non tenta di coprire il proprio corpo nudo. L’episodio si svolge in mezzo al mare, nel momento appena successivo alla nascita, mentre si sta spostando verso riva.
In questo caso l’autore rappresenta un episodio della mitologia classica mantenendosi fedele alle fonti letterarie e visive (Plinio e Botticelli), ma aggiungendo comunque la propria interpretazione, sia stilistica -la meravigliosa pennellata di Bouguereau rende vivo il corpo morbido della dea,- sia tematica, con l’aggiunta, per esempio, dei delfini e del coro di amorini festanti.
Facendo un balzo in età contemporanea, si trova la doppia interpretazione dell’italiana Giosetta Fioroni (1932), con i suoi Nascita di una Venere Op. (Botticelli) e Particolare della nascita di Venere, entrambi datati 1965.
Entrambi riprendono l’opera di Botticelli, dunque non l’episodio in quanto tale, ma una tela ben precisa: l’intento dell’artista è di omaggio al grande pittore e contributo alla storia dell’arte con la propria voce.
Queste due grandi tele si inseriscono in quella reinterpretazione di grandi capolavori del passato che interessa l’artista in quegli anni. Tutte le opere sono realizzate su grandi fondali bianchi e le due tele rappresentanti la Venere sono monocrome. I soggetti sono spezzati da linee e piani trasversali che, in ottica quasi cubista, spezzano e ripetono il soggetto più volte, creando quasi un gioco di specchi e un pattern visivo originale.
Altre reinterpretazioni più recenti della Nascita di Venere di Botticelli sono le quattro serigrafie di Andy Warhol, realizzate nel 1984.
I colori squillanti e la tecnica a stampa eliminano le sfumature, e la dea è rappresentata come una diva del cinema, in un tripudio di colori accesi che si esaltano e contrastano fortemente a vicenda. Il soggetto è ancora Venere, la dea più amata della classicità, ma è anche una bellezza da schermo, esattamente come gli altri prediletti dell’autore.
Infine, nella cultura contemporanea e soprattutto in quella pop, i richiami e le citazioni di grandi opere d’arte classiche spopolano in tutti gli ambiti, dalla moda, alla musica, al cinema.
Uno degli esempi più recenti ed eclatanti è stato l’album fotografico di gravidanza di Beyoncé. La pop star si è fatta ritrarre nei panni di Venere nascente, mentre aspettava i due gemelli, nati il 12 giugno 2018.
Le fotografie riprendendo capolavori della storia dell’arte in cui la figura femminile è protagonista, e una in particolare riprende la posa della Venere botticelliana, così come i fiori sulle gambe della cantante sono un omaggio alla grandissima varietà floreale rappresentata nel quadro.
Beyoncé non si è lasciata sfuggire l’occasione perfetta per far di nuovo parlare di se, ma anche per rappresentarsi come una dea moderna: una donna di colore, con tratti e forme non rispondenti ai canoni classici -il pancione – e così facendo si è posta come nuovo modello, dichiarando che ogni persona può essere, e sentirsi, una Venere.
Inoltre, è chiaro il riferimento alla nascita e rinascita, dove per la prima volta non è solo Venere ad essere celebrata, ma anche i suoi figli, e il miracolo della vita stessa.
In conclusione, attraverso le opere considerate in questo breve percorso, si è voluto mettere in luce come gli artisti fossero inizialmente interessati a offrire la propria visione e interpretazione dell’evento mitico in sé, ma successivamente questo atteggiamento è mutato. In età contemporanea e dal XX secolo in poi, sono stati più interessati a omaggiare la singola tela di Botticelli, in quanto famosa e riconoscibile in tutto il mondo, simbolo dell’immortalità dell’arte attraverso i secoli.