Tutti ricordano l’accesa polemica – mediatica e non – dell’anno scorso sulla reale utilità dei vaccini e sul rischio che essi potessero comportare pericolosi effetti collaterali. Molte voci anche autorevoli nel campo dell’informazione e della politica avevano, se non avvalorato, dato fiato a polemiche gonfiate a dismisura dall’attività dei dietrologi da tastiera.
Si riuscì, purtroppo, a creare una confusione enorme e a generare allarmismi inutili su una materia che, come nessuna, è invece universalmente oggettiva e documentata da un’immane mole di dati scientifici e statistici. E questi dati parlano chiaro: i vaccini sono il più efficace mezzo in campo medico mai scoperto dall’uomo, in grado, ancora oggi, di evitare oltre 2.5 milioni di morti all’anno.
Su moltissime malattie infettive contro le quali sono stati utilizzati si è presentata una riduzione dei casi superiore al 90% e, per alcune, addirittura al 100%. Si tratta quasi sempre di crolli verticali di malattie a volte mortali o in grado di generare complicazioni gravi, come tumori, paralisi permanenti e malformazioni congenite. È emblematico il caso del vaccino contro l’epatite B che dal 1991, anno in cui è stato offerto in Italia, ha permesso di evitare migliaia di casi di tumori al fegato e di epatiti croniche.
Ma perché allora nascono queste tesi sulla presunta pericolosità dei vaccini? Per ignoranza, o, forse, in alcuni casi, per il sottile piacere anticonformista di una certa intelligenza radical chic che sostiene che le indicazioni sulle vaccinazioni siano spinte dai soli interessi delle case farmaceutiche.
Ma oggi, forse, le migliaia di italiani che l’anno scorso misero in atto una vera e propria lotta mediatica (parliamo dei classici esemplari di leones tastierae) insultando coloro che sostenevano un’opinione differente dalla loro, dovranno ricredersi, o, almeno, tacere un po’.
La ministra della salute Giulia Grillo ha decretato una vera e propria “emergenza vaccini” per il morbillo, malattia ancora presente non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nel nostro tanto caro Bel Paese. Il Ministero ha decretato di istituire al più presto un piano di prevenzione volto a vaccinare obbligatoriamente chi ha tra gli 0 e i 16 anni per un totale di 800 mila giovani e, nel 2019, si inizierà a vaccinare anche chi ha più di 16 anni in circa 500 mila sedute.
La strategia del Ministro della Salute è quella di riuscire a mantenere l’obbligo delle vaccinazioni nelle nuove generazioni, così da interrompere la catena dei contagi. Il vaccino dovrà essere proposto nelle scuole, nelle università e nelle associazioni sportive.
“Stiamo lavorando – precisa De Micheli – ad un documento molto concreto, come ad esempio la soluzione per l’offerta alle matricole universitarie potrebbe essere una circolare del Miur che impegni i rettori a promuovere la vaccinazione attiva, inserendo la profilassi nel sistema di valutazione dell’Università.”
Nel mirino del virus vi sarebbero, dunque, i giovani; basti pensare che gli ultimi focolai hanno interessato una popolazione con età mediana di 25 anni. Oltre a tutelare gli studenti e i nuovi lavoratori, è necessario aumentare la copertura degli operatori sanitari, il che può sembrarci un paradosso: perchè anche i medici e gli infermieri non sono vaccinati?
Cento dei casi di morbillo che si sono verificati quest’anno sono stati segnalati proprio tra questi: di questi 100, 83 persone non erano mai state vaccinate, costituendo potenziali mezzi di trasporto per il virus che, come nel recente caso di Bari, si è diffuso in pochissimi giorni. Ad essere state contagiate sono state 8 persone, 5 bambini e 3 adulti.
Ma la cosa che dovrebbe lasciarci basiti è che il contagio è avvenuto in parte in ospedale, suscitando lo scandalo generale. Non esistono ancora norme che obblighino i medici a vaccinarsi ma, alcune regioni hanno provveduto a tutelare i propri abitanti, evitando il più possibile il contagio.
In Emilia Romagna nei reparti di oncologia, ematologia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, nei Pronto Soccorso e nei Centri trapianti potranno lavorare solo gli operatori sanitari che risultino immuni da malattie quali il morbillo, rosolia e varicella. Se tutte le regioni avessero agito così, un caso come quello di Bari avrebbe avuto, senz’altro, dimensioni più ridotte.
È partita ben presto un’indagine epidemiologica per stabilire se il focolaio sia partito da una bambina di 10 anni, figlia di genitori no vax, che era stata ricoverata insieme alla sorellina, anch’essa affetta. Il Direttore del Dipartimento della Salute cerca di giustificarsi spiegando che tal caso rappresenta una vera rarità, considerando che la Puglia può vantarsi di aver raggiunto negli ultimi 3 anni una copertura vaccinale pari al 95%.
Ben presto tra i social si è diffusa una vera e propria guerra mediatica, alla quale il virologo Francesco Pregliasco risponde con una grande risata e con una saggia considerazione:
“Il morbillo come malattia è rischiosa, ma non siamo più ai tempi dei nostri nonni o bisnonni: essa si può evitare grazie al vaccino, utile su 3 livelli: protezione personale, protezione delle persone più fragili della comunità e l’opportunità per lo Stato di ridurre i costi sociali.”