Vari sono i tipi di turismo: da quello balneare al culturale, dal religioso a quello d’affari, letterario, ricreativo fino ad arrivare a quello medico-sanitario. Rilevante fonte di entrate economiche non solo per i piccoli alberghi, ma anche per musei, attrazioni e aree d’interesse, l’ondata di viaggiatori in arrivo porta un guadagno per le casse dello Stato. Il sistema della tassazione permette infatti di incassare e al tempo stesso offrire servizi più o meno adeguati a chi sceglie quello stato come meta.
Basta pensare alla nostra stessa Italia: secondo i dati del Mistero degli Affari Esteri, nel 2006 tale settore occupava tre milioni di persone e corrispondeva al ben 12% del PIL. È una attività economica a tutti gli effetti, e in quanto tale, non è immune ai cambiamenti e alle regole dettate dal mercato.
Ma molti sono i lati oscuri che si celano dietro ad alcune tipologie di turismo. Esiste un settore di cui non si parla spesso, o meglio, non se ne parla in modo opportuno e con la giusta attenzione. È il fenomeno che comprende i viaggi per ottenere delle prestazioni sessuali.
«Viaggi organizzati dagli operatori del settore turistico, o da esterni che usano le proprie strutture e reti, con l’intento primario di far intraprendere ai turisti una relazione sessuale a sfondo commerciale con i residenti del luogo di destinazione».
In questo modo l’Organizzazione Mondiale del Turismo definisce il viaggio con sfondo sessuale.
Viaggiatori provenienti da Paesi più ricchi si muovono verso quelli più poveri, in cerca di avventure a basso costo. Bangladesh, Brasile, Colombia e Thailandia sono solo alcuni tra i paesi più richiesti. Ma il fenomeno tocca anche l’Europa orientale, l’India e il Nevada dove la prostituzione è legale.
Supera il milione il numero delle persone che partono proprio con questo solo e unico scopo. L’infelice primato è italiano: ottanta milioni sono coloro che intraprendono tale tragitto. Tedeschi, francesi, inglesi e statunitensi seguono nella classifica. Il cliente non è però solo il facoltoso uomo occidentale: anche chi visita questi Paesi giusto perché di passaggio approfitta dell’offerta.
Le prostitute sono di facile reperibilità, i prezzi stracciati e l’esperienza da provare. La prospettiva di guadagno facile e veloce. Tra questi visitatori il 37% ha un’età compresa tra i 31 e i 40 anni, ma è l’età anagrafica delle vittime a sconvolgere: il 60% ha tra i 13 e i 17 anni, il 30% dai 7 ai 12 e – amaramente – il 10% anche meno di 6 anni.
Si sa: la prostituzione è il lavoro più antico del mondo. Addirittura nel libro della Genesi si parla della donna dai facili costumi, Tamar. La vendita del proprio corpo è terza – preceduta solo da droga e armi – nel giro di affari illegali che governano il mondo. La sfera è molto vasta. Conseguenti però, come sostiene l’ONU, sono ripercussioni non solo economiche ma anche sociali.
Da un lato si stima che il ricavato si aggiri sui 5 miliardi di dollari all’anno controllati dalle organizzazioni criminali. Dall’altro è eclatante un problema sociale non indifferente e non senza conseguenze. Illeciti vantaggi vengono tratti dall’insensibile sfruttamento delle località interessate ma soprattutto di chi, in queste località, ci vive.
Numerosi sono i problemi fisici causati: dalla diffusione dell’HIV alla circolazione delle più svariate malattie veneree fino alle numerose gravidanze indesiderate. Queste patologie però in paesi poveri sembrano essere incurabili. Non ci sono medicine né cure che salvino. Scarse condizioni igienico-sanitarie di vita dovute all’estrema povertà, ma anche infelicità e depressione caratterizzano chi si prostituisce. Non infrequenti sono i casi di suicidio, visti come una via d’uscita.
Miseria, carenza di cibo, mancanza di istruzione e nessuna prospettiva di una vita migliore: ecco a cosa va incontro una bambina che nasce in questi luoghi. Un futuro che non c’è e un’unica via di guadagno per poter anche solo mangiare. Un ciclo che si ripete, non ha fine. Non c’è alcuna via di scampo. Le figlie delle stesse donne che offrono prestazioni sessuali prenderanno a loro volta il lavoro della madre.
Sono proprio le disuguaglianze sociali, economiche, anagrafiche e sessuali a rendere tale categoria di turismo così fertile. I turisti occasionali ricoprono il 65%, quelli abituali il 30% e infine sezione più pericolo: il 5% sono classificati come pedofili. Uguale è lo scopo del viaggio, ma le richieste sono differenti.
I bambini sono infatti considerati alla stregua di oggetti sessuali e grande fonte di guadagno. A tutelare i minori non ci pensa nessuno, nemmeno la legge. Lo Stato lo sa ma chiude un occhio, anzi li chiude tutti e due. Il clima è di tolleranza se non addirittura complicità. Lo sfruttamento minorile rimane comunque un reato, perseguibile anche quando il turista torna a casa, ma si tengono sempre gli occhi chiusi.
È una violenza individuale e collettiva al tempo stesso: porta infatti l’intero popolo a portarsi dietro il peso di una certa etichetta. La mancanza di denaro, l’arretratezza economica porta a una rassegnazione generale: è inutile anche cercare giustizia. Solo i pochi privilegiati che nascono nelle famiglie giuste possono sfuggire a tale destino. La maggior parte dei bambini invece sa già a cosa va incontro, senza fare troppe obiezioni.
Risolvere il problema e eliminare il turismo sessuale è sicuramente un’utopia. Esso non è nient’altro che il risultato di tutti quei meccanismi economici, sociali e culturali che si sono innescati negli anni. C’è chi sostiene che bisognerebbe tornare indietro nel tempo e cambiare il corso della storia per evitare tale forma di violenza. Il turismo sessuale sembra infatti aver preso piede proprio nel secondo dopoguerra.
Tutti ne sono a conoscenza: qualcuno aiuta, qualcun altro ne approfitta e altri fanno finta di niente.