Canto senza veli

Quanti sinonimi ci sono del concetto di “sesso”? Si può dire “genere” per definire femmina o maschio, si dice “fare l’amore” per intendere l’atto in sé, ma spesso e volentieri si evita la parola più semplice fra tutte, perché ancora oggi si ha vergogna, a volte non sembra un termine adatto al contesto, molto semplicemente rimane ancora un tabù. D’altro canto però il mondo della pubblicità, solo per fare un esempio,  è strapieno di riferimenti alla dimensione sessuale, la donna come oggetto del desiderio, spot di qualsivoglia prodotto con riferimenti ambigui. In sostanza “se ne parla senza parlarne”, o meglio non lo si vuole ammettere.

C’è stato un “bel”  periodo invece in cui non esistevano filtri di etichetta, si diceva quello che si pensava, quello che si voleva; le donne potevano esprimersi circa i loro desideri alla stregua degli uomini senza senza essere giudicate negativamente, chiaramente rimanendo all’interno di certi ambiti e ci riferiamo agli esplosivi anni 70, anni dello stile hippie, capelli lunghi e zampa di elefante. Tempi di Woodstock, John Lennon nudo nel celebre scatto con la compagna Yoko Ono e anche l’esplosione di una band che fa da pietra miliare nella storia del Rock’n Roll: gli Aerosmith. In “The making of Pump”, docufilm che riporta come venne realizzato l’album del 1989, Joe Perry esordisce con la frase “Steven fa sesso nelle nostre canzoni” intendendo che effettivamente il leader dello storico gruppo di Boston riesca in maniera esemplare a mettere fuoco e fiamme  non solo nei lyrics, ma anche nelle melodie dei loro pezzi più celebri. Basti pensare a “Love in an elevator”, vicenda di un incontro a luci rosse in un ascensore; emerge come Tyler fosse quasi paranoico circa la riuscita del brano in tutti i suoi aspetti, a partire dall’introduzione con la voce esterna della “compagna di avventure” che lo incontra all’aprirsi della porta dell’ ascensore.

Certo, il tutto ha un che di anticonvenzionale, anti puritano e forse  trasgressivo, ma solamente perché non si è abituati a sentire trattare di certi temi con tanta naturalezza, perché la resa musicale è fenomenale, le trovate ritmiche e armoniche afrodisiache. Non è comunque necessario cercare musica di questo tipo solo nei celebri anni 70: oggi infatti troviamo riferimenti al corpo della donna, se non dello stesso atto sessuale in moltissime canzoni, il fatto è che molto spesso questo avviene in termini piuttosto negativi, offensivi e denigratori.

Viene da sé che non deve essere necessariamente un fatto viscido parlare di sesso; dovrebbe tuttavia essere celebrato, piuttosto che additato come grande conquista dell’uomo bruto nei confronti di donne inferiori. Tralasciando un certo maschilismo purtroppo fortemente ancorato nella nostra società, che fatica ad abbandonare certi topoi, possiamo riconoscere che il sesso in certi casi si può definire “celebrato”, a partire dagli Aerosmith stessi in “Magic touch“, fino al giorno d’oggi. Artista di ampissimi apprezzamenti è senz’ombra di dubbio Bruno Mars, i cui album lasciano poco all’ immaginazione, sia in “Versace on the floor” dell’ultimo “24 Karat Magic Album“, sia in canzoni più datate come “Gorilla” in “Unorthodox Jukebox“.

Il tema, per quanto caldo, anzi quasi esclusivamente per questo motivo, è trattato fino alla nausea e dipinto di colori volgari ed appariscenti, svilendo il contenuto naturalmente privo di ognuna di queste caratteristiche, ma momento magico. Al contrario in alcuni casi è possibile vedere che si canti di sesso in termini del tutto più celebrativi, scavando nel passato o facendo partire un semplice suggerimento di Spotify.


FONTI

Wikipedia

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