Peter Brighton, anni 48, direttore d’orchestra, buco orchestrale.
«Indeed, l’opera è quella lì, per questo non siamo accorti subito. Ha visto lei Lucy of Lammermoor? Senza andare troppo per le lunghe, il secondo atto prevede che il soprano entri sul palco con a… wedding dress, lordo di sangue and then canta per almeno venticinque minutes. Si chiama la follia di Lucy, così si chiama. Ecco, lei è entrata sul palco con il wedding dress, ed era pallida, sì, molto pallida… Ma credevo fosse il make-up. Ha cominciato a cantare, as always. Poi, quando i violini ha fatto il primo stacco seguiti dagli ottoni, ecco, lì ho iniziato a capire che qualcosa non era regular. Lei… sbandava, cioè doveva farlo, ma non era regular. Ha steccato. Si è avvicinata al coro, prima quello vicino al siparietto e poi sul fondale, si è appoggiata a qualcuno, yeah, questo lo ricordo. Ho vista vicino al ragazzo con il parrucco blu. Lo ricordo perché ho sempre pensato a chi fosse venuta l’idea di un parrucco blu. Ridiculous! Si è appesa a lui, I think, poi è caduta a terra. Nessuno ha capito, nessuno che era in compagnia, credo anche gli altri cantanti. Solo noi di orchestra. Sono salito, aveva le labbra… cerulean, era brutta, paura. She was already dead, but… non riusciva a capire cosa fosse il sangue vero e cosa il fake. Il regista, then, ha spento tutto. Tutte le luci, all! Stavo inciampando nelle sue gambe, per quello ho i pantaloni sporchi. Ma sarà il vero o il fake? Sarà il vero, per forza. La vernice doveva già essere asciugata…»
I 1. La cosa da capire qui, è se è stata colpita mentre era ancora dietro le quinte oppure quando è uscita sul proscenio.
I 2. Comunque non può essere stato il direttore. Se si fosse allontanato l’orchestra avrebbe cominciato a suonare a casaccio, sarebbe andato tutto a rotoli. Giusto?
I 1. Giusto.
I 2. Quindi non può essere stato lui.
I 1. Dietro, non c’è sangue. Devono averla colpita sul palco, anche se non si capisce dove. Le macchie di sangue sono tante, ma tutte gravitazionali, eccetto quella che c’era sotto il corpo. Comunque l’hanno colpita lì per forza. Erano in trentacinque, quaranta persone sul palco.
I 2. Chiamo casa. Qua finiamo di interrogare tutti domani mattina.
I 1. Comunque, è interessante. Come si fa a non accorgersi che l’hanno accoltellata lì, sul palco, davanti a tutti?
Camilla Guerciolini, anni 16, studentessa, platea, prima fila a sinistra.
«Ma io non è che stessi proprio seguendo, eh. Mi facevo un po’ gli affari miei, la prof ha detto che bisognava tenere il telefono spento, però tipo se lo tenevo dentro il cappello non se ne accorgeva nessuno… Comunque sono fidanzata, stavo messaggiando con il mio fidanzato su whatsapp. Sentivo le voci degli altri… I miei compagni. Eravamo tutti distribuiti sulle prime tre file della platea, li vedevamo tutti bene. Solo che io non stavo proprio guardando, cioè, io mi annoiavo. Cioè, non è certo Beyoncé, capisce? Comunque quando ha cominciato a perdere il ritmo l’ho notata, perché tipo quegli strumenti lunghi… a fiato… come si chiamano? Ah, le tube, quelle. Ecco quelle hanno fatto tipo un suono strano, completamente stonato con la sua voce. Non andava a tempo. Allora tipo ho fatto un’espressione della serie: ”Ma che cazz…?” e poi l’ho vista. Si teneva la pancia e aveva tipo tutte le mani rosse. Aveva il faretto puntato sulle mani, erano rosse. Però ho pensato che fosse preparato, cioè alla fine ci era entrata fin dall’inizio in quel modo, no? Magari tipo per dare un colpo di scena alla serata doveva cadere, come una pera cotta, non ci sono stata tanto a pensare. Aveva gli occhi sbarrati e la faccia sporca, questo è l’ultima cosa che mi ricordo. Poi mi è arrivato un messaggio, e tipo si sono spente tutte le luci. Hanno cominciato a gridare, ci siamo alzati tutti e siamo andati a vedere. Ho la torcia nel cellulare. L’abbiamo puntata su di lei, sul palco. È strano, cioè era morta, ma pensavo tipo che avrebbe avuto un aspetto diverso. Cioè, comunque sembrava viva…»
I 2. Cazzo, ma secondo te alla sua età eravamo così stronzi?
I 1. Che?
I 2. Le ho sequestrato il cellulare. A lei e a tre quarti di classe. C’avevano tutti il filmato. Ma che schifo.
I 1. Almeno avessero ripreso prima che cadesse.
I 2. Ma stai scherzando spero!
I 1. Avremmo già risolto tutto e starei a casa, a quest’ora. A mangiare un piatto di pasta decente.
I 2. Sì ma non era quello che intendevo.
I 1. Lo so che intendevi. Comunque, ti ci abitui. Due giorni fa, te lo ricordi il poveraccio che s’è buttato nella metro? Sai che stavano tutti sulla banchina a filmarlo?
Luisa Beroli, anni 69, casalinga, primo palchetto del terzo ordine, destra.
«Ah, io c’ho quasi settant’anni per gamba, ma c’ho la vista di un falco. Tant’è che ci vedo pure meglio di mio figlio che è mezzo miope, mezzo astigmatico. Ho visto tutto! È stata una donna, sicurissima. Il parrucchino? Quale parrucchino? Ma no, ma no. Si ricordi, io avevo una visuale privilegiata, perché ero in alto e avevo la prima loggetta… o palchetto, o come cavolo si chiama. Ero lì, e ho visto tutto! Lei è entrata, splendida come sempre, l’ha mai sentita cantare? Ho letto sul Corriere che era la preferita della regina Elisabetta, lo sapeva? Poi c’aveva dei capelli bellissimi. Erano tutti a piccoli boccoli, ma non finti eh, come quelle zoccole della tivu. Lei aveva la grazia, ma una grazia… che non le dico! E i suoi capelli erano tutti naturali. Magari se li tingeva, però mica se li impiastricciava con tutti quegli affari che usano adesso. Comunque, era bella, proprio bella bella. Io se penso a una donna bella mi vedo lei. E cantava, cantava come un usignolo in primavera. L’ha colpita alla schiena, una donna, era sul fondale, però sulla sinistra, la mia sinistra. Nello specifico, eh, se sei sul palco e guardi il pubblico era a destra, ma dal mio punto di vista era a sinistra. E comunque lei doveva fare delle specie di giravolte lì, sul palco. Ed è andata vicina a questa signora. Mamma mia quant’era brutta! Sembrava di vedere un cigno davanti a uno scarto di palude. Una faccia piena di rughe e il vestito era celeste, scollo a trapezio. Era bionda, solo gli occhi non saprei dire come fossero, perché va bene che ci vedo, ma non così tanto, neh! Comunque si è avvicinata, e quella ha fatto un passo in avanti e PAM! Le ha messo una mano sul fianco. E poi lei ha spalancato la bocca, però non usciva niente, nessun suono. L’ha accoltellata, no, non ho proprio visto la lama, ma tu vedi questa che si avvicina a quella, quella che fa un passo avanti e le spinge la mano sul fianco, che cavolo credi abbia fatto, eh? È ovvio che l’ha colpita. Sì, una volta. Ha zompettato un paio di passi qui e un paio di là, poi è stramazzata. Poverina. Una cosa terribile. Comunque era una donna, e se serve te lo faccio il confronto!»
I 1. Mi spieghi perché ti fidi tanto della vecchia?
I 2. Fino a ora è l’unica che dice di aver visto tutta la scena.
I 1. Ha un piede nella fossa, probabilmente ti direbbe di avere visto Gesù cristo discendere dal soffitto con la stessa convinzione di ora.
I 2. Ma non mi sembra proprio una matta.
I 1. Mica deve sembrarti per esserlo. Comunque il direttore dice che era uno col parrucchino blu.
I 2. Ma il direttore era impegnato a dirigere, quella invece era…
I 1. Ha visto il coltello?
I 2. No, ha visto il colpo. Una donna le ha affondato la mano nel fianco, ha detto.
I 1. Magari invece era una mossa di scena. Se non ha visto la lama è poco credibile.
I 2. Che scrivo sul verbale?
I 1. Non attendibile.
Carlo Trisfidi, anni 28, compositore, pianista, cantante baritonale, direttore d’orchestra per Musica Laudantes, docente presso scuole primarie di secondo grado, esperto di Mozart, Bach, Handell, Mahler […], loggione, curva sinistra.
«Guardi, io la conosco a menadito la Lucie De Lammermoor, anche se, devo dirle in tutta sincerità, Donizetti non mi appassiona troppo. Nello specifico, ha sempre queste tonalità stordenti, melodrammatiche, questi passaggi armonici che danno il fastidiosissimo effetto tetragonale di un colloquio tra uccellini di bosco, che proprio non mi titilla. Insomma, la musica è una cosa seria, serissima, mi capisce? Però, devo dire, i biglietti me li ha regalati la mia compagna, che di musica non capisce troppo, ma sa, per farle un piacere… Cosa non si fa per le nostre donne! Lei fa matematica, anche se ritengo che la scienza e la musica sovente vadano a braccetto… Sì, sì, giusto, mi scusi. Dicevo, nonostante Donizetti non esalti in modo particolare le mie corde, io lo conosco a memoria, pensi che quando andavo al conservatorio ho dovuto studiare l’opera completa per un mio professore che… Sì, sì, certo, ha perfettamente ragione. Ecco, diciamo che io saprei compitarle tutto lo spartito, dall’inizio alla fine, nota per nota… E quindi mi sono accorto subito che c’era qualcosa che non andava quando la signorina Nightingale non ha più emesso alcun suono dopo il bemolle dell’ultima strofa. Avrebbe dovuto fare un fa addizionale, diesis per la precisione… Doveva essere come un trillo potente, esasperato, parossistico. E invece nulla. Era vicino ai violoncelli, me lo ricordo perché il primo aveva una capigliatura leonina che mi ha ricordato molto il vecchio buon Beethoven. Ha steso le braccia verso il proscenio, con la bocca spalancata, come se chiedesse aiuto. Una scena straziante. Poi, è caduta lì, sul bordo liminale del palco. Si sono alzati tutti, e dopo pochi secondi hanno spento le luci, non capisco proprio il motivo. Chiunque sia stato, a luci spente avrebbe avuto l’occasione perfetta di defilarsi, non trova? No, non ho visto nessuno di sospetto. Certo, era molto difficile notare qualcosa… La Nightingale doveva fare la spola tra diversi cantanti del coro, e alcuni avevano proprio lo specifico compito di spingerla da una parte all’altra, come se fosse una palla da ping pong. Quindi era tutto un miscuglio di mani di qua e di là. E, sono sincero, chi è che guarda il coro, quando la prima cantante è sulla scena? Dunque, sicuramente l’hanno spinta un ragazzo col parrucchino di una strana sfumatura di viola, una donna bassa e in carne, un ragazzino in finanziera, un tale che credo fosse un tenore… aveva il panciotto con i fregi dorati, ed era tutto slacciato, mi sembra…»
I 2. La vedo nera.
I 1. Guarda che nove volte su dieci è così. I testimoni sono sempre convinti di aver visto tutto o di non aver visto nulla. Certo, sempre che non mentano.
I 2. Secondo te stanno mentendo?
I 1. Be’, qualcuno deve mentire per forza. Scarlett Nightingale è morta una volta sola, ed è caduta al centro del palco. Loro l’hanno fatta morire in tutti i posti tranne che dove l’abbiamo trovata.
I 2. Ma perché dovrebbero mentire?
I 1. Che ne so, mica faccio lo psicologo.
I 2. Ma davvero è sempre così?
I 1. Come credevi che fosse? Che tutti dicessero sempre la stessa versione, coincidente come i frammenti di un puzzle? Già è tanto se una volta su cento riusciamo ad avere almeno una vaga idea di quello che è successo.
Giulia Tracchi, anni 34, mezzosoprano professionista, palco, fondale.
«Certo che l’ho afferrata per il fianco! Eravamo in otto a doverlo fare. Io, Gualtiero, Sonja, Jacques, Quan, Amalia, Hannah e il piccoletto… Marco mi pare che si chiami. Dovevamo spingerla avanti e indietro, per tutto il palco. Quando Lucia impazzisce, deve girare come una trottola disperata… L’amato che la ripudia, l’omicidio appena compiuto. Il coro deve formare una specie di gabbia e lei è l’uccelletto preso in trappola, che non riesce a uscire. L’ho afferrata e l’ho spinta, per quello ho le mani sporche. In effetti mi sembrava strano, che la vernice non si fosse ancora asciugata… Ma se vuole proprio saperlo, la cosa più strana è che lei aveva una macchia anche dietro, l’ho notata appena è entrata sul palco. La macchia di sangue avrebbe dovuto essere soltanto davanti, perché nell’Opera Lucia colpisce Arturo mentre è disteso sul letto, e quindi si macchia tutto il vestito… Ma dietro, non avrebbe dovuto esserci il sangue!»
I 2. No, senti, tutto questo è surreale. Ho bisogno d’aria.
I 1. La prendi troppo sul personale. Stasera dobbiamo solo raccogliere le deposizioni.
I 2. Siamo qui da quasi tre ore. Almeno dovremmo avere uno straccio di schema dei fatti. Almeno due versioni simili, non chiedo tanto.
I 1. Vedrai che poi riguardando i nastri qualcosa salta fuori.
Registrazione n. 14
Jacques LeRouge (parrucchino blu), anni 39, basso professionista, palco, zona siparietto.
«Mais regarde, io non avvei avuto pvopvio alcun motivo di favle del male, anzi. Sono l’ultimo entvato nella compagnia, non li conosco bene. Pevò, qualche pettegolezzo l’ho sentito, sono quelli che covvono più veloce. Ha pvesente il Covbacci? Oui, faceva Avthur, lo sposo odiato di Lucie. Ecco, so che hanno avuto una velazione, ma mica è finita tvoppo bene. Poi, regarde, lei eva pure un po’… fou, pazza. Bvava oui, ah, voce ansgelica, le mancava solo un paio di ali. Mais era ossessiva, pavanoica. Per un sacco di tempo ha votto… comment se disce qui?, ha votto i coglioni a Covbacci pevché eva convinta che avesse un inciucio con la Tvacchi. Poi lui a un cevto punto non ne ha potuto più e l’ha mandata a quel paese. Avvei scommesso che l’avvebbe ammazzato davvevo, duvante le premier. Ma negli ultimi giorni eva come sempve, que ne sais-je? Già tanto se le davo il bonjour e il bonsoir. No, nulla di sospetto. Mais magavi la Tvacchi ce l’aveva con lei, non ne ho pvopvio idea. Io, comunque, non sono stato. E le divò di più. Se non fosse che l’han colpita di dietvo, avrei pensato l’avesse fatto da sola. Sa, nei nostvi ambienti la si conosceva anche parce que è una melodvammatica da pelle d’oca. Magavi è andata fuovi del tutto e voleva chiudeve con qualcosa di eclatante. In effetti, lo è stato pvopvio, oui.»
Registrazione n. 29
Matteo Corbacci (Arturo), anni 45, tenore professionista, camerino.
«Be’, chiamarla relazione ora mi sembra un po’ esagerato. Siamo usciti insieme qualche volta, ma niente di serio. Io ero nel camerino quando è successo, tant’è che si sono spente le luci anche lì, non so cosa sia preso al tecnico. Mi stavo levando il cerone, e sono rimasto con la spugnetta in mano che non sapevo più come pulirmi. Non vedevo nulla! Certo che mi dispiace, a tutti dispiace! Era una bellissima persona, professionale, corretta… Scenate? No, mai. Non ne avrebbe avuto il motivo, la nostra frequentazione non era così seria. Sicuramente abbiamo avuto delle discussioni, ma chi non le ha? Senta, abbiamo passato più di cinque mesi a lavorare dodici ore al giorno, a ripassare le parti, fare vocalizzi, a imparare tutti gli spartiti a menadito. Capitano incomprensioni. No, l’ho già detto, non mi importa se mi hanno visto dietro le quinte! Io ero già fuori dal quadro precedente, che motivo avevo di rimanere lì? Avranno visto male, ma sa quanta gente c’era? E poi le luci erano basse, dietro il fondale. Figurarsi se hanno visto bene, no, non ci credo proprio.»
Confronto tra Matteo Corbacci e Giulia Tracchi.
G. È vero quello che mi hanno detto?
M. Cosa?
G. Dicono che neghi tutto.
M. Nego cosa?
G. Non fare il finto tonto con me, sai. Non ci provare proprio.
M. Io non sto facendo niente.
I 1. Ragazzi, calmiamoci tutti.
G. Calma un cazzo. Tutto quello che c’è stato… che c’è tra noi tu lo neghi per pararti il culo? Sei stato tu! Oddio, sei stato tu! Non ci posso credere.
M. Io ero in camerino, l’ho già detto mille volte, quante volte devo ripeterlo? E tu sei matta. Un bacio c’è stato, e tu ci hai montato sopra i castelli.
G. Io ci ho montato sopra i castelli? E quello che mi hai detto allora?
M. Che ti ho detto? Fammi vedere. Hai qualche messaggio che possa provarlo? Non mi sembra.
I 1. Signora Tracchi, perché dice che è stato lui?
G. Sta negando tutto, ecco perché. Cacasotto infame. Tu mi hai preso per il culo, per tutto questo tempo mi hai preso per il culo! Mi fai schifo.
M. Io non ho mai mentito. Quando Scarlett è morta ero in quel benedetto camerino a togliermi il cerone, perché mi prudeva la faccia. Tu sai che mi fa prudere la faccia, quella roba.
I 1. Non è una cosa intima da sapere secondo lei?
M. Affatto. Lo sanno tutti nella troupe e…
G. Stronzo, pezzo di merda, infame, cacasotto di minchia, assassino, bugiardo, troia, bastardo…
M. Io non ho intenzione di stare qui con questa persona, mi sta molestando. Non si può parlare così!
I 1. Signora, la prego di calmarsi.
G. Io l’ho visto! Era lì, dietro le quinte. Bisbigliavano sottovoce, e quanto mi facevano imbestialire! Mi aveva detto che l’aveva lasciata. Poi però abbiamo iniziato a cantare, eravamo sul palco e li ho persi di vista. E poi Scarlett è salita, cantava e sbandava, e mi ha sporcato tutto, tutte le mani! Sì, mi stava tremendamente sul culo, ma non l’avrei mai uccisa!
M. Tutto questo è palesemente una vendetta, io davvero non ho intenzione di rimanere qui a sentire tutte queste assurdità, non sta in cielo né in terra…
I 1. Signora, c’è un unico problema. Il coltello che abbiamo riconosciuto essere l’arma del delitto aveva sia le sue impronte, sia quelle del signor Corbacci…
[…]
I 2. E così, l’hanno condannato.
I 1. Sì, in Cassazione. Caso chiuso.
I 2. Io però non sono sicuro. Secondo me è stata la Tracchi. Sul coltello c’erano anche le sue impronte. Era l’unica ad avere le mani sporche di sangue. È stata vista mentre afferrava la Nightingale per un fianco.
I 1. Non sapremo mai com’è andata veramente. È così che va.
I 2. C’erano duemila persone là dentro, tra loggioni e platea. E nessuno ha dato una versione dei fatti soddisfacente. È assurdo. Deprimente.
I 1. So che è banale, amico. Ma la realtà non è come una serie tv. Ci farai il callo.
I 2. Perché indaghiamo, se tanto la verità è quasi impossibile scoprirla?
I 1. Perché altrimenti il patto sociale non regge, o qualcosa del genere. Quindi, se non possiamo scoprirla, cerchiamo di fabbricarne una copia, il più simile possibile all’originale. Imperfetta, fragile, ma è pur sempre qualcosa. Certo, sempre che la verità vera sia esistita davvero.
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