Anno 2092. Nemo Nobody (Jared Leto) ha 117 anni ed è l’ultimo uomo destinato a morire di vecchiaia in una società che ha scoperto il segreto dell’immortalità. Confinato nella stanza asettica di un ospedale, rievoca la storia della sua vita alternandosi tra le sedute d’analisi con lo psicologo e le interviste di un giornalista. Il racconto tocca tre momenti principali della sua esistenza: a 9 anni, la separazione dei genitori; a 14, il primo amore; a 34, nel pieno dell’età adulta. La storia, però, è contraddittoria e incongruente, le vicende narrate sono spesso discordi, persino assurde. I ricordi si fanno confusi, o forse chiarissimi.
Chi è davvero Nemo Nobody? Un uomo di successo intrappolato in un matrimonio senza amore e annoiato dalla vita. Un ragazzo in coma dopo un incidente in moto. Un colone spaziale in rotta verso Marte. Un artista vedovo ossessionato dallo scorrere del tempo. Un adolescente follemente innamorato. Forse è tutto questo e molto di più; o forse niente di ciò, forse non esiste neanche, perfetto Signor Nessuno il cui destino è scritto in duplice idioma nel suo stesso nome. Forse è solo un bambino messo di fronte a una scelta impossibile, paralizzato dall’abisso di possibilità che gli si apre innanzi:
“In chess, it’s called Zugzwang. When the only viable move… is not to move”.
Mr. Nobody è un film sulla scelta e il libero arbitrio, su come ogni decisione possa plasmare l’esistenza e modificare il futuro. A nove anni, Nemo si trova di fronte al primo decisivo bivio: rimanere col padre o trasferirsi lontano con la madre? Due opzioni, che però si ramificano in innumerevoli direzioni. Il bambino ha la possibilità di imboccare una strada piuttosto che un’altra, di foggiare la vita a suo piacimento. È un potere enorme, e per questo terrificante. Come si può decidere tra tante alternative senza conoscere ogni possibile esito? Come scartare infinite possibilità a favore di una sola realtà? Nemo rimane immobilizzato davanti a questa prospettiva; paradossalmente, la possibilità stessa della scelta è ciò che lo priva della facoltà di scegliere.
“You have to make the right choice. As long as you don’t choose, everything remains possible”.
Nemo è nato con un dono speciale: è in grado di ricordare la vita prima della sua nascita e prevedere il futuro. Neanche questo, però, lo aiuta nel compiere una scelta. Persino una volta immaginata ogni possibile vita, scegliere rimane impossibile:
“Before, he was unable to make a choice because he didn’t know what would happen. Now that he knows what will happen, he is unable to make a choice”.
Uno stallo esistenziale dal quale non sa trovare via d’uscita e che rappresenta la condizione universale dell’uomo, perennemente tormentato dal tarlo del dubbio e dall’opportunità della scelta.
Mr. Nobody è anche un film su come l’uomo sia in realtà condizionato dall’ambiente esterno e in balia di circostanze che sfuggono al suo controllo. Nemo è davvero artefice, con le proprie scelte, del suo destino, o è solo un’illusione comune a lui quanto al resto dell’umanità? La risposta sembra fornirla il protagonista stesso quando, narratore di video educativi in una delle tante linee temporali, ci parla della “superstizione del piccione”, concetto storicamente formulato dallo psicologo americano B. F. Skinner. L’esperimento consiste nel rinchiudere un piccione in una gabbia dotata di una levetta: ogni qual volta l’uccello vi applica pressione, del cibo viene introdotto nella gabbia; stimolato dalla ricompensa, il piccione sarà condizionato a interagire ripetutamente con la leva. In una seconda fase del test si rimuove la leva e il cibo viene fornito a intervalli regolari indipendentemente dall’operato dell’animale; a quel punto il piccione sarà portato a replicare qualsiasi comportamento in cui era casualmente impegnato prima che arrivasse il cibo, convinto che la ricompensa rappresenti l’esito di una sua azione specifica.
La metafora è evidente: come il piccione di Skinner, anche l’uomo è un animale in gabbia, falsamente persuaso di essere in controllo del proprio destino, di poter influenzare il futuro con le sue scelte, senza realizzare che tutto dipende da fattori a lui estranei e già stabiliti. Concezione, questa, che rimanda inequivocabilmente alla corrente filosofica del determinismo, per cui in natura niente è affidato al caso e tutto accade invece secondo ragione e necessità. Il pensiero determinista, dal carattere accentuatamente meccanicistico, esclude la possibilità del libero arbitrio e prevede che – date specifiche condizioni iniziali – ogni futuro avvenimento è determinato dalle leggi fisiche dell’Universo.
Ecco allora un Nemo adulto finalmente ricongiunto ad Anna, il suo grande amore, perderla per sempre a causa di una goccia di pioggia, che rende illeggibile il numero di telefono da lei scritto su un foglietto; goccia che è l’ultimo risultante di una lunga catena di processi iniziata mesi prima all’altro capo del mondo. Oppure, un incidente mortale causato da una serie di minime circostanze combinate tra loro: un lieve ritardo a lavoro, un ciclista distratto, dei passerotti sulla strada. In Mr. Nobody sono molte le scene come queste, in cui viene mostrata la mancanza di controllo di Nemo sulla propria vita e il dominio della necessità causale sulla realtà.
Tra determinismo e libero arbitrio, dove si situa dunque la verità? Mr. Nobody solleva quesiti fondamentali sull’esistenza umana, ma non fornisce una risposta definitiva. Non in quella direzione, almeno; perché a ben guardare una risposta c’è. La paura più grande di Nemo, lo dice lui stesso, è non aver vissuto abbastanza. In ultima analisi, l’importante non è quale scelta fare, ma semplicemente scegliere e vivere a pieno ogni momento, qualsiasi sia la vita che ci aspetta:
“Each of these lives is the right one! Every path is the right path. Everything could have been anything else and it would have just as much meaning.”
In un mondo perfetto ma senza passioni, in cui l’uomo ha raggiunto l’immortalità e ogni decisione risulta priva di importanza, Nemo Nobody ribadisce l’assoluto bisogno di immergersi con tutto se stesso nel flusso della vita, di assaporare ogni emozione e non aver paura di scegliere e di amare. Al giornalista che gli chiede com’era vivere ai suoi tempi, risponde semplicemente:
“We fell in love. We fell in love”.