Coming-of-age è un’espressione inglese densa e pregnante che manca di un preciso corrispondente italiano; una traduzione approssimativa potrebbe essere “diventare grandi”. Nella teoria dei generi è un concetto che fa riferimento alla rappresentazione di quel delicato passaggio tra la spensieratezza della giovinezza e le responsabilità dell’età adulta; una sorta di Bildungsroman, di romanzo di formazione, per dirla in termini letterari, che tuttavia si applica anche a media diversi – primo tra tutti quello cinematografico – dove rappresenta un filone da sempre ben nutrito.
I film coming-of-age narrano la crescita personale del protagonista seguendone lo sviluppo fisico ed emotivo attraverso le vicende spesso tempestose dell’adolescenza, col suo bagaglio di sfide, problemi e ostacoli. Di recente, a partire all’incirca dal 2000, al centro di queste storie troviamo i cosiddetti Millennials, etichetta usata per designare i nati dai primi anni ’80 in poi appartenenti alla Generazione Y. Vediamo insieme alcuni esempi tra i più riusciti per tracciare un profilo dettagliato delle caratteristiche del genere.
Me and Earl and the Dying Girl, film indie in pieno spirito Sundance (dove ha vinto importanti premi) parla di Greg (Thomas Mann), giovane introverso e un po’ immaturo, in cui l’esibito cinismo si rivela essere più che altro un meccanismo di difesa dall’ostilità del mondo esterno. Greg trascorre il tempo realizzando film parodie di classici del cinema insieme all’amico Earl, da lui definito solo “collega” nel tentativo di sfuggire a ogni responsabilità emotiva. L’incontro con Rachel, affetta da leucemia, lo segnerà in maniera profonda, rompendone l’armatura di indifferenza. Greg inizia a girare un film dedicato alla ragazza con l’obiettivo di finirlo prima che sia troppo tardi; nel frattempo però la malattia di lei avanza e i rapporti coi due amici si deteriorano a causa dell’egoismo di Greg e della sua incapacità nell’accettare gli aspetti tragici e ineluttabili della vita.
La realizzazione del film ristagna: il giovane è restio a terminarlo, forse per paura di non essere all’altezza, forse ingannandosi di poter così rimandare l’inevitabile. Ma la vita non aspetta e non si può fuggire per sempre dalle proprie responsabilità. Una lezione dolorosa ma necessaria, che Greg imparerà proprio grazie a Rachel.
Lady Bird, diretto da Greta Gerwig e candidato a cinque premi Oscar, è la storia di Christine McPherson (Saoirse Ronan), adolescente all’ultimo anno di liceo alle prese con tutti i problemi tipici della sua età. Siamo nell’America post 11 Settembre, nella città di Sacramento, California, percepita come una prigione provinciale dalla protagonista che sogna di andare a un College della East Coast, troppo costoso per la sua famiglia. Ai problemi economici, causa dei difficili rapporti con la madre, si sommano le complicate vicende di amicizie e primi amori, tra entusiasmi, delusioni e tradimenti. Più di tutto, però, Christine è alla ricerca della sua identità, e proprio da un impulso di autodeterminazione e di ribellione alle figure genitoriali e alle convenzioni della società nasce la scelta di rifiutare il suo nome di battesimo, optando invece per Lady Bird: più di un semplice soprannome, è un atto di indipendenza e libertà. Solo una volta lontana da casa, persa e confusa in una New York sconosciuta, riscoprirà l’importanza delle proprie radici, si riappacificherà con la madre e tornerà a farsi chiamare Christine. Segno di una avvenuta maturazione, del definitivo passaggio da ragazza ad adulta.
Brigsby Bear è un film atipico nel filone coming-of-age: invece di un adolescente, il protagonista è il trentenne James Pope (Kyle Mooney), rapito ancora piccolo da una coppia di squilibrati che l’ha cresciuto come proprio figlio, amorevolmente ma recluso in una casa sottoterra. Non avendo avuto modo di rapportarsi coi suoi coetanei e di misurarsi con le esperienze tipiche di adolescenza e giovinezza, James ha per molti aspetti ancora una mentalità infantile; l’unico contatto con l’esterno è stato rappresentato per anni dal suo show tv preferito, Brigsby Bear, che narra le avventure spaziali di un orso intelligente. Ma quando la polizia lo libera dai rapitori, James scopre che nessuno conosce la serie e ogni sua certezza crolla: lo show, per il quale nutre una passione addirittura ossessiva, era infatti realizzato solo per lui dal suo padre fantoccio. L’impatto col mondo esterno e la famiglia naturale è duro e costellato di difficoltà. Col tempo però James riesce a integrarsi nel gruppo di amici di sua sorella minore: uomo adulto ma per molti versi ancora ragazzino, trova una via di mezzo in una comitiva di teenagers. Saranno proprio loro ad aiutarlo nell’impresa di girare un film sull’orso Brigsby che ne concluda le avventure: la fine dello show rappresenta per James anche la fine di quell’infanzia innaturalmente prolungata e la possibilità di poter finalmente iniziare un nuovo capitolo della sua vita.
La lista di film coming-of-age è ancora molto lunga, ma già questi pochi esempi mostrano con chiarezza il campionario dei temi tipici del genere. Elementi ricorrenti sono infatti i rapporti con la famiglia, la scuola e gli amici, ma anche la malattia, l’isolamento e la depressione. Film a volte drammatici, altre spensierati, più spesso entrambe le cose insieme: un’altalena di emozioni oscillanti tra estremi opposti, che è del resto il modo più adatto per raccontare l’irrequietezza di quegli anni confusi prima dell’età adulta.