Se c’è un artista italiano a cui si può ascrivere l’aggettivo “poliedrico” quello è sicuramente Igort.
Nel corso della sua carriera Igort, al secolo Igor Tuveri, ha vissuto l’arte a trecentosessanta gradi iniziando come musicista per poi cimentarsi con grande successo anche nella prosa, nel cinema (in qualità di sceneggiatore) e soprattutto nel fumetto. Da fumettista, l’illustratore sardo, che ha vissuto e viaggiato per il mondo intero, ha vinto numerosi premi: ventidue awards in meno di sedici anni (dal 2002 fino a oggi). In questa numerosa lista di opere pluridecorate si può anche contare la sua ultima fatica: Quaderni Giapponesi – il vagabondo del manga. Quaderni giapponesi è tra l’altro fra i candidati più quotati al prestigioso premio Gran Guinigi, già vinto da Igort nel 2016, che come ogni anno si tiene al Lucca Comics and Games.
Uscito a fine 2017, Quaderni Giapponesi – il vagabondo del manga è soltanto l’ultimo componente della tetralogia di Igort. Ma cosa sono di preciso questi Quaderni? Graphic Novel? Romanzi illustrati? Letteratura odeporica? Tutto questo e altro ancora! La serie si propone in maniera assai originale: come Igort stesso li definisce sono «libri a metà tra il diario e il reportage autobiografico», in cui l’autore col suo particolarissimo tratto stilistico illustra la relazione tra la storia, anche quella meno conosciuta a noi italiani, e l’anima dei Paesi visitati o in cui ha vissuto: Ucraina, Russia e Giappone, a cui sono dedicati gli ultimi due volumi.
Sfogliando le pagine dei Quaderni non si ha la netta impressione di leggere un manga, etichetta che starebbe molto stretta all’opera, eppure gli elementi di tale genere sono spesso quelli dominanti nelle tavole del maestro.
L’utilizzo del “balloon” all’interno dei disegni rimane, ed è indispensabile, ma altrettanto importanti sono i veri e propri appunti utilizzati in cui Igort spiega le tradizioni giapponesi nelle quali si imbatte durante il suo “errare senza meta”; questi appunti altro non sono che delle note (solitamente due o tre pagine in una prosa informale ma allo stesso tempo poetica) riportate prima delle tavole illustrate. Lo scopo è quello di introdurre una determinata tematica spiegando alcuni termini e concetti giapponesi che un lettore italiano/occidentale potrebbe con facilità ignorare. Le peculiarità nipponiche descritte (e poi illustrate) sono sia astratte e sia concrete, dagli haiku al poeta Basho, dalle antiche vie shintoniste Nakaheci e Ohechi alle “onsen”, i bagni termali all’aperto nipponici. La via sembra quella dettata dai grandi maestri sensei; il linguaggio utilizzato è di un’eleganza davvero notevole e si conferma come la naturale conseguenza delle virtù esemplari del Sol Levante: silenzio, rispetto e pulizia, le stesse parole con cui si possono descrivere le tavole.
La struttura del libro edito in Italia da Oblomov Edizioni è semplice e tripartita; antefatto ed epilogo proteggono “a conchiglia” il cuore centrale, che consiste nella narrazione del viaggio.
A sua volta Igort suddivide la sezione del viaggio seguendo l’esempio di Miyamoto Musashi e del suo Libro dei cinque anelli, destinando a ciascun capitolo non tanto un luogo geografico quanto un aspetto della vita nell’isola giapponese. Particolarmente toccanti sono le pagine dedicate a Hiroshima, dove foto e illustrazioni si fondono con le riflessioni di Igort e soprattutto di Tamaki Hara, poeta sopravvissuto alla tragedia della bomba atomica. Il tutto all’insegna delle tre grandi qualità già citate prima: silenzio, rispetto e pulizia. D’altronde, come l’autore stesso afferma, «Se ami il Giappone [prima o poi] devi fare i conti con Hiroshima e Nagasaki».
A nostro avviso, ma probabilmente anche dell’editore visto che la riporta in quarta di copertina, la frase che più può rappresentare l’anima di questi “appunti” è:
«[…] E forse, comincia a capire. Perdersi in luoghi sconosciuti permetteva di penetrare in stanze segrete, di un sé più profondo.»
Leggere, guardare e contemplare i Quaderni Giapponesi per credere!