LATO A
Scocca mezzanotte e siete tutti insonni come sempre. Ma questa notte è diversa, siete capitati nel posto giusto al momento giusto. State passeggiando per le strade di Parigi, illuminate da una fievole luce, quando una Due Cavalli si ferma proprio davanti a voi. Le porte si spalancano in quel modo inusuale, controvento, e un gruppo personaggi familiari ma sconosciuti vi esortano a montare su. Non avete niente da perdere, questa notte.
Play, inizia il viaggio.
Quell’auto retrò che si chiama nostalgia vi conduce in tempi passati, luoghi lontani o semplicemente differenti dal quotidiano. Basta una nota, una frase. Basta una vecchia foto oppure l’orologio fermo di tuo padre per sentire fisicamente quella vivida voglia di ripercorrere le strade della memoria. Sentieri battuti e sicuri. Perché la nostalgia è voglia di sicurezza, i ricordi sono cristallizzati e immutabili nel nostro immaginario.
Siamo come un bimbo che guarda e riguarda la stessa videocassetta del suo cartone animato preferito. Sa esattamente in che punto scoppierà a ridere e in quale invece proverà tristezza. Grazie alla memoria può decidere di fermare l’automobile, oppure può andare avanti veloce, skippare l’emozione.
Ma per quale motivo sentiamo la necessità di rivivere un particolare momento, anche se conosciamo a memoria come andrà a finire? Forse è per via dell’ansia che ci assale quando percepiamo lo scorrere inesorabile del tempo, sentiamo il bisogno di fermarlo e per un attimo sentirci infinito. Sentirci in ogni luogo e in ogni tempo, allontanando la paura di essersi persi il meglio. Oggi tutto è sotto il nostro controllo. Possiamo decidere di guardare le nostre serie TV preferite tutte d’un fiato, oppure un episodio alla volta. Ripercorrere i momenti salienti oppure riguardare più attentamente quelli che ci siamo persi rispondendo a una notifica. Il bisogno di controllo è alimentato dalle possibilità tecnologiche, questo ci coccola e accomoda la tendenza a impigrirsi, anche emozionalmente. Siamo tutti preservati da una bolla di sicurezza, dettata dal pensiero sociale che, volenti o nolenti, ci plasma.
La nostalgia può scaturire da uno stato di infelicità o di insoddisfazione, che ci porta a desiderare di rivivere, anche solo per un attimo, ricordi reali o ricordi riflessi, che hanno connotazioni positive. Ci riportano ad uno stato di gioia momentaneo, è la droga dei romantici.
L’essenza della nostalgia è quindi il ricordo, ma non sempre è così. È interessante prendere in considerazione un tipo di nostalgia paradossale, ovvero quella di tempi lontani, mai vissuti per davvero. Questi “ricordi riflessi” sono figli di una cultura pop che affonda le basi nel vintage. Affascinanti oggetti in disuso riprendono vita e danno la possibilità alle generazioni più giovani vivere oltre il digitale, per affondare radici nel suolo comune dei nostri antenati. Diventa di primaria importanza la ricerca delle origini e di conseguenza l’affermazione dell’identità.
LATO B
Il filosofo e saggista Zygmut Bauman in Retrotopia (ultimo lavoro prima della sua morte), analizza in modo critico la tendenza all’atteggiamento nostalgico. In questo saggio Bauman cita Svetlana Boym che definisce la nostalgia come sentimento di perdita e spaesamento, ma anche una storia d’amore con la propria fantasia. Nel Seicento la nostalgia era considerata come una malattia dalla quale si poteva guarire, per curarla medici svizzeri raccomandavano oppio, salassi e gite in montagna. Se consideriamo questa accezione, ci rendiamo conto di come la nostalgia sia un’epidemia che sta dilagando nella società occidentale del XXI secolo. Movimenti come la decrescita felice, il vintage, il massiccio uso di mode e stili del passato dagli anni Venti ai Novanta, che si mescolano tra loro in tutte le forme d’arte. Ma purtroppo anche nel risveglio del pensiero nazionalista, concretizzato con la presa di potere di governi di destra o di estrema destra, che utilizzano massicciamente l’effetto nostalgia.
Il tempo può giocare brutti scherzi, spesso deforma i ricordi e tendiamo ad abbandonare il pensiero critico per i legami emotivi. Tra gli esempi più evidenti “Make America Great Again”, lo slogan con cui Trump ha vinto le elezioni del 2016, o Mussolini come Babalù nella canzone del cantautore romano Mannarino: “Lo volevano ammazzar tutti gli abitanti della città, però adesso che non c’è più non fanno che parlare bene di Babalù”.
Secondo Bauman la causa del cambiamento di rotta del pensiero collettivo è individuabile in un’epoca in cui il futuro si presenta sempre più precario e minaccioso, a causa dei ritmi di una vita moderna estremamente accelerata. Lo stesso meccanismo che regola l’effetto nostalgia: il presente è insoddisfacente, il futuro spaventa, quindi ci rifugiamo nelle Retrotopie.
Riavvolgimento del nastro
Film come Midnight in Paris hanno insegnato che uno sguardo rivolto al passato ci impedisce di vivere il presente. Nel finale ci rendiamo conto di come il difetto dell’immaginario romantico di chi trova difficile cavarsela nel presente, fa sì che la nostalgia divenga negazione, generando falsi miti di epoche d’oro passate e mai vissute.
Di certo non è semplice vivere consapevolmente il presente e Marina Abramović in The Artist is Present lo dimostra. Nella sua ultima performance, presentata nel 2010 al MoMA di New York, l’artista montenegrina utilizza la tecnica dell’eye contact per vivere in modo profondo la presenza, creando una connessione con i visitatori del museo. L’esperimento è una vera e propria prova di forza: ogni giorno per tre mesi, seduta quasi immobile per sette ore, l’artista rimane a disposizione dei passanti guardando gli occhi di chi, di fronte a lei, volesse mettersi in gioco. Circa settecentocinquanta persone hanno preso posto di fonte a lei, lasciandola impassibile. Il tuffo nel presente si interrompe all’arrivo inaspettato di Ulay, pseudonimo del tedesco Frank Uwe Laysiepen, compagno di vita e di arte della Abramović per dodici anni, con il quale ha condiviso molte delle performance più famose, a partire da Imponderabilia, performance studiata per la Settimana internazionale della performace per la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna nel 1977, dove la coppia di artisti ha deciso di porsi, completamente nudi, uno di fronte all’altro allo stretto ingresso della galleria, il pubblico è stato così costretto ad oltrepassare i corpi dei due performer, scegliendo da che lato rivolgersi, per arrivare alla performance finale del 1988, La grande muraglia cinese, dove i due artisti camminano l’uno verso l’altra partendo dai due estremi della muraglia, per poi incontrarsi in un abbraccio e separarsi definitivamente. Basta un secondo e lo sguardo di Marina è ormai volto al passato: si può distinguere il momento esatto in cui avviene la rottura, lei sorride incredula, allunga le mani fino a toccare quelle dell’ex e si lascia andare in un pianto toccante che provoca gli applausi del pubblico emozionato. La forza del ricordo rompe le rigide regole della performance che le impedivano di muoversi e toccare i partecipanti, questo dimostra come anche chi è allenato a spingersi oltre i limiti fisici e psicologici dell’umano è inerme di fronte alla potenza della nostalgia.
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La cura dei medici svizzeri alla nostalgia raccomandava gite in montagna e non al mare, per quale motivo? La montagna è un luogo ben definito, lo spazio è delineato dai confini delle montagne stesse. Al mare invece lo sguardo si perde nell’infinito. Non siamo quindi più capaci di gestire l’infinito oppure abbiamo semplicemente paura ad immergerci nell’oceano del presente? Per rendere tutto più semplice possiamo ricollocare la nostalgia nella sua reale dimensione, ovvero che essa esiste soltanto nel presente.